Slipknot – World Tour 2016
“Anche nei più grandi orrori, l’ironia è raramente assente.”
H.P. Lovecraft
di Douglas Cole
Teatralità ed heavy metal vanno mano nella mano da più di quattro decenni, da Alice Cooper ai Kiss, dai Gwar ai Mushroomhead: l’idea di offrire uno show che vada oltre la consuetudine fa parte di certi sottogeneri della musica dura in cui regna l’esagerazione; e in questo, Slipknot è indubbiamente, da diversi anni, il campione in carica.
Il loro stile viene spesso incluso nel Nu-Metal (anche se loro si definiscono “Metal-Metal”), probabilmente per l’inclusione negli arrangiamenti di percussioni, campioni e scratch. Capitanato da uno dei cantanti metal più prolifici e versatili, Corey Taylor (che spesso utilizza uno stile molto diverso quando canta per l’altra sua rinomata band, gli Stone Sour), Slipknot, dal vivo, è un assalto ai sensi non indifferente: le maschere macabre richiamano vari personaggi del cinema splatter, i testi spesso equiparano le ingiustizie sociali, il disgusto generale per la vita e la cultura di massa con i più inimmaginabili orrori, la voce alterna rabbia e angoscia, mentre i complessi e potenti riff sono puntualizzati con una dinamica quasi sempre rappresentabile ad 1 bit: o zero o uno, dove 1 rappresenta solo il massimo del volume.
Durante tutto questo, alcuni musicisti quasi rimbalzano da un lato del palco all’altro, mentre altri, assistiti da pedane motorizzate, girano apparentemente fuori controllo o si alzano e si abbassano in modo inquietante.
Come spesso succede, da noi, con le produzioni rock americane, Slipknot è a metà di un tour concepito per durare nel tempo e che ha già attraversato l’Atlantico tre volte dall’ottobre del 2014, toccando circa 140 tappe. Dopo le due date in Italia lo scorso anno, la richiesta di questo gruppo è rimasta evidentemente alta, tanto che Live Nation non ha avuto nessun problema a fare un sold-out al Grand Teatro Geox, a Padova, questo febbraio, anzi: una venue più grande probabilmente sarebbe stata ugualmente strapiena. Un concerto di questa band era ancora un’esperienza che ci mancava, così ci siamo recati al Geox per toglierci questo sfizio e capire con alcuni degli addetti ai lavori come viene messo in atto un concerto di questo genere.
Giulio Koelliker – Production rep per Live Nation Italia
“La nostra squadra di produzione – spiega Giulio – è composta da me, Matteo Chichiarelli, Michele ‘Metallo’ Marini, Gioia D’Onofrio e Claudia Tonella, mentre, chiaramente, sono presenti i ragazzi di Live Nation nonché facchini, rigger ecc.
“Per il momento è prevista solo questa data al Geox di Padova, che arriva dopo le due date dell’anno scorso al Forum di Assago, e poi a Rock in Roma. Questa produzione è abbastanza simile alla precedente, anche se qui è ovviamente ridotta per motivi di carichi: non è dimezzata, ma quasi. Il gruppo piace tanto in Italia, e lo dimostra la rapidità incredibile con cui sono andati sold out i tremila biglietti del Geox.
“Il gruppo viaggia sempre con la produzione completa al seguito – continua Giulio – perché hanno una scenografia particolare che fa parte della loro performance e un impianto audio adeguato al loro genere, un L-Acoustics K1; infatti ci hanno fatto smontare il PA Adamson residente al Geox, perché avevano altre esigenze (che durante il concerto capiremo bene! – ndr). A parte questo dettaglio, la cosa che ha impegnato maggiormente me e Matteo è stata il ridimensionamento della loro produzione: fortunatamente lavoriamo con loro dal 2002, ed abbiamo un ottimo rapporto, indispensabile per gestire certe dinamiche.
