Darey in Love
"Like a Movie" a Lagos, Nigeria
Una produzione con diversi aspetti interessanti, sia per la location – Lagos, Nigeria, non certo tra le più comuni – sia per la qualità tecnica e artistica che è riuscita a esprimere.
In Nigeria andiamo a lavorare al concerto della pop star locale Darey.
Benché sconosciuto ai più in Europa, (forse più famoso è il padre Art Alade, scomparso pioniere del jazz africano), l’artista è un fenomeno multi-platinum, famosissimo in tutta l’Africa di lingua inglese (principalmente Nigeria e Sud Africa) e amatissimo dai nigeriani in tutto il mondo.
La sua musica è una miscela raffinata di pop, R&B e soul, molto moderna e che nulla ha da invidiare alle più blasonate produzioni americane.
Deola Art Alade, moglie del cantante, produttrice e manager della casa discografica Soul Muzik, ha pensato ad un evento speciale da realizzarsi per San Valentino di quest’anno e ha contattato Kitonb, compagnia italiana con base a Roma, specializzata nella progettazione creativa ed organizzativa di grandi eventi internazionali sotto la direzione artistica di Angelo Bonello.
L’idea scaturita è stata quella di un grande spettacolo multimediale imperniato sui più grandi successi di Darey, con musicisti e cantanti ospiti, la presenza di un corpo di ballo, di acrobati e performer internazionali, con un grande utilizzo di contributi grafici e video live in videoproiezione.
Kitonb ha quindi contattato Unità C1, affidandogli il compito di gestire tutti gli aspetti visuali dello show, dalla realizzazione delle immagini alla messa in onda durante il concerto. Un lavoro che presenta molte incognite, legate alla location ma anche al fatto che si dovrà attuare in gran parte attraverso contatti intercontinentali, senza possibilità di verificare il tutto, fino a pochi giorni prima del debutto. Ma il tempo è ragionevole, due mesi, per permettere una progettazione accurata.
L’idea scenografica prevede una struttura di Layher alta otto metri e larga 18, ricoperta davanti e dietro da tulle bianco e praticabile per cantanti e ballerini; posta dietro un palco semicircolare. La band è invece ospitata sui vari piani di altre due strutture laterali, alte cinque metri e larghe otto, sempre coperte davanti e dietro da tulle bianco.
La proiezione avviene quindi su questi tre grandi schermi semitrasparenti, con gli unici elementi opachi costituiti dai tubi del Layher che formano una grande griglia tridimensionale. Indoor Mapping!
Dal punto di vista dei contenuti lo spettacolo è strutturato come una sequenza narrativa dove ogni brano musicale di Darey o dei cantanti ospiti ha un ambiente visuale e, tra un brano e l’altro, gli ambienti cambiano in accordo con il testo recitato da una voce fuori campo e con le azioni di performer sulla scena, i bravissimi Farfadais e un gruppo di giovani ballerini selezionati tramite un reality televisivo.
Il processo creativo grafico è come sempre in questi casi frutto di un lavoro collettivo: dalle indicazioni provenienti da Angelo Bonello, regista dello spettacolo e con il preziosissimo contributo di Elisa Rocca, aiuto regista, si è arrivati al risultato finale attraverso un fittissimo scambio di idee e soluzioni all’interno di UC1 tra Lorenzo Lopane, project manager e uomo di relazione, Roberto Santoro, responsabile grafico, e il sottoscritto con gli occhi sulla produzione e le mani sul risultato finale.
In pre produzione, abbiamo dovuto montare molti video su tracce audio non ancora definitive, così per mantenere ampi margini di gestione dei contributi in programmazione, abbiamo impostato lo show in tante sequenze separate, da poter usare singolarmente o in aggiunta una all’altra tramite una console luci.
Ho programmato la timeline principale, sul media server Watchout 5.3, come una sequenza di Control Cue, legando al time code solo comandi di start e stop; i video veri e propri stavano infatti su oltre 60 timeline ausiliarie, alcune delle quali gestite come start e poi come opacità o altri parametri attraverso la console luci disponibile, una grandMa2 Light, collegata in Artnet sullo stesso network del Watchout.
Il setup di proiezione prevede due 35K HD in stack per la struttura centrale e due 20K 1400 x 1050 per gli schermi laterali, gestiti da due display WO5 più due in backup attivo. Tutti con scheda di acquisizione HD‑SDI per il segnale live fornito dalla regia video locale.
La produzione, nella figura del direttore di produzione Philippe Roche, ha tentato alcune strade di noleggio, prima in Sudafrica e poi a Londra, ma non riuscendo ad ottenere quanto necessario ci ha chiesto se conoscessimo qualcuno abbastanza coraggioso da spedire al più presto due 35K, un bel po’ di computer ed un uomo a Lagos. Evidentemente il coraggio non manca a STS Communication di Bresso (MI) che ha accettato l’incarico e che ringrazio per la qualità e quantità del materiale fornito, oltre che per il contributo professionale e umano di Antonino De Vita.
L’audio
Africa. L’aeroporto di Lagos è esattamente come te lo aspetti: basso, caldo, afoso, luci verdi, divise verdi. La nostra scorta è armata di fucile automatico su un pick-up giapponese bianco.
