Doha Tribeca Film Festival
In Qatar, il Doha Tribeca Film Festival – l’annuale celebrazione del cinema del Doha Film Institute.
di Louise Stickland
A soli tre anni dalla sua nascita, nella città di Doha, in Qatar, il Doha Tribeca Film Festival – l’annuale celebrazione del cinema del Doha Film Institute – si è guadagnato un posto di tutto rispetto tra gli eventi internazionali cinematografici quale eccellente vetrina dei migliori film arabi ed internazionali.
Quest’anno all’evento le emozioni sono iniziate la sera dell’apertura con il debutto mondiale di Black Gold di Jean Jacques Annaud, co-prodotto da Quinta Communications di Tarak Ben Ammar e dal Doha Film Institute. Il glamour del red carpet è stato completato dall’ambiente veramente romantico della principale venue dello screening: il Katara Open Air Theatre. Questo teatro sotto le stelle, con capienza di 2000 persone, è situato nel Villaggio Culturale Katara e si affaccia sulle acque azzurre del Golfo Persico. In termini estetici, è il drive-in che si fonde con un capolavoro industriale moderno.
È stato necessario mettere in piedi un’operazione di produzione tecnica massiccia per creare e consegnare il Katara Open Air Theatre, una delle nove sale di proiezione, di cui sette temporanee, utilizzate durante quest’evento di cinque giorni, ed è stato possibile grazie ad un’incredibile collaborazione che ha sfruttato le competenze, i talenti, le risorse e l’esperienza di un gruppo di creativi, ingegneri, tecnici, operai e amministratori uniti da un comune obiettivo: costruire un ambiente bello ed unico che avrebbe reso memorabile l’esperienza del Festival. L’allestimento è iniziato con sei settimane di anticipo sull’evento ma, come sempre succede in questi casi, i dettagli si sono materializzati soltanto durante le ultime frenetiche 48 ore.
In quelle 48 ore, ogni dipartimento si è dovuto concentrare sul proprio compito specifico: strutture, moquette, luci, audio. Al vertice della piramide di tutti i servizi c’era Michael Petrovich, il Direttore di Produzione degli Eventi del Doha Film Institute, un americano affascinante e imperturbabile che ora abita a Doha.
L’enorme struttura arcuata temporanea dell’Open Air Theatre è stata costruita su misura, un vero e proprio spettacolare esempio di ambizione architettonica. È stata progettata da Jeremy Thom, un architetto inglese trapiantato nello stato di New York che lavora molto nel mondo del teatro e del circo. La struttura è poi stata costruita da Al Laith Event Services, l’azienda locale più specializzata in strutture temporanee, insieme all’azienda inglese Serious Stages.
L’arco d’acciaio principale attraversava l’intera larghezza di 83 metri del teatro e arrivava ad un’altezza di 43 metri. Nonostante la grandezza, il teatro ha mantenuto la grande intimità propria dei cinema.
Le dotazioni del teatro superavano i più grandi desideri della maggior parte dei teatri permanenti e, tra le altre sfide di ingegneria che questo progetto ha comportato, il palco e lo schermo sono stati costruiti estendendosi per 25 metri sul mare.
Il settanta per cento delle risorse della produzione del Festival è stato reperito in Qatar e in Medio Oriente, ma c’era un forte contingente di talenti internazionali provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti e in più persone sudafricane e australiane. C’è stato un incredibile lavoro di squadra e, in certi momenti, si sono trovate a lavorare sul posto anche più di 500 persone contemporaneamente.
La costruzione
Al Laith Event Services aveva lavorato già all’edizione 2010 del Doha Tribeca Film Festival, per il quale aveva costruito il primo Teatro Open Air nello stesso posto. Quest’anno le posizioni del palco, dello schermo e della tribuna sono state girate di 180° per permettere al pubblico di ammirare anche il panorama del golfo e dello scintillante gruppo di grattacieli sull’altro lato della baia.
