Radiotecnica per tecnici audio - Antenne Direttive - Parte 5
Antenne Direttive
di Enrico ”Flynt” Mambella
Parliamo ora delle antenne direttive. Quelle che usiamo noi sono di due tipi: LPDA (Log-Periodic Dipole Array) e elicoidali.
Antenne LPDA
Andiamo prima a vedere come funziona una log-periodica (la così detta “paletta”). Essa consiste in un sistema di elementi pilotati, nessuno dei quali è però attivo esattamente sulla frequenza degli altri. Questa antenna presenta l’interessante caratteristica di un guadagno costante (anche se non elevatissimo) ed un basso ROS (Rapporto di Onda Stazionaria) entro una banda piuttosto ampia di frequenze. Anche la resistenza di radiazione e il rapporto avanti/retro restano costanti sull’intera banda.
La struttura radiante della log-periodica consiste in un certo numero di dipoli la cui lunghezza e spaziatura variano in progressione geometrica ben precisa. Ciascun elemento è collegato alla linea di trasmissione in modo alternato e la banda operativa dell’antenna è sostanzialmente definita dall’elemento più lungo (circa mezza lunghezza d’onda alla frequenza più bassa) e dall’elemento più corto (che è sempre mezza lunghezza d’onda ma alla frequenza più alta).
Cambiando frequenza si realizza una traslazione graduale verso la schiera di dipoli della zona realmente operativa, in quanto la potenza applicata agli elementi è massima nel settore in cui la loro lunghezza è vicina a λ/2.
(λ rappresenta, come di consueto, la lunghezza d’onda). Gli elementi non operativi della schiera si comportano come elementi passivi e fungono così da riflettori (quelli dietro) e direttori (quelli davanti).
Gli elementi possono essere costruiti in strip-line di rame di un certo spessore, su materiale non conduttivo.
Ovviamente nel nostro campo queste antenne possono irradiare un vario numero di frequenze, entro un certo range.
Il guadagno di una log-periodica può anche superare i 7 dBi, avendo come controparte la sua lunghezza. Ciò giustifica la necessità di scegliere un compromesso tra guadagno e larghezza di banda.
La polarizzazione è lineare: orizzontale o verticale, secondo il piano di montaggio. Un ottimo compromesso, consigliato anche dalle case produttrici, è inclinarle lateralmente secondo il loro asse a 45°, in modo da riuscire ad assecondare maggiormente l’antenna del trasmettitore che può variare polarizzazione secondo i movimenti del trasmettitore.
Vediamo ora quali sono le principali LPDA utilizzate nelle trasmissioni audio.
Uno dei modelli più diffusi è Shure UA847E, un’antenna attiva (richiede un’alimentazione di polarizzazione attraverso il cavo coassiale) con un guadagno di 7,15 dBi (in asse) modificabile con booster integrato (−6, 0, +6, +12 dBm). Ha un diagramma di radiazione polare ampio, circa 70°, e copre il range da 470 a 790 MHz. Esiste anche la versione WB (wide-band) che arriva a 900 MHz.
La sua corrispondente passiva, PA805SWB, ha un guadagno di 6,6 dBi in asse e anch’essa ha un ampio lobo di radiazione polare. Copre il range di frequenze da 470 a 870 MHz. Essendo passiva, può essere usata anche in trasmissione con qualche watt di potenza (con le antenne attive, la potenza RF brucerebbe il booster LNA incorporato).
Un originale tipo di LPDA è proposto da RF Venue: il modello Diversity Fin. È un’antenna direttiva molto interessante perché combina in un’unica soluzione due diversi tipi di antenna, offrendo così la possibilità di realizzare un sistema diversity in una singola unità. Si tratta essenzialmente di un’antenna direttiva passiva, ma con l’aggiunta sui due lati di due antenne a dipolo da λ/4 orizzontali (detti stili). La direttiva verticale riceve le onde elettromagnetiche in polarizzazione verticale, mentre i due stili orizzontali ricevono i segnali in polarizzazione orizzontale. Infatti è dotata di due uscite BNC, una per ogni tipologia di antenna. Ha un range da 470 a 698 MHz. La LPDA ha un lobo di radiazione di 140° e un guadagno in asse di 7 dBi, mentre il dipolo completo ha un lobo di 100° e un guadagno in asse di 3,8 dBi circa. È particolarmente indicata per ambienti chiusi.
