EQ on / EQ off – seconda parte
Come, quando e perché...
In questa seconda puntata parleremo degli equalizzatori di seconda e terza generazione, e più esattamente di quelli normalmente chiamati ‘grafici’ e ‘parametrici’.
Gli equalizzatori grafici
Logicamente, i primi ad essere sviluppati sono stati quelli grafici. La loro caratteristica più importante, anche se invisibile per l’utilizzatore, è che questa tipologia di filtri è basata su elementi risonanti.
Cerchiamo di chiarire questo concetto.
Tutti i filtri di cui abbiamo parlato fino ad ora erano basati su semplici celle RC (resistenza e condensatore) anche se usate in modo spesso complesso.
I filtri RC agiscono tipicamente da una frequenza in poi, attenuando o esaltando in modo continuativo, ed anche la fase ruota in modo similare (figura 1).
Un filtro risonante, al contrario, agisce su una singola frequenza (e in modo ridotto sulle frequenze vicine) mentre la curva della fase mostra una caratteristica forma ad ‘N’ (figura 2).
Figura 3: i grafici sono indicativi, disegnati in questo modo per evidenziare i problemi descritti nel testo.
Un particolare importante da considerare: se si osserva bene la cuspide della curva (visibile più chiaramente in caso di esaltazioni/attenuazioni molto al limite) si nota che in un filtro RC la cuspide è tondeggiante mentre in un filtro risonante è piuttosto appuntita (figura 3).
Come effetto derivato, la curva di variazione della fase sarà molto accentuata (più la banda passante del filtro è stretta più la variazione della fase è repentina) e, come si sa, le variazioni di fase molto brusche generano una notevole degradazione del suono.
Vediamo adesso come sono realizzati i filtri grafici (figura 4).
Figura 4: equalizzatore grafico con induttanza (è indicata una sola banda).
Sono abbastanza semplici: un solo stadio di amplificazione con una serie di potenziometri con presa centrale connessi in parallelo.
La sezione di ingresso, passiva, (lavora in attenuazione) è un normale partitore resistivo formato da R1 ed R2, mentre R3 ed R4 sono la rete di controreazione (lavora in esaltazione). Poiché R1 = R3 ed R2 = R4, il guadagno dello stadio è uguale all’attenuazione del partitore di ingresso per cui il guadagno totale è uguale ad 1. Questo filtro, tra l’altro, ha il vantaggio di non invertire la fase. I gruppi induttanza/condensatore formano gli elementi risonanti sulle varie frequenze e vengono inseriti in esaltazione o attenuazione tramite i potenziometri.
I primi filtri di questo tipo erano ad ottave (10 controlli) poi si è passati a mezza ottava ed a terzi di ottava (31 controlli); questo costringeva ad usare 2 o 3 stadi in cascata sia per non avere grandi interferenze tra i filtri con frequenze molto vicine sia per non attenuare troppo il segnale e doverlo poi amplificare molto con relativo aumento del rumore di fondo.
Dal punto di vista costruttivo questi filtri presentano due problematiche.
La prima riguarda i potenziometri di controllo, perché per avere una variazione in dB più o meno lineare occorre utilizzare potenziometri particolari con presa centrale e curva mezza logaritmica e mezza logaritmica inversa. Potenziometri di questo tipo non sono componenti commerciali, ovvero devono essere costruiti appositamente.
La seconda riguarda la costruzione delle induttanze, molto costose e con notevoli tolleranze di produzione; questo porta a lunghi test, ad un notevole sfrido di materiali e quindi ad innalzamenti dei costi. Questo problema ha trovato soluzione sostituendo le induttanze con circuiti elettronici (detti giratori, estremamente semplici ed economici, figura 5) che ne simulano il funzionamento, anche se con qualche limitazione. I giratori generano un notevole rumore di fondo (noise), anche se questo è un problema relativo perché il rumore generato viene immesso nel circuito solamente quando quel filtro viene attivato e non ha alcuna influenza quando i potenziometri sono in posizione 0.
Figura 5: equalizzatore grafico con giratore (è indicata una sola banda).
La simulazione dell’induttanza non è perfetta, come si può vedere in figura 6.
Figura 6: i grafici sono indicativi, disegnati in questo modo per evidenziare i problemi descritti nel testo.
In particolare, la curva di risposta di un filtro con induttanza torna a zero agli estremi della banda acustica utilizzata mentre quello con giratore no (specialmente a frequenze più alte della risonanza) e questo crea molti problemi di interferenze con i filtri adiacenti.
Questi equalizzatori grafici suonano molto bene (specialmente quelli ad ottave e con induttanze) quando la correzione non è spinta e non vengono usate contemporaneamente frequenze vicine. Lo stesso non si può certo dire di quelli a terzi d’ottava, sia perché sono tutti realizzati con giratori sia perché i filtri sono con banda estremamente stretta.
I filtri grafici, pur essendo un’evoluzione rispetto ai semplici filtri tradizionali, presentano un grosso limite: in questi filtri non è possibile variare il Q (la larghezza della banda in cui agisce il filtro). In effetti il Q potrebbe essere variato, anche se in modo limitato, ma solo in fase di progettazione e non dall’utente. Se si deve fare una correzione su una banda acustica estesa si è costretti ad utilizzare contemporaneamente più filtri con frequenze vicine e spesso la somma di questi filtri crea un effetto sonoro disastroso. Nella prossima puntata vedremo quali sono le problematiche di questi filtri specialmente quando se ne fa un uso improprio.
