BMA - Bologna Musica d’Autore
La serata finale della seconda edizione del concorso per cantautori italiani promosso da Fonoprint.
di Giancarlo Messina
I nostri lettori più attenti ricorderanno che abbiamo già parlato del nuovo corso di Fonoprint, storico studio bolognese che, dopo la scomparsa del socio di maggioranza Lucio Dalla, ha visto l’acquisizione da parte dell’imprenditore Leopoldo Cavalli. Abbiamo definito Cavalli, per gli amici Leo, una sorta di moderno mecenate, poiché, da grande appassionato di musica, ha utilizzato i proventi del suo business per restituire valore a questa grande e prestigiosa realtà bolognese e puntare sulla musica d’autore e di qualità. Ben sapendo che il ritorno economico non sarà immediato.
Il progetto di Leo è quindi quello di andare in totale controtendenza rispetto ai talent show, sostituendo cioè alle cover la musica originale d’autore e alla facile fama catodica la necessaria gavetta del live nei locali. Non a caso gli artisti che gravitano intorno a Fonoprint hanno un palco riservato al FICO di Bologna, proprio per avere un’importante occasione di confronto con un pubblico vero.
È in questa ottica che nasce BMA, cioè il concorso “Bologna Musica d’Autore”, giunto alla seconda edizione ed inserito in Italy Sound Good, cioè un programma di incontri e seminari dedicati al mondo della musica e della discografia in collaborazione con Bologna Congressi, tenutosi dal 28 al 29 settembre.
Di grande spessore la giuria del concorso, presieduta da Giulio Rapetti, in arte Mogol, fra l’altro di recente nomina a presidente della SIAE; insieme a lui personalità di spicco della musica, dal giornalismo alla produzione, da Ernesto Assante a Celso Valli.
Si tratta insomma di un’iniziativa a nostro avviso molto bella che merita attenzione, perché l’anelito a riportare in auge la musica italiana d’autore di qualità, quella che ha fatto sognare tutti noi, è senza dubbio lodevolissimo. Per chi poi aborre i talent è senza dubbio una boccata d’ossigeno.
Siamo quindi partiti alla volta del Teatro Europauditorium, un palcoscenico prestigioso piuttosto difficile anche da riempire, viste le sue 1700 poltrone disponibili, per assistere a qualcuno dei seminari pomeridiani e alla serata finale.
Nel pomeriggio abbiamo avuto il piacere di conoscere di persona e scambiare due chiacchiere proprio con Leopoldo Cavalli, patron di Fonoprint e della manifestazione.
“Storicamente Fonoprint è da sempre un punto di riferimento per la musica italiana, intorno al quale hanno ruotato negli anni tanti artisti e tanti produttori importantissimi; dopo la morte di Lucio, ho sentito di dover proteggere questo patrimonio che non è solo della città di Bologna, perché Fonoprint è di tutti, è della musica italiana, è degli artisti italiani. Sono 600 m2 di eccellenza assoluta, sia per materiali sia per personale iper-specializzato.
“Io provengo dal business dell’arredo, che in qualche modo è simile all’arte, perché nella nicchia del lusso, quella in cui opero, l’arredamento è puro entertainment: nessuno ha bisogno di quelle cose, è un arredo emozionale e scenografico; facciamo cucine da 500.000 euro che in realtà sono il parco giochi del padrone di casa che si diletta a cucinare per gli ospiti, poi c’è la cucina vera al piano di sotto. Quindi mi porto un’esperienza di entertainment, di organizzazione, di equilibrio scenografico, per cui un progetto come questo non è lontano dal mio mondo.
“Anche in Fonoprint stiamo lavorando sull’eccellenza e sulla qualità delle canzoni: il mercato discografico è calato del 90%, la musica è gratis; le case discografiche non hanno più budget da investire nella produzione, l’artista non ha più tempo, non può sperimentare o provare. Noi vogliamo tornare alla qualità di un tempo, puntare su testi emozionanti e sognanti, perché pensiamo che ci siano ancora giovani in grado di scrivere belle cose.
“Per questo abbiamo creato un concorso per cantautori: prima si dimostra il merito artistico, poi si ottiene popolarità, mentre oggi, con i programmi televisivi, accade il contrario; noi inoltre non cerchiamo delle voci, degli interpreti, cerchiamo dei cantautori che compongano i loro testi in italiano... meglio se cantautori sconosciuti!”.