All’Eko Hotel Convention Center, struttura moderna e attrezzata, facciamo la conoscenza del sound designer Steve Curtis.
“Il sistema audio – dice Steve – si è basato sull’inventario di Eko e l’installazione è stata svolta da Stage Audio Works, il distributore d&b audiotechnik in Sudafrica. Le console Avid (Venue Profile al FoH ed SC48 per i monitor) e l’impianto serie J d&b sono ottimali. Ho anche reclutato Micheal Emeka per mixare il monitoraggio.
“Abbiamo scelto – continua Steve – di posizionare la regia monitor al FoH, con uno split passivo. Questo collocamento ci ha permesso di mantenere libere le linee di vista del pubblico e, allo stesso momento, ha fornito a Micheal una visibiltà generale del palco principale e di entrambi i palchi della band. Inoltre, questa configurazione mi ha permesso di usare anche gli ingressi locali del Profile rack: 16 canali aggiuntivi.
“Un array centrale di Q1 è stato aggiunto nella struttura dietro per fornire la coperture per le prime file, perché un palco pulito era una delle richieste principali dell’artista e dei creativi. Sono stati aggiunti anche quattro sub B2 per estendere in basso la risposta del sistema.
“Tutti i performer – aggiunge Steve – e i membri della band utilizzavano IEM. Questa scelta è stata presa per vari motivi, innanzitutto per le dimensioni del palco e della zona in cui si svolgeva lo show (comprese le performance nella parte verticale dietro); ma anche per fornire a Darey un monitoraggio consistente dovunque, anche durante i numeri che si sono svolti al centro della platea, permettendo di mandare un click al batterista e, ovviamente, di limitare le emissioni spurie del monitoraggio. “Quest’ultimo motivo era particolarmente importante, perché la console SC48 mandava 32 stem ad un sistema Pro Tools per registrare lo spettacolo. Un ulteriore monitoraggio a basso livello è stato fornito per i ballerini da sidefill e da wedge disposti nel palco verticale.
“Il tutto è molto semplice per gli ‘standard moderni’ – conclude Steve – e questo lo ha reso molto stabile. Inoltre, usare quello che era disponibile localmente in Nigeria ha aiutato molto con il budget ed ha rimosso tanti grattacapi logistici. Inoltre è anche molto bello dare supporto ai service locali”.
Le luci
La Nigeria è un grande paese produttore di petrolio, ma nella più grande metropoli di tutta l’Africa, stretta in un ingorgo perenne, la fornitura di gasolio per il gruppo elettrogeno va a singhiozzo.
Daniele Davino è il lighting designer romano con pazienza anglosassone:
“Il disegno luci è stato un po’ condizionato dal materiale presente in Nigeria – dice Daniele – e in un’altra situazione avrei fatto qualche scelta diversa, ma in linea di massima sono soddisfatto del materiale trovato e delle scelte fatte.
“Ho cercato di enfatizzare il set scenografico alternando le teste mobili distribuite come cornice intorno ai muri Layher ad altri proiettori (par, barre LED, blinder) posti all’interno delle baie.
“Il tutto è stato completato – continua Daniele – da alcune americane poste di taglio rispetto ai due palchi in cui ho distribuito wash, spot e qualche sagomatore.
“Le teste mobili della Martin sono sempre una garanzia, soprattutto i wash. Anche i Robe erano in ottimo stato mentre le altre teste mobili, di costruzione cinese, hanno alternato ottime prestazioni a una mancanza di precisione un po’ fastidiosa. Lavorare soprattutto di taglio, oltre ad essere stata una scelta obbligata per via delle proiezioni, era preferibile per dare dinamicità alla fotografia e non rischiare di avere troppe rifrazioni sul tulle, rovinando il fantastico lavoro fatto con i video.
“Il tempo a disposizione per la programmazione è stato veramente poco, l’impianto è stato montato nel corso di una settimana e le ultime americane sono state accese solo il giorno della generale, a causa dell’indisponibilità delle sale laterali dell’hotel nei giorni precedenti. Ma di questo ero consapevole, quindi ho deciso di puntare tutto sulla programmazione virtuale.
“Il service nigeriano – aggiunge Daniele – mi ha messo a disposizione una grandMa2 light, quindi ho deciso subito di utilizzare grandMa 3d come software per la programmazione virtuale nelle settimane precedenti. Dopo aver ricreato il set scenografico con una potente workstation ho potuto lavorare da casa con grandMa2 OnPC come se stessi già nella venue”.
La squadra italiana si completa con Sacha Amorotti, direttore di produzione assistito da Rosy Caruso, Leonardo Fumarola, secondo assistente alla regia, e Viorel Rosu, direttore tecnico di Kitonb.
Tutti i timori sulla location e sulla qualità tecnica locale si smentiscono alla prova dei fatti: i tempi si dilatano nella flemma equatoriale, ma disponiamo di grandi scorte di soft drink alla pera e tutto l’ingranaggio finisce per girare alla perfezione.
Vorrei chiudere con una nota di ottimismo per i nostri lettori: la creatività e la capacità tecnica italiana sono vive, riconosciute per la loro qualità e si esportano a livello globale; questo accade anche nel nostro settore, purtroppo qui da noi spesso sottovalutato e marginalizzato.
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