Augusto Andraghetti
Intervistiamo un altro pionere del settore professionale, capace di inventare e reinventare il mondo del lighting.
L'ingegnere Andraghetti è un entusiasta del mondo ricerca e sviluppo, e ha fatto della sua curiosità un vero e proprio marchio di fabbrica. Partito nei ruggenti anni Sessanta, con la sua creatura Spotlight, Andraghetti ha attraversato da protagonista le rivoluzioni tecnologiche del settore delle luci e ha saputo diffondere un marchio italiano in teatri di tutto il mondo. Abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo, dietro la scrivania all’interno della sede di San Giuliano Milanese, dove il suo sguardo attento non ha mai smesso di sondare il mercato e di immaginare nuovi progetti. Spotlight copre oggi tanti segmenti del settore professionale – dal teatro, alla musica dal vivo, alle installazioni evolute – eppure continua a proporre nuove soluzioni e famiglie di fari piene di innovazione. Ripercorriamo gli inizi di questa lunga cavalcata, toccando le tappe più importanti di una vita costellata di successi.
Caro Ingegnere, quando è cominciata la tua avventura con i fari?
La mia storia professionale è cominciata nel lontano 1969, quando ero ancora uno studente universitario e lavoravo part-time come tuttofare nella ditta di mio padre e del suo socio, Fantini. Era una fabbrica in cui si costruiva materiale illuminotecnico fin dal dopoguerra con il marchio Andraghetti & Fantini.
Poi, una volta laureato in ingegneria e finito il servizio militare, ho cominciato a lavorare a tempo pieno.
La Andraghetti & Fantini ha sempre operato nell’ambito dell’illuminazione, con lampade a filamento e piccoli fari sagomatori – gli “spottini”, usati prevalentemente per musei e mostre. Già allora si cominciava a parlare di fari colorati per la musica, o per i locali da ballo, e successivamente a qualche faro spot più potente per impieghi teatrali.
In effetti, uno dei ricordi più belli di quei tempi è stato il primo ordine proveniente dal Teatro alla Scala: 20 fari piano-convessi da 2000 W. Con l’avvento delle lampade alogene, la mia passione per la parte di ricerca e sviluppo mi ha portato a rinnovare completamente la gamma dei prodotti, con sagomatori, seguipersona, diffusori di cyclorama, e una serie MINI per impieghi prevalentemente architetturali che hanno tenuto il mercato per tantissimi anni e ancora oggi si trovano in parecchi locali.
Quando è nato il brand Spotlight?
Erano gli anni in cui il mercato estero cominciava a diventare interessante: ci accorgemmo che gli stranieri facevano fatica a pronunciare il nome “Andraghetti e Fantini”! Data la crescita di quegli anni, nel 1982 abbiamo deciso di cambiare il marchio in Spotlight, e di trasformare la ditta in una srl, di cui sono diventato socio di maggioranza e amministratore. In quegli anni nasceva anche il SIB di Rimini, che certamente favorì la crescita e la diffusione del made in Italy, consolidando la posizione di Spotlight in Italia e verso l’estero.
Quella di Rimini era la fiera delle discoteche?
Devo riconoscere che la fiera di Rimini è stata per molti anni un valido supporto per le aziende italiane, e viceversa la creatività delle ditte italiane ha catalizzato l’attenzione verso il SIB. Ricordo che in occasione della nascita della fiera di settore, un gruppo di aziende italiane del settore “entertainment” diede vita all’APIAD, l’associazione italiana per le attrezzature delle discoteche.
Dato il crescente successo della manifestazione, in sinergia col SIB, si decise di cambiare la denominazione dell’associazione in APIAS, ovvero attrezzature per lo spettacolo, per allargare il mercato. Si stabilì un accordo pluriennale con la fiera, per cui le aziende associate godevano di condizioni preferenziali. E in tale occasione mi “ritrovai” Presidente di APIAS.
La fiera vi ha dato la possibilità di crescere e di evolvere?
Sì, e nel frattempo mi ha permesso di capire che, pur avendo una gamma di fari completa e competitiva, talvolta perdevamo delle commesse: altri offrivano un pacchetto completo, con apparecchi di regolazione, prodotti complementari alle luci, movimentazioni, eccetera. Pensai allora di allargare l’offerta di Spotlight con prodotti di altre ditte che potessero rappresentare un pacchetto completo. Progressivamente abbiamo acquisito la distribuzione per l’Italia di alcuni marchi prestigiosi: ADB – consolle teatrali e dimmer professionali, Compulite – consolle per concerti e musical, Niethammer –sagomatori e seguipersona top di gamma, Rosco – filtri colorati e Gobos, Chainmaster – paranchi motorizzati, Eurotruss – strutture portafari in alluminio. Insomma, tutti prodotti di alta qualità: con questa gamma di prodotti Spotlight aveva cominciato a raggiungere anche clienti di alto livello, come teatri d’opera, grossi noleggiatori, la RAI eccetera.