“Non potevamo accogliere la loro produzione completa, non tanto per gli spazi, sufficienti, visto il grande palco del Geox, ma per la portata del soffitto. Fortunatamente abbiamo avuto i disegni abbastanza in anticipo, ed abbiamo potuto sottoporre loro una nostra proposta con una soluzione adeguata. L’hanno accettata e quindi sono arrivati già consapevoli di cosa montare e cosa far rimanere sul camion, organizzando il montaggio in maniera più agevole. Siamo anche riusciti a fornire noi delle truss per le luci più leggere, per poter sostituire le loro americane premontate e riuscire a rimanere dentro la capacità del tetto. Grazie all’esperienza, sapevamo che sarebbe stato meglio che noi proponessimo loro le sostituzioni e le riduzioni per adattare lo spettacolo alla venue, anziché chiedere a loro di farlo: non avremmo mai potuto chiudere con i calcoli in tempo se avessimo aspettato la loro soluzione. Così, grazie al lavoro svolto in precedenza, oggi è una giornata estremamente easy.
“Oltre a questo, abbiamo fornito rigger, facchini, transenne e generatore, oltre naturalmente a tutta l’accomodation, camerini, uffici, ecc”.
Che tempi di pre-produzione ha un concerto del genere?
Come accennato prima, abbiamo un’interfaccia molto buona con la produzione degli Slipknot, quindi in tre settimane siamo riusciti, lavorando in cinque persone, a soddisfare tutte le esigenze e fare in modo che andasse tutto liscio.
Dave “Shirt” Nicholls
Fonico di sala
“Ci sono nove persone sul palco – ci spiega Dave – batterista, bassista, due chitarristi, due percussionisti, un sampler, un DJ, e poi c’è Corey, il cantante.
“Sono 56 gli ingressi che arrivano dal palco, ai quali aggiungere i microfoni per l’ambiente al palco per gli in-ear e i miei ambientali per le registrazioni.
“Tutte le casse delle chitarre sono negli isobox dietro il palco e il basso arriva solo da una DI. Davanti il palco il livello non è così alto come si potrebbe pensare, ma il livello del monitoraggio sul palco – cioè puntato verso i musicisti – è, diciamo, elevato, ma non causa grandi problemi in sala.
“Io uso una console Midas Pro9, con quasi tutti gli effetti a bordo. Ho all’esterno un sintetizzatore di subarmoniche dbx per i floor tom e un paio di SPX per un po’ di riverbero sulle percussioni... devo anche usare un delay sul bariletto di birra in un brano, tutto controllato tramite MIDI dalle snapshot della Pro9. Inoltre ho un Helix Rapide per tenere un EQ sotto mano.
“Non stiamo usando lo stagebox I/O standard del sistema Pro9, DL351, ma il DL431del sistema XL8, che dà guadagno in incrementi di 2,5 dB anziché di 5 dB ed è più comodo. Questo banco entra nel camion meglio e due persone riescono a stivarlo. È un formato più piccolo ma è comodo per questo tour. L’unico svantaggio è che è assolutamente pieno: ogni ingresso e ogni uscita sono in uso.
“Per registrare, ho un setup di Pro Tools, sul quale viene registrato ogni show... più per archivio che per altro. Abbiamo registrato ogni show dal 2005, così abbiamo dieci o undici anni di registrazione di tutti i concerti.
“Il sistema viene sincronizzato da un Antelope Isochron. Per le console, quella in FoH è il master e la console al palco è slave. Uso poi un DN9650 per la conversione in Dante dedicata alla mandata verso Pro Tools per la registrazione.
“Infine, per l’impianto, siamo in tour con un sistema L-Acoustics K1 con K2 per i down-fill e i side (che oggi non ci sono). Gli infill/nearfill sono KARA. Generalmente abbiamo dei K1SB appesi ma, di nuovo, per la capacità di questa sala e per una questione di carichi oggi non li stiamo usando. Questa è forse la più piccola venue di questa tranche, quasi tutte le altre date sono nei palasport grandi. Qui a terra abbiamo dei sub SB28 e abbiamo appeso solo otto K1 più quattro K2 per lato”.
Chi fornisce l’impianto?
