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Vasco Rossi - Non stop live 2019
Altro record per Vasco che oltre a due concerti in Sardegna mette in fila ben sei sold-out consecutivi a San Siro. Un concerto potente ed emotivamente intenso per un artista che col tempo sembra migliorare sempre più.
di Giancarlo Messina e Alfio Morelli
Da Modena Park in poi, sembra che Vasco abbia davvero cominciato a esibirsi per puro diletto, suo e dei suoi fan, con date mirate e concerti che chiamano a raccolta tre generazioni. Se l’aspetto visivo e la produzione non hanno avuto sostanziali cambiamenti dall’ultima uscita, musica e arrangiamenti si stanno sempre più spostando verso un rock aggressivo che sembra essere quanto mai gradito al pubblico, anche quando a ricevere il nuovo trattamento sono brani del passato più cantautorali e melodici e, apparentemente, non troppo adatti a queste sonorità.
Il team al lavoro registra pochi cambiamenti, d’altra parte non si vedrebbe il motivo di apportare modifiche sostanziali a quanto funziona alla perfezione: produzione Live Nation, progetto Giò Forma, strutture Italstage, audio di Agorà, luci BOTW, PRG per video e automazioni, giusto per citare i ruoli chiave.
La produzione, iniziata e montata sotto secchiate d’acqua a Lignano, si è poi trasferita con i suoi ventidue bilici di ferro e ventisei di produzione a San Siro, bloccandolo per sei date in quindici giorni; per poi proseguire per una doppia a Cagliari.
Il concerto a cui abbiamo assistito a Milano è stato bellissimo, al di là di tutto proprio per l’atmosfera di energia e voglia di divertirsi che regnava incontrastata fra il palco e i sessantamila arrivati da ogni dove.
San Siro, acusticamente, presenta non poche difficoltà, questo si sa, per cui sentire un audio così potente e controllato, almeno in regia, ci ha entusiasmato non poco. Qualità inevitabilmente di poco inferiore in qualche punto delle tribune, ma stiamo parlando di perfezionismi da addetti ai lavori, perché nessuno del pubblico ha mai avuto il minimo dubbio sulla perfetta qualità dell’audio. Corsellini, coadiuvato dall’ottimo team di Agorà, è riuscito a creare un mix potente ma compatto, con la voce del Komandante eccezionalmente presente anche nelle parti all’ottava bassa, quando l’emissione ovviamente diminuisce parecchio: un risultato tutt’altro che facile e scontato.
Novanta metri di palco si vedono tutti e sono una botta che riempie gli occhi. Pinna fa un bellissimo lavoro riuscendo a far rimanere un vero concerto rock uno show che usa 800 m2 di schermi video: l’effetto “grande TV” è scongiurato dall’intelligenza dei contributi video di Pepsy Romanoff e dagli I-Mag mai banali, ma soprattutto da un disegno luci che del rock non perde mai l’essenza, con qualche concessione, semmai, a momenti più eleganti e quasi teatrali: una dinamica che serve a esaltare l’energia dei brani potenti suonati da una grande band. E un San Siro pieno è poi sempre uno spettacolo nello spettacolo.
Last but not least, un Vasco Rossi in una forma strepitosa: pare che il tempo e forse una scelta di vita più regolare gli stiano regalando grandi energie e voglia di conquistare sempre più il suo pubblico.
Unica nota negativa, con cui ormai bisogna fare ovunque i conti: dopo l’urlo finale, gli applausi fra un brano e l’altro calano immediatamente, poiché le mani sono occupate a reggere lo smartphone, ergo i secondi fra un brano e l’altro sembrano a volte un’eternità.
Claudio Santucci - Stage designer per Giò Forma
“Il palco è stato prevalentemente pensato per San Siro, con l’idea di fondo di avere una continuità con Modena Park ma cercando di aprire il più possibile la visibilità verso le curve. A tal fine ci sono state alcune modifiche, la prima delle quali ha riguardato l’aumento della larghezza del palco a poco meno di 100 metri (98,80 m). Gli schermi laterali sono stati inclinati maggiormente verso l’esterno ed il PA è stato portato avanti di cinque metri, proprio per permettere a Vasco ed alla band di uscire dalla scatola scenica. In quest’ottica devono leggersi anche i movimenti dei video box che avvengono, oltre che up-down, lateralmente e non più in profondità come in precedenza, cosa che li avrebbe resi meno visibili.
“Sono molto soddisfatto del risultato, il palco ha un grande impatto visivo, anche perché, come diceva qualcuno, le dimensioni contano!”
Riccardo Genovese - Direttore di produzione
“La produzione è totalmente Live Nation, quindi con Roberto De Luca e Antonella Lodi a dirigere tutto. Come sempre ho lavorato in team con Danilo Zuffi, che non è qui presente, e oltre a me nella squadra di produzione ci sono Fabio Colasanti, Francesca Arruzzo, Alessandra Rocco, ma anche Piero Chiaria, Davide Scaravelli e Riccardo Rivi, che si occupa della local. A questo team si aggiungono le stagiste come assistenti. Poi ovviamente c’è Laura Palestri, come sempre, che si occupa di un’infinità di aspetti legati al mondo Vasco”.