A capitanare la squadra di Al Laith quest’anno è stato Jo Marshall, il direttore della divisione di servizi per eventi Al Laith, il direttore del progetto Ross Cameron, il direttore della costruzione, John Wilson, e l’amministratrice e coordinatrice della produzione, Karen Jordan. La squadra di preparazione è arrivata al sito a Katare a metà settembre, sei settimane prima dell’apertura. Questa squadra ha lavorato insieme a John Adkins, il direttore della produzione per l’Open Air Theatre, e alla sua squadra.
Due archi alti 26 metri – utilizzati per l’edizione del 2010 – sono stati reincorporati nel disegno di Thom, ma questa volta sembrano minuscoli in confronto all’arco principale.
Quando Thom ha deciso che look architetturale voleva, Jo Marshall ha chiesto all’ingegnere strutturale Dragan Kusmanov di progettare i componenti necessari per costruire l’arco.
Il risultato è stato la costruzione di un nuovo componente di trussing da parte di Al Laith e di Serious Stages, il Galaxy Truss, dei quali sono stati usati 54 pezzi, ognuno lungo cinque metri e tutti ad angoli leggermente diversi. Rigger e climber riescono a passare all’interno del Galaxy truss in piedi, un vantaggio enorme per chiunque deve appenderci degli apparecchi. L’acciaio classe S355 utilizzato per il Galaxy Truss è stato acquistato in Inghilterra e portato via aerea a Dubai per essere fresato e saldato, poi portato in camion a Doha.
Questi camion facevano parte di una carovana di 94 TIR provenienti da Dubai, a cui vanno aggiunti quattro container arrivati via mare ed uno per via aerea dal Regno Unito. Questo massiccio movimento di mezzi è stato necessario per poter costruire l’Open Air Theatre, una struttura ad arco per la biglietteria e due palchi coperti di cupole da 20 m posizionati sulla passeggiata lungomare, tutte strutture per ospitare eventi e ricevimenti per il Festival.
Il Galaxy Arch pesava 26 tonnellate. Era un doppio arco con arcarecci di acciaio da 7,2 metri che legavano i due archi. Ognuna delle 54 sezioni da cinque metri del Galaxy Truss è stata pre-montata con le luci dal service luci CCG e contrassegnata, così i rigger di Al Laith hanno solo dovuto attaccarla nell’ordine corretto.
Per erigere l’arco, le sezioni sopra sono state congiunte alla superficie sottostante e sollevate da tre gru: una da 500 tonnellate, una da 450 t ed una da 350; insomma non delle gru piccole.
Le sezioni superiori pre-collegate sono stata sollevate prima, gradualmente, dalla gru da 500 tonnellate e le altre sezioni sono state aggiunte dalla crew mentre le prime si alzavano. Le altre due gru si sono aggiunte ai lati quando la parte eretta ha raggiunto una certa larghezza.
Sotto la superficie del palco, l’arco principale e i due archi più piccoli sono stati tenuti da 80 tonnellate di zavorra in cemento e con il massiccio utilizzo di traverse.
Una squadra di dieci operatori dall’Atlantic Enterprises e da Serious Stages sono arrivati dal Regno Unito per assistere nella costruzione del Galaxy Arch. Il lavoro per sollevarlo è durato due notti ed è stato coordinato da Shane McCarthy di Atlantic.
Il fatto che le luci siano state pre-montate alle sezioni dell’arco si è dimostrato infinitamente comodo e ha risparmiato moltissimo tempo. Per arrivare in cima all’arco ci volevano 25 minuti per un rigger o climber esperto ed è stata obbligatoria l’istallazione di quattro luci di segnalazione ostacoli al volo.
Mentre la gloria dell’impatto visivo è andata tutta all’arco Galaxy, c’erano diversi altri elementi pratici ed ugualmente dettagliati incorporati nella struttura del teatro.