Tutto l’audio è di un’azienda vicino a Birmingham che si chiama SSE Audio Group. È un’azienda molto in gamba. Fanno un ottimo lavoro ma, in realtà, a me fa poca differenza chi fornisce l’audio: finché la console è blu e le casse sono marroni, io sono contento. La mia combinazione preferita è L-Acoustics e Midas.
Quando venite in una venue che è più piccola delle altre, come questa, ti devi coordinare con il fonico di palco per evitare che il livello del monitoraggio non interferisca con il suono in sala?
A mio parere è più importante mantenere lo stesso ambiente sul palco per la band ogni giorno. Questo farà cambiare il suono dal palco, ovviamente, secondo le dimensioni della venue ma, alla fine, non ha un grande effetto sul suono qui davanti... perché qui è veramente “fuckin’ loud” (cioè il livello di pressione sonora è molto alto – ndr).
Le due postazioni di percussioni sono microfonate o triggerate?
Non c’è nessun trigger sul palco. È tutto microfonato, compresi i barilotti di birra. Tutto sul palco è vecchia scuola: non ci sono sequenze e tutto viene suonato in tempo reale, anche i campioni e gli scratch, non c’è neanche una click track.
In uno show degli Slipknot può succedere qualsiasi cosa... e non so dove iniziare nel descrivere le cose che succedono. Ogni singolo pezzo delle percussioni è microfonato con un trasmettitore, perciò non è strano trovare questi in giro per il palco o per il pubblico verso la fine dello show. In Russia, nell’ultima tranche, una sera il mio assistente mi ha fatto notare che durante lo spettacolo uno dei barilotti stava volando da un lato del palco all’altro, per poi finire in mezzo alla folla... che non ha esitato ad aggiungere il proprio contributo alla sezione ritmica, al passaggio dello strumento. È una band fantastica da mixare: gli show sembrano passare in un attimo perché c’è così tanto da fare! Ci sono tantissime sfumature che devono venire fuori nel mix. È sorprendente quanto sono importanti le piccole parti di percussione o di scratching: se i ragazzi non sentono proprio ogni piccola parte non sono soddisfatti del concerto.
Ci spieghi il percorso di segnale della voce?
Usiamo Audio-Technica almeno da quando io lavoro con Slipknot... cioè da almeno 12 anni. Il microfono della voce è un Audio-Technica AE6100, collegato direttamente con lo stagebox Midas tramite radio Serie 5000. Non ci sono dei trucchi particolari, tutto avviene all’interno della console: la voce viene equalizzata sul canale e poi uso un compressore anch’esso integrato nella console. Questo è necessario perché Corey, con Slipknot, usa molto potenza e non è così spesso melodico com’è con Stone Sour. Perciò, quando deve far uscire così tante parole sullo stesso fiato, la potenza cala un po’ e ci può essere una grande differenza.
Usiamo molti Audio-Technica, ma il microfonaggio è misto; la batteria, per esempio, viene ripresa con un Audix D6 e uno Shure Beta91 sulla cassa e degli Audix D4 su rullante e tom. In realtà, ho tre microfoni sul rullante, due dei quali sono i condensatori AT4050 a doppio diaframma. Poi c’è un AT4033 per gli high-hat.
Preferisci Midas per il suono o per il flusso di lavoro?
Per il suono, assolutamente. Midas ancora ha un suono che ricorda i mixer analogici. Quando giri le manopole sembrano subito fare qualcosa. L-Acoustics, invece... mi dà tutto quello che voglio e fa esattamente quello che voglio. Non so spiegarlo: mi sembra una singola cassa, quando è impostato bene. È grasso e reattivo, anche se con i sub sospesi suona ancora meglio. Qui, con i sub a terra, devo spingere un po’ di più.
Che cosa mandi in uscita per il PA?
Io mando L/R alla matrice in uscita... generalmente ho destro e sinistro dell’impianto appeso, compresi gli array di K1SB. Poi ho una linea per i sub in mono e una linea per i front-fill in mono.
Una volta usavo linee stereo dei sub, side separati, ecc. ma, francamente, io non voglio tutto quel controllo. Ci ho messo un po’ per ammetterlo, anche perché sono stato PA engineer per tanti tanti anni ma, finalmente, ho dovuto mettere in testa che quello è un lavoro e questo è un altro.