Mentre ci congediamo da Leo, pensiamo a come sia possibile non amare questa crociata e questa passione per la musica italiana di qualità.
Dopo aver sentito parlare Mogol e Tommaso Colliva, produttore dei Muse, con cui sarebbe anche interessante approfondire il discorso tecnico, essendo egli anche un fonico, ci imbuchiamo in sala per assistere al soundcheck.
Sul palco troviamo una vecchia conoscenza, Diego Spagnoli, impegnato come direttore di palco a coordinare i vari gruppi e bacchettare, col suo stile, fonici e artisti che non filano dritto. Ci pare che il lavoro sia un po’ indietro e abbia parecchio da fare, così lo lasciamo in pace e ci riserviamo di fare due chiacchiere con lui più tardi.
Quando la serata sta per iniziare, purtroppo si verifica un grave problema tecnico: dal mixer di sala, uno Yamaha PM10, non esce segnale! I tecnici non si danno per vinti e dopo diversi minuti, in cui funzionava in maniera altalenante anche il microfono del presentatore, lo show può iniziare. Ma dopo pochi minuti dall’inizio del primo pezzo si spegne di nuovo tutto... e solo dopo parecchi minuti lo show può iniziare realmente, ma con il fonico che mixa dal mixer di palco, certamente situazione non ottimale per ottenere un bel suono in sala. È una situazione un po’ imbarazzante che crea non poco disagio ad artisti e presentatori, nonché al pubblico, ma la serata, alla fine, si porta a casa.ù
Fra i dieci finalisti, ad aggiudicarsi il primo premio è Federico Biagetti con E poi bo, che ha vinto un contratto discografico e un video musicale con Fonoprint. Lo stesso Biagetti ha vinto anche il premio come miglior testo, consistente in un borsa di studio per frequentare il CET, la scuola creata e gestita da Mogol. Alice Cucaro si è aggiudicata invece il premio Radio Bruno e il premio per la miglior musica.
Ma, visto che siamo una rivista tecnica, pur senza voler gettare la croce su nessuno, abbiamo anche cercato di capire cosa sia realmente successo. Ovviamente la committenza era piuttosto inferocita per il disservizio tecnico. Gustavo Ferretti, responsabile del service Piano e Forte, una realtà storica in Emilia e di sicura professionalità, raggiunto telefonicamente ci ha spiegato che i guai sono cominciati quando è partita la diretta streaming gestita con un Allen&Heath, non fornito dalla sua azienda, deputato alla registrazione e collegato alla rete Dante delle console di sala e di palco Yamaha. Dai report Yamaha, sembra che ci sia stato un problema nella configurazione master/slave, per cui la console di sala ha perso il clock e quindi i segnali.
A nostro avviso, quale sia stata la causa, sia la produzione sia il service hanno forse un po’ sottovalutato la complessità della serata, perché il service è potuto entrare solo al mattino e, avendo poco tempo per allestire tutto, forse non è riuscito a testare a dovere ogni situazione possibile, cosa sempre indispensabile prima dello show, soprattutto quando si parla di reti digitali con molteplici periferiche ‘esogene’ da collegare.
“Io sono stato chiamato dalla produzione dell’evento come direttore di palco – ci ha raccontato il giorno dopo Diego Spagnoli – compito che ho accettato anche perché era previsto un premio in memoria di Guido Elmi. In una situazione del genere bisogna rendersi conto che non si è in studio, che bisogna semplificare, perché gli artisti sono molti e il tempo poco; infatti ci sono stati anche un paio di momenti di stanchezza, ma la situazione era tranquilla, sebbene la struttura fosse più impegnativa di quello che si pensava”.
Non vogliamo però che l’inconveniente tecnico, comunque in qualche modo superato, oscuri il valore di questa iniziativa che, come già affermato, consideriamo davvero eccezionale e di grande importanza per l’anelito ad indirizzare la nostra musica leggera su strade che non siano quelle dei talent o degli youtuber; bensì una strada in cui contano i contenuti, la qualità dei testi e della musica, insomma quelle componenti artistiche che hanno fatto grande la nostra musica cantautorale, consolidando ancora di più il ruolo che Fonoprint ha avuto in tutto questo.
Un progetto... “À rebours”, per dirla con Huysmans, e che per questo ci piace ancora di più.