Questi comprendevano 1600 m² di zona backstage, coperta e con aria condizionata, ed altri 1100 m² di spazio sotto ai quali 800 m² costruiti in TSG Heavy Deck. L’intera zona backstage avrebbe potuto comodamente ospitare una festa di diverse migliaia di persone.
Tutta l’impalcatura e i componenti d’acciaio utilizzati sopra o vicino il mare sono stati verniciati con due mani di vernice anti-ossidazione e sono stati controllati quotidianamente per corrosione o problemi d’erosione della spiaggia.
In tutta la struttura – dalle tribune al backstage – c’era una rete labirintica di camminamenti e passerelle per permettere l’accesso a tutte le aree da parte della squadra tecnica. Il teatro aveva un assetto completo di camerini e sale backstage, uffici, toilette e, essendo 40 cm sopra il livello del mare alla marea massima, un eccellente juice-bar e terrazzo per la crew.
Tre ascensori sono stati integrati nella struttura. Il primo era nella zona backstage – sopra il mare – e serviva come montacarichi per accedere al palco. Ce n’erano altri due nelle tribune: uno serviva per portare i VIP in cima alla tribuna, mentre l’altro era un elegante ascensore funicolare operante su un’inclinazione da 54° per gli ospiti chiave.
La tribuna aveva una zona garage incorporata, con spazio per gli OB van, così che rimanevano discretamente nascosti all’interno della venue. La sala di proiezione misurava 6 m x 10 m e stava ad un’altezza di 22 m su un’impalcatura completamente indipendente dietro la tribuna principale. Questa struttura era fatta di ladder beam (traliccio a due barre principali ndt.) e travi verticali, per minimizzare le vibrazioni.
Blocchi di toilette VIP sono stati incorporati in fondo ai livelli superiori delle tribune. Una volta finito, l’intero pavimento della venue è stato coperto di moquette, decorato e preparato secondo il design di Jeremy Thom, senza tralasciare nessun dettaglio, e ha sicuramente raggiunto e superato gli standard di qualsiasi venue di alta classe.
Al Laith ha progettato anche un’appariscente scaletta a curve in stile industriale – completa di cinque pianerottoli – per collegare il palco al livello delle poltrone VIP. Nonostante le loro dimensioni, avvolgevano l’intero spazio dell’auditorio e offrivano un bel senso di accoglienza, fondamentale nel progetto di Thom.
Il palco stesso era di 36 m di larghezza e costruito di impalcatura standard Al Laith, con una mezza cupola aggiunta dietro. Lo schermo perforato da 20 m x 8,66 m – fornito da Showtex – si ritirava in un’apposita botola nella superficie del palco, perché il palco doveva anche funzionare per delle performance. Quando serviva lo schermo, quattro motori lo sollevavano in posizione.
Trenta dei migliori scaffolder di Al Laith sono arrivati da Dubai e hanno lavorato insieme a 40 scaffolder provenienti dal Quatar, tutti supervisionati dal caposquadra di Al Laith, Suresh Thapa. Il numero della crew Al Laith è arrivato a 120 persone durante i periodi più intensi dell’allestimento: per fortuna Dubai è solo a 45 minuti di volo.
Inoltre c’erano 12 carpentieri provenienti da Dubai e due master carpenter dal Regno Unito che hanno gestito tutti i dettagli, oltre a due specialisti in ascensori.
Un progetto così unico ed originale ha presentato delle sfide enormi. La scaletta delle operazioni e la logistica sono stati i veri rompicapo, insieme alle difficoltà del trasporto e dello scheduling dovute al tempo variabile – da quattro a otto giorni di tragitto dei camion da Dubai a seconda delle dinamiche alle frontiere. Era inoltre indispensabile mantenere una certa flessibilità per far spazio ai cambiamenti in corso d’opera che si profilavano dopo l’inizio dell’allestimento.