I tuoi nearfield al banco sono di una dimensione notevole...
Uso degli L-Acoustics P108 con il sub per i nearfield al FoH, non solo perché i livelli sono quelli che servono, ma anche perché dopo aver usato questi per impostare lo show in preproduzione, il suono si traduce molto molto bene quando montano il PA per le prove.
A cosa serve l’iPad che hai in regia?
Un giocattolino che trovo molto utile per gestire i segnali per il walk-on è questo Alesis IO Dock per l’iPad. Nonostante sia una cosa pensata più per i musicisti o per l’home-studio, ha ingressi ed uscite che si possono collegare alla console, così uso una semplice app che permette di usarlo per il playback di diverse sorgenti all’interno o all’esterno dell’iPad, con crossfade automatici e tanti altri piccoli trucchi.
Greg ‘Lil G’ Kocurek
Operatore luci
“Il production e lighting design – racconta Greg – è di Trevor Ahlstrand e Ahlstrand Productions. Trevor ha programmato lo show, anche con la mia assistenza. Il rig è una variazione di quello originale progettato per questa serie di tournée. Per questa tranche abbiamo eliminato i pyro, favorendo il fondale con un LEDwall. Io spero che torneranno i pyro nel futuro, perché è una grande parte dello show e mi piace. La scelta del video fa parte di una nuova direzione che hanno preso e, effettivamente, sta funzionando molto bene, ma Slipknot e pirotecniche vanno mano nella mano.
“La maggior parte dei contributi video – continua Greg – è customizzata: molti contenuti sono prodotti da Clown (membro della band), altra roba è stata creata da Trevor. L’ultimo brano del concerto ha qualche momento di video live, che arriva da una singola telecamera wireless che può essere in qualsiasi parte della struttura.
“Le luci, per questa tranche, sono tutte fornite da PRG, come il video, che viene da XL Video, anch’esso ormai PRG.
“Questa sala è abbastanza piccola rispetto alle altre venue di questa tournée, così la produzione non è montata al completo, ma lo show nei posti più intimi è sempre una bomba”.
Ci descrivi il parco luci?
È un sistema di truss dritte. Ci sono due pod grandi che purtroppo non sono montati qui per una questione di carichi. Abbiamo 54 Martin AirFX, 12 Mythos per terra, 29 Stormy CC, 33 blinder 2-lite al posto degli Elation WW2, che non erano disponibili per l’Europa. Abbiamo 14 ColorBlaze72, due universi di globi RGB, tanti di questi appesi sopra il palco, ognuno controllato in RGB separatamente. Questi vengono usati con diversi chase oppure aggiungono alle scene dei punti luce particolari.
Tutti gli AirFX sono sulle americane in alto, mentre i 12 Mythos sono tutti sulla scenografia dietro la batteria. Abbiamo anche dei Chroma-Q Color Force 12 che vivono sotto le pedane delle percussioni e sotto la batteria. I Mythos vengono usati proprio in ogni modo possibile: controluce sulla band, fasci a mezz’aria per i look grafici, scene dinamiche e statiche, abuso del pubblico... tutto.
La scelta degli Stormy non è stata una questione di carico elettrico... era una nuova tecnologia e Trevor ha voluto usare alcune possibilità che offrono, oltre agli strobo tradizionali. Stanno funzionando molto bene, devo dire, e si riesce ad avere la stessa profondità che si ha con gli Atomic.
Lo show ha lo stesso numero di proiettori del tour americano, con un paio di fixture diverse, anche se il disegno è un po’ modificato per facilitare il tour mondiale. Prima c’era un disegno dal look asimmetrico, con un sistema di ladder a stage right e un singolo truss molto avanti a stage left.
Per il controllo?
Sto usando grandMA2 Light. Il parco luci è tutto gestito in MA-Net. Il media server è un Mbox di PRG, ed è gestito in ArtNet. Il mediaserver è esclusivamente per il LEDwall, e tutti i cue per il video arrivano dalla console luci. Abbiamo 12 universi, compreso il media server; saremmo su 13 se venissero rimesse altre cose che c’erano prima. PRG ha fornito un sistema di fibra ottica per il trasporto dei controlli luce e video tra regia e palco.
