Pasquale Quadri
Intervista a Pasquale Quadri, vincitore insignito del Premio alla Carriera ai MIPA-PIPA Awards
Il 13 marzo 2014, in concomitanza con il Prolight+Sound/Musikmesse di Francoforte, il fondatore di Clay Paky Pasquale Quadri è stato insignito del Premio alla Carriera ai MIPA-PIPA Awards, prestigioso riconoscimento conferitogli dai professionisti della stampa internazionale.
Benché poco avvezzo alle luci (quelle della ribalta), Pasquale Quadri è riconosciuto da tutti i professionisti dell’illuminazione come l’ideatore di tutti i più innovativi prodotti del marchio Clay Paky, ovvero colui che, negli anni, ha impresso più di una spinta decisiva allo sviluppo di questo settore.
L’interesse per l’ottica e l’elettro-meccanica è testimoniato fin dai primi anni Settanta, quando, accanto all’attività di musicista, Pasquale si diletta a costruire, nel garage di casa, degli effetti luce speciali che ricava da proiettori di diapositive Rollei da usare durante le esibizioni della sua band. Tale passatempo si trasforma presto in una vera e propria attività e nel 1976 viene fondata Clay Paky, che registra da subito un’attività frenetica lavorando nell’ambito delle discoteche, a quel tempo in forte espansione.
E le innovazioni non tardano ad arrivare: Astroraggi, Astrodisco, Astrospider divennero rapidamente popolari in tutto il mondo, vere e proprie icone del settore del clubbing. Negli anni Ottanta è, invece, la volta del Golden Scan, il primo apparecchio a specchio mobile con motori passo-passo, che viene successivamente declinato da Quadri nelle varianti Super Scan e Mini Scan, il miglior scanner compatto mai progettato.
Quando, negli anni ‘90, gli scanner perdono il loro fascino a vantaggio delle teste mobili, Quadri attende pazientemente la scadenza del brevetto Vari*Lite per proporre al mercato le sue prime teste mobili. Per molti sarà superfluo ricordare i fatti degli ultimi anni: determinato a dare nuova vita alla tecnologia della lampada a scarica quando tutto il settore sembra orientarsi verso il LED, Quadri fa conoscere al mercato lo Sharpy, innescando, così, una nuova rivoluzione nel settore Luci, seguito dal pluripremiato B•Eye che non necessita di ulteriori presentazioni.
Tirando, dunque, le somme di questa ammirevole carriera, negli anni Clay Paky ha depositato, a nome di Paquale Quadri detto “Paky”, più di 50 brevetti, aggiudicandosi più di 50 riconoscimenti nel settore; un’azienda che, in 37 anni di attività, può vantare una coerente proprietà e gestione che è anche sinonimo di affidabilità riconosciuta a livello globale.
Ultimo, ma non meno importante, merito che va senz’altro riconosciuto a Pasquale Quadri, quello di non aver mai ceduto alla tentazione di trasferirsi altrove, nonostante i suoi principali concorrenti internazionali non abbiano, negli anni, mancato di mostrare un forte interesse nei suoi prodotti, copiando molte delle sue soluzioni più innovative.
Data questa recente premiazione, il momento risulta perfetto per pubblicare l’intervista a “Paky” che noi di Sound&Lite, già da tempo intenzionati ad omaggiare la sua esemplare carriera, gli abbiamo “estorto” quando lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di Seriate. Tengo molto a pubblicare questa intervista perché, nella mia travagliata vita professionale, ho avuto modo di seguire tutto il percorso del marchio bergamasco e Paky – mi prendo questa licenza confidenziale – è un personaggio molto serio e concreto, leggermente diverso dai suoi colleghi, sempre attento alla forma e alla sostanza delle cose, è riuscito a creare un marchio e a portarlo ai vertici a livello mondiale.
Chiediamo a Paky di raccontarci la sua storia dagli esordi professionali:
“Quando ero militare a Udine – racconta Quadri – ho avuto modo di andare a vedere un concerto di un gruppo straniero in auge a metà degli anni Sessanta. Vidi per la prima volta degli effetti colorati strani e, visto che ero un appassionato di cinema e di fotografia, con molta curiosità mi avvicinai a guardare come facevano ad ottenere quel effetto. Vidi l’operatore luci che versava un liquido oleoso e colorato all’interno di un faro e, molto artigianalmente, riusciva ad ottenere quel risultato che allora si identificava come effetto psichedelico.
“Finito il militare – continua Quadri – visto che in quei tempi facevo parte di un gruppo musicale che faceva serate in tutta Italia (ed il nostro impresario dell’epoca era Suraci, oggi presidente di RTL 102.5), rispolverai quell’idea. Presi un proiettore per diapositive Rollei, lo svuotai di tutto il suo contenuto interno, inserii davanti alla lampada un disco con dentro un liquido oleoso e colorato. Portandolo in giro, cominciai subito a vendere degli esemplari ai miei colleghi musicisti o in qualche locale in cui suonavamo”.
Quando avvenne la nascita di un “mercato”?