Jo Marshall ha commentato: “Siamo estremamente fieri di essere in questo progetto. Abbiamo costruito sopra le cose che avevamo imparato nel 2010 e penso che abbiamo consegnato un risultato spettacolare. È un’esperienza fantastica lavorare con professionisti come Michael Petrovich e Jeremy Thom, che hanno l’immaginazione e la sicurezza per sperimentare tecniche e produzione estreme”.
La proiezione
L’azienda americana specializzata in proiezioni Boston Light & Sound ha mandato una squadra di 19 tecnici per l’allestimento e ha fornito i proiettori a 35 mm per l’Open Air Theatre e tutti i sistemi di proiezione a pellicola e digitali per le altre sei venue temporanee del Festival, ma era anche responsabile della gestione dei sistemi di proiezione nelle altre due venue permanenti.
I proiettori della venue principale erano due Norelco FP20, molto customizzati, che montavano lampade Strong allo xeno da 7 kW e operavano come una coppia ridondante.
Il sistema di proiezione digitale comprendeva due Barco 32B 4K che montavano lampade allo xeno da 6,5 kW. Parliamo di un flusso luminoso emesso di 35.000 ANSI lumen, considerato il più potente ottenibile sul mercato.
Il materiale è stato salvato e gestito da due server 4K enabled DoReMi e dei riproduttori Sony HD, forniti da K2 Imaging di New York.
Tutti i cinema del Festival erano dotati di un flash player Alcon McBride per cortometraggi, sigle, ecc.
L’audio
Due sistemi audio sono stati installati nel Katara Open Air Theatre: uno surround per il cinema ed un impianto per il live che è stato usato per gli artisti della sera inaugurale e per Leona Lewis, che ha suonato la sera della chiusura. Entrambi questi sistemi sono stati forniti dal service audio CCG (Creative Communications Group) di Jalal Dudin.
Il sistema 5.1 surround era composto di elementi L‑Acoustics ed EAW. Era progettato da Boston Sound & Light e installato e gestito da CCG.
Dietro lo schermo sopra il palco, c’erano tre array di L‑Acoustics KUDO e sotto il palco 12 sub LA18, tutti pilotati da amplificatori LA8.
I due principali array surround comprendevano quattro EAW KF760, mentre lungo il fondo della tribuna alta c’erano otto coppie di EAW KF730. Tutto il sistema EAW era pilotato da amplificatori Lab.gruppen PLM 10000Q.
Al palco c’erano 36 monitor EAW e Meyer, e il pilotaggio del sistema surround avveniva attraverso un sistema Dolby Cinema. Con un totale di 128 diffusori, il sistema era uno dei più grandi sistemi surround esterno costruito fin ora.
L’impianto audio per i concerti era completamente indipendente e comprendeva array left & right di sei Meyer Sound Milo, con due HP700 sub appoggiati per lato. I frontfill erano NT29 EAW, e c’erano altri due SB1000 EAW per lato per avere, all’occorrenza, una riserva di potenza nelle basse frequenze. I sidefill sul palco erano gli EAW KF850. Un array centrale dedicato ai presentatori e agli annunci comprendeva sei EAW KF760.
Le consolle utilizzate al FoH e al palco per tutte le performance e le presentazioni erano due DiGiCo D5. CCG ha fornito inoltre una sostanziosa quantità di diffusori per il backstage del teatro Open Air, impianti per le altre venue e due reti in fibra ottica Optocore per l’audio e per le luci.
“La sfida al Katara Open Air Theatre – spiega Dudin – era fornire due sistemi indipendenti e molto diversi tra loro e adattarsi ai cambiamenti che inevitabilmente emergevano durante l’evoluzione della venue in costruzione”.
Le luci: 5.600 proiettori!
Il compito gigantesco del design delle luci architetturali, interne, quelle dello spettacolo e degli effetti è stato affidato ad Adam Bassett, che ha lavorato con il Festival dall’inizio nel 2009.