Non c’è niente sincronizzato in timecode, lo show è tutto in cue con un sacco di pulsanti da premere. In un brano in particolare, premo un tasto 198 volte. Io porto un IEM durante lo show per poter seguire il tempo sulla musica esattamente con la band. I cue vengono coordinati molto con alcuni “eventi” sul palco e l’IEM è un enorme aiuto per questo.
Non mi sembra che ci sia molto key lighting al palco, state usando dei seguipersona?
Abbiamo sette segui, per nove persone sul palco, oltre ad un centinaio di cue per gli spot: c’è una singola canzone che ha una ventina di cue per i segui. Gli operatori sono i nostri autisti. Sarebbe molto difficile usare operatori sul posto, per la complessità dei movimenti sul palco e il numero delle cue.
Com’è andato il giro nell’Europa orientale prendendo le luci sul posto?
Abbastanza bene. I promoter hanno rispettato il rider per il parco luci molto bene. Ogni tanto c’erano delle sostituzioni, ma mai niente di grave. Poi ogni nuovo proiettore che trovo e integro si aggiunge alla libreria di memorie che ho, cosa che poi rende più facili i lavori successivi, specie nei festival.
“Lo show – conclude Greg – è illuminato in un modo un po’ buio e moody. Ogni canzone ha il proprio tema e un preciso schema di colori. Il video e le luci hanno un flusso dettato da quello che succede sul palco. Ci sono delle scene anche molto colorate e vivaci, chiaramente, però, nel contesto della grossissima esagerazione che è un concerto di Slipknot... tutto over-the-top. In questo show non si sa mai quello che succederà sul palco o, spesso, fra il pubblico. È un divertimento totale che sprigiona un’energia impressionante”.
Lo show
Un concerto degli Slipknot è un’esperienza che le parole fanno fatica rendere. L’energia grezza che sprigiona la band è incredibile, mentre l’impressione caotica che viene trasmessa, nonostante sia intenzionalmente esagerata, è sufficiente per spostare anche un veterano del rock duro fuori dalla sua zona di comfort. La prima parte di questa tournée, già nata alla fine del 2014, si chiamava “Be Prepared for Hell”, ovvero “Siate pronti per l’inferno”, e penso che sarebbe stato un avviso appropriato per chi si è trovato non per propria scelta ad attendere un loro concerto – come sembrava il caso per diversi, tra vigili del fuoco, paramedici ed una signora di mezza età che, suppongo, fosse lì ad accompagnare la prole. Chi, invece, è riuscito a gustare la baldoria in questo tipo di evento, è certamente rimasto più che soddisfatto. Obiettivamente, è sempre showbiz, e questi qui sono degli esperti.
Per quanto riguarda lo show visivo, c’è un’evidente maestosa ricerca creativa dietro tutto – dalle luci, al set meccanizzato ai video prodotti da Clown (Shawn Crahan, uno dei percussionisti). Per gli entusiasti del macabro e del grottesco, c’è di tutto. Le luci, stranamente, creano delle scene colorate veramente interessanti, spesso solo per qualche secondo, per poi riprendere l’assalto frontale che ci vuole con questo tipo di musica. Sarebbe stato molto interessante poter vedere la produzione completa, con i pod aggiuntivi.
Per quanto riguarda l’audio, il livello varia tra il vulcanico e il termonucleare. Nei brani che abbiamo ascoltato osando togliere i tappi, il mix era veramente completo e nitido: ogni piccola parte aveva il suo giusto spazio nel mix e Nicholls ha fatto un ottimo lavoro, nonostante il volume davvero infernale. Non c’è ovviamente niente da dire per quanto riguarda la copertura o qualche mancanza di pressione sonora in zone delle venue, sia per la forma della sala (senza posti laterali e non troppo profonda per i K1), ma anche per il fatto che, come dice lo stesso Nicholls, era tutto davvero “fuckin’ loud”!
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