Concludiamo il discorso sulle antenne LPDA con una delle direttive attive più interessanti e performanti sul mercato: l’antenna Wisycom modello LFA-B (o -N, a seconda del connettore). Ha un design molto particolare, con ampie feritoie tra gli array di dipoli, che la rende molto resistente al vento. Lavora in un ampio range di 410-1300 MHz. Il guadagno è gestito da un LNA (low-noise amplifier: amplificatore a basso rumore/booster) controllabile da remoto, tramite il cavo coassiale, dal programma Wisycom Manager, ed è variabile da −12 a +27 dBu, per step di 1 dB. Da notare che, oltre al booster, ha un filtro RF integrato, anch’esso configurabile dal programma in varie opzioni: a larghezza di banda fissa con pendenza molto ripida (SAW) con un range di 470-700 MHz e 960-1160 MHz, oppure con tre tipi di passa-basso e tre tipi di passa alto. Poi c’è un filtro passa-banda sintonizzabile da 410 a 730 MHz, anche esso con pendenza ripida con una larghezza di banda fissa di 40 MHz. Con l’LNA spento presenta un guadagno di 7 dBi e una caratteristica polare con un’apertura di 120° sul piano orizzontale e di 90° sul piano verticale. Il rapporto fronte/retro è di 10 dB. L’antenna ha la possibilità di essere spenta o accesa (sempre da remoto) ed è impermeabile alla pioggia.
Antenne elicoidali
Passiamo ora alle antenne elicoidali.
Il loro inventore è J.D. Kraus (W8JK). Si tratta, in sostanza, di uno o più conduttori avvolti a elica, in genere davanti a uno o più piani riflettori. L’antenna a elica è essenzialmente un’antenna a larga banda, il che elimina drasticamente problemi di ROS; la gamma operativa può infatti raggiungere un rapporto di 1,7:1 in frequenza. Il diagramma di radiazione è un lobo ben definito, sia sul piano orizzontale (E) che su quello verticale (H). Le proprietà di un’antenna elicoidale sono determinate dal diametro della spirale e dal suo passo. Il guadagno dipende essenzialmente dal numero di spire. Il diametro del riflettore dovrebbe essere almeno pari alla lunghezza d’onda del centro banda del range. Il diametro dell’elica è invece approssimativamente λ/3 e il passo circa λ/4. Il massimo guadagno si ottiene quando ciascuna spira è lunga 1,2⋅λ.
In linea di massima comunque, possiamo dire che più è lunga la parte elicoidale (quindi più spire), più “lungo” e stretto sarà il suo lobo di radiazione e, come detto, il suo guadagno. Al contrario, un’antenna più corta avrà un guadagno più basso, ma un lobo di radiazione più ampio su entrambi i piani. La polarizzazione è ellittica e può essere destrorsa o sinistrorsa, a seconda del senso di avvolgimento dell’elica. Quest’ultima può essere realizzata in filo di rame o in strip-line, sempre di un certo spessore, in rame.
Vediamo ora i modelli che sono più in uso.
L’elicoidale maggiormente usata, per robustezza e prestazioni, è la Helical Antenna di Professional Wireless. Copre un range di frequenze da 470 a 900 MHz, ha un guadagno di 14 dBi e un lobo di radiazione non molto largo. È abbastanza direttiva (la casa produttrice dichiara un’apertura di 63°). È costruita principalmente da un “tubo” in plexiglass con un riflettore circolare dietro. Ha cinque spire avvolte in lamina di rame e uno stub di adattamento d’impedenza dietro, attaccato tra il connettore BNC e l’inizio della prima spira.