Qual è stato il primo lavoro importante con quel catalogo?
Uno dei primi risultati di quella politica fu la fornitura completa del nuovo Piccolo Teatro Studio del 1986, con tutti i fari e una delle prime console veramente computerizzate di ADB, la S28 con i relativi dimmer modulari. Ma la vendita che mi diede più soddisfazione fu la fornitura di console ADB per le luci di scena della Scala, con un sistema allora all’avanguardia di due computer luci sincronizzati, uno di lavoro e uno di backup, con il secondo che poteva intervenire in tempo reale in caso di avaria del primo senza interrompere dello spettacolo.
Erano anni che il mercato cresceva vertiginosamente e i clienti chiedevano sempre prodotti nuovi e più performanti. Fu così che Spotlight lanciò la serie Sintesi, una nuova serie professionale, in allumino estruso e pressofuso, che “sintetizzava” quanto di meglio si potesse applicare in quel momento su un faro per lo spettacolo. In quella progettazione ho curato la modularità dei suoi componenti per poter rapidamente allestire tutta la gamma di potenze e di versioni, che partivano dal 500 W fino a 5000 W, con modelli PC – classico il VARIO 12, fresnel, sagomatori, seguipersona, con versioni sia con lampade alogene sia a scarica.
Questa crescita del mercato ha richiesto un ampliamento nella struttura dell’azienda?
Effettivamente gli anni Novanta hanno rappresentato per me un periodo di importante crescita e nuovi obiettivi.
In primo luogo è arrivato in azienda l’ingegnere Oliva, che in breve tempo si è inserito nel tessuto produttivo dando un fondamentale aiuto nelle sfide crescenti che si presentavano. Con la sua azione abbiamo ottenuto un netto miglioramento dell’attività di marketing, con un sensibile aumento dell’esportazione. Con l’aumento del numero dei prodotti, in accordo con Oliva – che nel frattempo aveva acquisito una quota della Società – abbiamo ritenuto conveniente trasferirci dal centro città a Milano, in una struttura più grande e moderna a San Giuliano, con parcheggio privato e un’ampia sala per le dimostrazioni degli apparecchi.
In che momento è cresciuto l’export?
Grazie al successo dei prodotti, cominciammo a partecipare alle più importanti fiere internazionali, come PLASA, LDI, PL+S, Music Moscow, e raggiungemmo tutti i paesi dell’Europa, anche orientale, con la Russia al primo posto, e poi l’America, i paesi arabi, fino all’estremo oriente e al Sud Africa, fissando dei distributori esclusivi nella maggior parte di questi paesi, che in buona parte collaborano tuttora con noi.
Sono state introdotte molte novità tecnologiche, negli anni seguenti?
Grazie alla migliorata struttura organizzativa, ho potuto dedicarmi alla mia attività preferita: ricerca e sviluppo di nuovi apparecchi. In particolare ho lavorato a un sistema di motorizzazione specifico per il teatro e la TV, che il mercato richiedeva da tempo. Si trattava di forcelle a struttura modulare per la movimentazione di fari da 500 W a 5000 W, sia di produzione Spotlight sia di altri marchi, che si potevano controllare con segnale DMX. La fortunata combinazione di fari Sintesi, consolle ADB e Compulite e forcella motorizzata, è diventato quasi uno standard per gran parte dei teatri. Uno dei primi a servirsene fu il teatro Carlo Felice di Genova, un altro il teatro Arcimboldi di Milano – allora sede provvisoria del Teatro alla Scala – e un’altra ovviamente fu la Scala stessa in occasione della sua ristrutturazione. Poi il Sociale di Trento, il Massimo di Palermo, il Bellini di Catania, la Rai di Torino, il San Carlo di Napoli e il Parco della Musica a Firenze, che però merita una nota a parte.
La motorizzazione è anche stata adottata in diversi teatri all’estero, come il Teatro Bol’šoj di Mosca e il Teatro dell’Opera di Astana.
Cosa accadde all’arrivo dei LED?