Il salto di qualità avvenne quando le richieste aumentarono: acquistavo stock di dieci proiettori di diapositive Rollei presso il negoziante di materiale fotografico, li modificavo e li vendevo. Poi iniziai a costruire qualcosa di completamente mio, feci fare degli stampi e feci il mio primo prodotto: il CP‑LX3. In quegli anni Settanta le discoteche stavano avendo il loro primo boom e era facile vendere effetti luce rotanti e altre cose simili; c’erano due ditte spagnole che la facevano da padrone: la Cremesa e la Satel, assieme alla romagnola Amplilux.
Poi nacque Clay Paky…
Quando fondai Clay Paky, nel 1976, lo feci per cimentarmi in una costruzione mia, dicendomi: “perché utilizzare tante lampade all’esterno quando, con una sola lampada all’interno, si può fare lo stesso effetto?”. Così nacque l’Astrodisco, una fusione in alluminio circolare con una lampada in mezzo e tante lenti nella sua circonferenza, e con quel prodotto cominciammo le nostre prime esportazioni all’estero. Il modello venne poi seguito dall’Astroraggi, che aveva dei movimenti rotativi sia in senso orizzontale che verticale, e quella fu l’apoteosi, un successo inimmaginabile. Senza dubbio furono i due prodotti che sdoganarono il marchio Clay Paky all’estero. Poi arrivò il momento del Golden Scan.
Il Golden Scan rappresenta una pietra miliare nell’evoluzione delle tecnologie per l’illuminazione scenografica...
Sì ma non ne fui entusiasta da subito. Ricordo che, appena mi portarono i primi prototipi, dissi che sembrava un bidone del latte per via della sua forma tonda con la lente in cima. Funzionava però egregiamente, era qualcosa di nuovo ed ebbe successo da subito. Seguirono le varie versioni e perfezionamenti che portarono al Golden Scan III, anche quello un successo mondiale soprattutto perché venne adottato dal settore dei tour.
Poi arrivò il Testa Mobile…
Esattamente. Nei primi anni duemila arrivò la moda del testa mobile. Capitò in un momento in cui eravamo impegnati a traslocare l’azienda nella sua nuova sede di Seriate. Furono due anni con momenti difficili da gestire. Non volevo assolutamente violare il brevetto di Vari*lite, ancora valido, però tutti volevano le teste mobili. Passato quel momento, mi rimboccai le maniche e diedi una svolta definitiva ideando la serie Alpha, apparecchi piccoli e leggeri, con un fascio di luce molto potente. Ricominciammo a risalire la china fino ad arrivare al successo degli ultimi anni con il Alpha Beam 300, lo Sharpy e, oggi, il B•EYE.
Sei contento dei risultati di oggi?
Come potrebbe essere diversamente? Dal 2009 il fatturato cresce continuamente con percentuali annue a due cifre. Abbiamo un grande successo nel mercato dei tour di tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti che nel passato erano un po’ difficili per Clay Paky. I lighting designer più importanti apprezzano molto i nostri prodotti, soprattutto perché sono sempre nuovi e loro sono alla ricerca continua di novità. Ogni anno decine di LD vengono a trovarmi a Bergamo e parlando con loro mi vengono nuove idee e capisco meglio quello che può servire. Ho una squadra di collaboratori appassionati e competenti, fra di loro molto affiatati.
Ovviamente sono ulteriormente motivati dal successo che abbiamo e dal rispetto con cui clienti e concorrenti ci guardano. Personalmente sono in un periodo molto creativo, con mille idee per nuovi prodotti. Però mi freno perché devo lasciare ai clienti che ci hanno dato fiducia il tempo di recuperare il loro investimento. Il nostro è un settore professionale, non di prodotti consumer.
Negli ultimi anni i riconoscimenti arrivano a iosa...
I miei nuovi prodotti vengono sempre premiati. A parte Sharpy che è stato un successo straordinario, anche B•EYE ha fatto l’en-plein, vincendo a Londra, LDI e anche Francoforte. Clay Paky è l’unica azienda nella storia di LDI che ha vinto per tre anni di seguito il premio del miglior prodotto luci. Comunque, la soddisfazione più grande viene dalla visibilità internazionale del nostro successo: siamo sempre presenti sugli eventi come le Olimpiadi, i tour degli artisti veramente più famosi sia a livello mondiale che nei singoli paesi.
Alfio, lo sai qual’è l’unico mio rammarico? È il fatto che ci siano così tante copie in giro dei miei prodotti. Non c’è nessun rispetto della proprietà industriale e questo impoverisce il mercato. Comunque l’unica arma è guardare avanti e non fermarsi con l’innovazione.
Ho sentito parlare anche di un museo della luce, di cosa si tratta?
È già da un paio d’anni che stiamo lavorando a questo progetto; voglio realizzare un museo della luce per lo spettacolo con oggetti, fotografie, filmati. Ci saranno i prodotti Clay Paky ma non solo. Anche quelli dei concorrenti, quelli che hanno fatto la storia.
Il sogno nel cassetto di Paky?
È un sogno ambizioso, ma sognando è possibile arrivare ovunque. Diciamo che attualmente siamo già sul podio assieme ai grandi costruttori di luci per lo spettacolo, ma vorremmo guadagnarci il gradino più alto.
contatti: Clay Paky
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