I filtri parametrici
Arrivati a questo punto, il passo successivo può essere solamente uno: gli equalizzatori parametrici.
Nati circa 30 anni fa, sembrerebbero la soluzione definitiva. Scrivo “sembrerebbero” perché se da un lato offrono un’eccezionale versatilità di utilizzo, dall’altro lato comportano spesso un grave decadimento della qualità del segnale elaborato.
Bisogna anche tener presente che in tutto questo lasso di tempo questi equalizzatori non hanno mai avuto uno sviluppo circuitale per cui quelli di produzione recente, a parte la componentistica e l’estetica, sono del tutto simili a quelli di prima generazione.
Per questo motivo gli equalizzatori parametrici dovrebbero essere utilizzati quasi esclusivamente per pura effettistica o per correggere qualche particolare problema, mentre per altri usi più impegnativi dal punto di vista qualitativo (archi, voci, mastering ecc) sarebbe meglio utilizzare equalizzatori tradizionali.
Iniziamo ad analizzare come è fatto e come funziona un equalizzatore parametrico.
La prima cosa che si nota (figura 7) è che viene utilizzato uno stadio di amplificazione per ogni banda (normalmente quattro) e questi stadi sono collegati in cascata. Come è noto, ogni stadio di amplificazione comporta un deterioramento del segnale (rumore di fondo, distorsione ecc), per cui utilizzando quattro stadi il segnale verrà deteriorato quattro volte. Inoltre, essendo i quattro stadi in cascata, gli stadi successivi amplificheranno il deterioramento ed il rumore degli stadi precedenti.
Figura 7: schema a blocchi di un equalizzatore parametrico a quattro bande.
Ogni singolo stadio inverte la fase per cui utilizzando 4 stadi la fase di uscita è uguale a quella di ingresso.
Il modulo filtro (normalmente un filtro a stato variabile) rimane sempre inserito nel circuito con la sua uscita al massimo del livello, introducendo una notevole quantità di rumore di fondo anche quando questo filtro non viene utilizzato (figura 8).
Figura 8: dettaglio su una singola banda di equalizzatore parametrico.
Il segnale di ingresso del modulo filtro viene prelevato da una somma/sottrazione dei segnali di ingresso e di uscita del filtro stesso. Questo non crea problemi quando il filtro è in posizione 0 (escluso) perché i segnali di ingresso e uscita sono perfettamente uguali ma in controfase, per cui si cancellano. Quando il filtro viene attivato (esaltazione/attenuazione) i segnali di uscita non sono più uguali ed in controfase rispetto a quelli di ingresso, proprio perché influenzati dal filtro, per cui le variazioni di risposta e di fase vengono riportate all’ingresso del modulo filtro e si sommano creando non solo un notevole deterioramento del segnale ma, qualche volta, addirittura generando delle auto-oscillazioni del filtro stesso.
Se per errore viene esaltata la stessa frequenza su due stadi differenti, queste esaltazioni vengono sommate mandando spesso il filtro in overload.
Recentemente è stata progettata e brevettata una nuova configurazione di filtro parametrico che, eliminando i problemi finora discussi, permette di ottenere un equalizzatore parametrico senza alcun problema di decadimento del segnale audio anche in presenza di correzioni estreme. Questo filtro è configurato in parallelo e non in serie, per cui utilizza un solo stadio non quattro. L’amplificatore di filtro è sempre escluso dal circuito e viene inserito solamente quando viene utilizzato – e solamente nella quantità utilizzata – come succede nei filtri grafici.
La particolarità più importante sta nel fatto che il segnale di ingresso del modulo filtro viene sempre prelevato in un punto del circuito precedente all’equalizzazione, dove è presente un solo segnale completamente privo di variazioni di livello e di fase. Inoltre il controllo di livello è doppio perché agisce contemporaneamente sull’ingresso e sull’uscita del modulo filtro.
Questa configurazione di equalizzatore apre nuovi orizzonti perché, accoppiando alla versatilità di un equalizzatore parametrico il top della qualità, permette l’utilizzo di un solo tipo di equalizzatore per tutte le più svariate applicazioni, anche le più gravose e qualitativamente impegnative.
Dopo aver enumerato – lo ammetto, con qualche punta di sadismo – tutti i vari difetti, parliamo anche dei pregi di questi equalizzatori.
Il primo grande vantaggio dei filtri parametrici sta nella possibilità di variare la frequenza utilizzando un semplice potenziometro doppio con un range da 1 a 10, e questo permette con 4 filtri di coprire tutta la banda acustica anche con notevole sovrapposizione delle bande stesse. Questo evita la necessità, come nei filtri a terzi di ottava, di dover ricorrere a 31 controlli impossibili da installare su un pannello di piccole dimensioni come, per esempio, il canale di un mixer.
Un secondo vantaggio è che sulle bande estreme è possibile cambiare la curva da filtro risonante (peak) a filtro passa-banda (shelf) con una semplicissima commutazione.
Il terzo è la possibilità di cambiare la larghezza di banda (Q) del filtro, e questo permette un vastissimo range di applicazioni impossibile con altri filtri.
Ma in questo ci addentreremo nella prossima puntata.