Si usa principalmente in trasmissione, ma va bene anche in ricezione (anche se il lobo è un po’ stretto). Tiene più di 10 W.
RF Venue propone invece il modello CP BEAM, un’antenna elicoidale più corta, rivestita in stoffa e ripiegabile per il trasporto (quindi molto compatta). Opera su una gamma di frequenze da 470 a 698 MHz. Il lobo di radiazione apre 63° in orizzontale e 70° in verticale. Ha un guadagno di 11 dBi. Come la precedente, può essere usata, se necessario, anche in ricezione.
Un’altra antenna che merita interesse è la Sennheiser A 5000-CP. È anch’essa una elicoidale corta, provvista di una copertura emisferica di protezione, normalmente chiamata “radome”, in materiale acrilico nero ininfluente in RF. Ha una gamma operativa di frequenze da 450 a 970 MHz, un guadagno di 8 dBi e una potenza massima applicabile di 50 W. Il connettore di ingresso, diversamente da quelle viste in precedenza, è un connettore “N”, spesso utilizzato nel broadcasting professionale. La caratteristica principale di questa antenna è che, essendo corta, ha un lobo di radiazione molto largo su entrambi i piani, ciò consente di coprire palchi molto grandi, anche con passerelle (sperimentato di persona!).
Concludendo, sulle antenne direttive occorre dire che, per ovvi motivi, se usate in linea sul palco è ottima norma disporre le due riceventi in posizione arretrata, rispetto a quella trasmittente, che deve stare più avanti.
Booster
I booster (LNA) esterni ci vengono in aiuto quando vogliamo per vari (e ovvi) motivi, trasformare un’antenna passiva in una attiva, con un certo guadagno. Questi vanno connessi il più possibile vicino all’antenna, all’uscita si collega poi il cavo coassiale. Il guadagno varia in base ai modelli, generalmente +3, +6, +12 dB. Una cosa importante è che per funzionare i booster devono ricevere l’alimentazione di polarizzazione (+12 V/300 mA) tramite il cavo. Hanno naturalmente connettori BNC femmina.
Cavi
Premettiamo che in RF, più si sale in frequenza e più aumentano le perdite sul cavo coassiale.
Nel nostro campo, il cavo più conosciuto, purtroppo, è RG-58 (RG = Radio Guide). Esso andrebbe usato solo per brevi codini di rilancio tra un ricevitore e l’altro, o per lunghezze massimo di 3 m, perché in gamma UHF questa tipologia di cavi presenta molte perdite. Rimanendo sui cavi da ø 5 mm, già usando un RG8-CU la situazione migliora significativamente, anche se oggi ci sono in commercio ottimi cavi da 5 mm, come HyperFlex 5, della italiana Messi & Paoloni.
Già con questa scelta le perdite diminuiscono molto, ma per impieghi professionali dove le tratte arrivano anche a 25 m è d’obbligo usare cavi come Ultraflex-7 (da ø 7 mm), il classico RG-213 o il tanto blasonato e performante LRM-400 (entrambi da ø 10 mm).
Per lunghezze di 40 m o superiori è necessario usare un cavo tipo CellFlex da 1/2” con conduttore pieno, schermo in corrugato di rame e dielettrico in schiuma espansa.
Un buon cavo dovrebbe avere un conduttore centrale in rame, un isolamento in teflon, una fitta calza e, sopra, un rivestimento in lamina di rame. Sulla flessibilità del cavo, oltre al diametro conta molto il tipo di conduttore centrale, se intero o trifolato. Ricordiamoci comunque che, a causa dell’effetto pelle, il segnale a radiofrequenza scorre solo su un sottile strato in corrispondenza della superficie del conduttore.
L’impedenza, naturalmente, deve essere di 50 Ω e non 75 Ω.
L’impedenza di un cavo è determinata dal rapporto tra il diametro del conduttore centrale e quello della calza, oltre che dal tipo di dielettrico isolante.