I numeri, per quanto riguarda le luci, sono stati da capogiro: 5600 proiettori! Tutti forniti da CCG in Doha e da PRG in Gran Bretagna. Questi erano sottodivisi in 700 testemobili, 3100 convenzionali e 1500 sorgenti LED, usati per illuminare 17 diverse aree del sito.
La scala e la complessità di sovrintendere così tante installazioni simultaneamente è stato l’elemento galvanizzante del progetto, ed era molto facile apprezzarlo sul sito. L’assistente LD di Bassett sul progetto era Miriam Evans. Hanno lavorato con associate LD Seb Williams e Gary Collins più una squadra di 20 persone. La crew luci contava 69 tecnici PRG arrivati dal UK, 38 locali di CCG, diversi chiamati dalla Gulf Crewing in Dubai ed altre chiamate locali.
Tutto l’impianto luci del Katara Open Air Theatre è stato fornito da CCG. All’interno della venue c’erano 800 proiettori, mentre altri 124 illuminavano l’area red carpet all’ingresso del Teatro.
Il design doveva essere abbastanza flessibile per adattarsi a tutte le performance prima dei programmi cinematografici, abbastanza intimo per creare le scene per gli screening dei film e abbastanza grande e dinamico per il concerto di Leona Lewis.
Inoltre, molta enfasi è stata messa sui requisiti d’illuminazione architetturale, particolarmente del Galaxy Arch che era visibile ad una distanza di oltre 20 km.
In generale, Bassett voleva che l’Open Air Theatre avesse il feel di eccitazione e di anticipazione del Hollywood Bowl.
I due lati del Galaxy Arch sono stati illuminati da un totale di 72 strobo Martin Atomic e 144 PAR64. Ai piedi dell’arco, sono stati installati dei flood Griven Powershine D LED per illuminare le sezioni inferiori, con altri montati sugli archi più piccoli e puntati al Galaxy. Questi due archi più piccoli (quelli alti solo 22 metri) a loro volta erano illuminati da 22 PAR.
Bassett ha creato una sequenza di tramonto da 45 minuti che è stata riprodotta ogni sera, con i proiettori che partivano in CTO e passavano attraverso una serie di ambre graduate, all’arancione al rosso. Questa sequenza era applicata all’intero sito, non solo all’Open Air Theatre, e mentre tramontava il sole tutta la zona passava dai colori del tramonto all’illuminazione blu della notte.
Gli archi più bassi del teatro sono stati usati per appendere la parte principale dell’impianto luci frontale del palco. Qui era montata una combinazione di Clay Paky Alpha Spot e Alpha Wash 1500 e 1200 – 27 in totale su ogni arco – con degli ETC Source Four Profile usati per illuminare le scalette e le passerelle VIP e per fornire illuminazione frontale aggiuntiva per il palco.
Altri teste mobili erano installati sui tre archi sopra il palco, sempre una combinazione di proiettori Clay Paky: Alpha Spot e Wash 1500, Alpha Beam 300, Shotlight Wash e Sharpy.
C’era un assetto completo di testemobili che si poteva variare secondo la necessità della serata specifica. Proiettori che facevano parte statica di questo sono stati 16 GLP Impression, alternati con 17 MR16 birdies al bordo del palco. Negli angoli dell’impalcatura ai fianchi del palco c’erano dei gruppi di proiettori allo xeno Griven Imperial da 4K.
L’esterno dell’Open Air Theatre è stato illuminato dagli Alpha Beam 1500 lungo la base e lungo il perimetro sopra, che sparavano fasci di luce colorata che si spostavano su e giù sulle mura esterne. Questi erano accompagnati dai wash a LED Griven Stroker a terra.
Le luci all’interno del Katara Open Air Theatre sono state programmate da Alex Passmore, utilizzando una consolle grandMA2 full size, ma erano presenti anche una seconda console grandMA2 ultralight, collegata come backup full-tracking, ed un’altra grandMA2 ultralight usata sul palco per i puntamenti.