Con l’avvento del nuovo millennio, l’arrivo dei LED nel campo dell’illuminotecnica stava preparando una rivoluzione. Noi siamo partiti con un faretto da 35 W in RGB, ma la rapida evoluzione della tecnologia LED ci ha portato a un radicale ampliamento di tutta la nostra produzione. Grazie alla modularità costruttiva della serie “Sintesi”, con i tecnici di R&D abbiamo impostato una serie di modelli LED da 50, 100, 200, 300, sino a 600 W che affiancassero gli apparecchi tradizionali da 300 a 5000 W. I primi ad assurgere a una nuova giovinezza furono i faretti della serie MINI, che con un LED/COB da 50 W facevano la luce di un 300 W. Sono tuttora molto apprezzati dai noleggiatori e allestitori di eventi, fiere, musei, perché consumano poco, non richiedono manutenzione, non scaldano e non emettono UV che possono danneggiare quadri o oggetti delicati.
All’inizio di quel periodo, avevo progettato un faretto molto innovativo che aveva un LED/COB da 100 W RGB in DMX con uno zoom che produceva uno fascio da spot a flood molto ampio, unico allora nel suo genere. Alla presentazione, durante la fiera di Francoforte, avevo notato un passaggio continuo di curiosi provenienti dalle ditte concorrenti, e infatti durante l’edizione successiva molti presentarono la stessa tecnologia con le stesse soluzioni. Nel frattempo, tuttavia, essendo arrivati per primi sul mercato, avevamo già venduto molti pezzi! Il grande salto nell’impiego dei LED è avvenuto quando furono effettivamente disponibili potenze paragonabili a quelle dei fari alogeni classici, ma con la possibilità di scegliere la qualità della luce LED: calda, fredda regolabile, colorata o con cromatiche più vicine alla lampada a incandescenza. Questo ha allargato il mercato, e l’ha aperto al mondo entertainment e a quello architetturale.
Quali sono stati i principali clienti nel settore dello spettacolo?
I primi a sfruttare i vantaggi dei LED sono stati gli sudi televisivi: minor energia e calore, ma soprattutto la possibilità di “dimmerare” l’intensità del faro senza cambiare la temperatura di colore. Questo vantaggio ci ha permesso per la prima volta di vincere un’importante gara di fari LED fresnel con la RAI nel 2014, la prima di molte forniture. L’ingresso nei teatri è stato meno immediato: un po’ per questioni di budget, dato che un faro LED costa circa 3 volte un alogeno di uguali prestazioni. Una delle installazioni più importanti per Spotlight è stata la fornitura completa di fari LED al Nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, aperto nel 2011: ha rappresentato la prima realizzazione completa di un teatro d’opera con fari LED in Italia, e probabilmente in Europa. Con 99 kW di fari LED, abbiamo ottenuto la luce equivalente di 360kW di fari alogeni.
E dopo questa rivoluzione in che direzione è andato il mercato?
Questo rinnovamento a tutt’oggi non è ancora terminato; ci ha permesso di non sentire particolarmente la crisi del 2007 né i tagli allo spettacolo del governo Monti del 2011. I tagli nel mercato italiano furono compensati per noi dal mercato estero, che è sempre cresciuto fino ai tempi del COVID. Purtroppo per me, tra il 2015 e il 2016 una malattia mi ha tenuto lontano dalla ditta per quasi due anni, ma il fondamentale intervento dell’ingegner Oliva ha permesso a Spotlight di proseguire bene la sua attività. È di quel periodo la fornitura per il completo rinnovo tecnologico del teatro San Carlo di Napoli.
Nel frattempo ho compiuto 70 anni e quindi mi sono imposto di rallentare un po’ con gli impegni. Nonostante le mie vicissitudini, l’attività di Spotlight non si è mai fermata, e al mio rientro ho voluto dare il mio contributo alla nuova famiglia Hyperion – dal nome di un dio greco connesso alla luce. In ultimo è venuta anche la decisione di inserire nella gamma Hyperion il primo vero seguipersona professionale con una nuova ottica e una grande resa luminosa del LED/COB. Non posso fare a meno di ricordare che, molti anni prima, quando avevo tentato i primissimi esperimenti con dei LED di pochi watt, avevo pensato: “Belli questi LED, ma non potremo mai farci un seguipersona!”
Infine, in occasione del Covid e della ristrutturazione aziendale, ho deciso per una presenza più soft; ma non ho mai smesso di seguire con interesse tutti i costanti progressi tecnologici e commerciali di Spotlight, perché il primo amore non si scorda mai!