La struttura rimanda a Modena Park?
Sì, è più vicina a quella dell’anno scorso, strutturalmente. Qui abbiamo aggiunto le due parti laterali, fino ad avere un palco di 98 m di boccascena. L’altezza è ancora di 28 m. Oltre all’aggiunta dei due lati supplementari, abbiamo cambiato il senso dei quattro satelliti movimentati: ora li vedi uno in fila all’altro, riescono ad andare da destra a sinistra fino a dietro l’impianto, quindi aprono moltissimo. Il colpo d’occhio è impressionante. Poi il resto non è troppo diverso dal precedente tour, mentre l’aspetto musicale e creativo è tutto nuovo.
Il progetto palco è di Santucci?
Sì, le persone chiave sono le stesse. Le aziende sono BOTW per luci e scena, come l’anno scorso; PRG per video e automazioni; Agorà audio; Italstage palco. Il palco è grande e già da Modena lavoriamo con la struttura Conset, in acciaio, che ormai ha preso il posto dell’alluminio.
Quando andrete in Sardegna, come sarà la carovana?
Ci porteremo dietro diciotto bilici di ferro, ventitré di produzione. In realtà non portiamo i laterali che abbiamo qui, perché in quella venue non ci stanno fisicamente. Qui abbiamo impiegato ventidue bilici di ferro e ventisei di produzione. A questi si aggiungono i due gruppi elettrogeni e due camion del merchandising. Il viaggio sarà diviso in due tronconi: uno partirà da Genova, uno da Civitavecchia. Il 12 giugno inizieremo con la prima posa e il 18 faremo lo show; serviranno 200 chiamate di personale e altri centosettanta per lo smontaggio.
Qui a San Siro c’è qualche problema con il terzo anello?
C’è stato un allarme sul battipiedi di una tifoseria calcistica che ha causato un forte ondeggiamento strutturale. Così per precauzione la situazione è sempre monitorata in tempo reale. Se si supera un certo livello occorre spegnere i delay, ma qui non succede mai, perché ai concerti la gente canta e non salta, specie nello spazio ristretto del terzo anello.
Il calendario prevede sei date ma bloccate lo stadio per due settimane…
Sì, in effetti avevamo ancora richieste, ma non si poteva aggiungerne altre. Occupiamo i nostri spazi per due settimane, tanto che prima tolgono l’erba dal campo approfittando per pulirla e ricondizionarla. Durante tutto questo periodo noi lavoriamo dai nostri uffici qui allo stadio: non avrebbe senso tornare in sede perché durante i giorni di off abbiamo comunque molto da fare.
Andrea Corsellini - Fonico FoH
“Come sempre, con Vasco utilizzo parecchio outboard per avere quelle grane che ci piacciono tanto. Lo spettacolo è molto rock, non è schematizzato e messo in un riquadro: mi piace avere sottomano in tempo reale i guadagni, le compressioni degli strumenti più importanti.”
Ci spieghi cosa hai scelto e per cosa?
Quest’anno abbiamo due bassisti, che a volte suonano anche insieme, quindi ho dovuto raddoppiare l’outboard per i bassisti; nell’ottica di avere tutto sottomano, quest’anno Gallo e Torresani – che sono nei Distressor – passano anche dal GML 8200, per avere le “manopolone” e intervenire su compressione, eq, eccetera. Uso i Distressor sia sui segnali microfonici dei bassi, sia sulle linee: li mixo insieme in maniera diversa, uno tagliato sulle basse per prendere l’attacco, l’altro per la banda.
Su Stef ho il Manley ELOP e su Vince il Culture Vulture: la differenza è che Vince quest’anno mi manda i suoni clean e distorti da due casse diverse, quindi ci sono due canali trattati in maniera diversa.
Il Neve 33609 è in insert sul gruppo d’uscita del rullante e della batteria, fa la parallel compression, poi ci sono i Transient Designer; su consiglio di Morson, quest’anno ho l’Aphex Exciter per il Big Bottom sulla cassa e l’Aural Exciter sul rullante.
Qualche novità anche sulla voce di Vasco: ha due stadi di compressione, uno pre e uno post; quest’anno sulla compressione pre ho scelto il Focusrite ISA430 che in una macchina sola mi dà de-esser, compressore, una prima EQ di sgrosso, e mi permette di fare il timbro di base; sul gruppo di uscita ho invece una catena Millennia che è sconvolgente: una sezione di EQ e una di compressione, optocompressor, davvero eccezionali. La voce poi, come sempre, è diffusa dai due cluster centrali a lei esclusivamente dedicati, una soluzione ottimale ma solo se questi cluster sono perfettamente in fase con gli altri della band, e non è una cosa facilissima.
Vedo ancora un sommatore Teknosign...
Sì, questo è il modello “Light”, ne ho due che fanno 32 canali. Ho otto gruppi stereo che entrano in uno e otto in un altro. Per il live trovo che questo modello sia più indicato, riesco ad avere in poco spazio 32 unità di somma.
Come effettistica?
Sulla batteria ho tutti Yamaha SPX2000, macchina usata anche per i chorus sulle chitarre acustiche. Il TC System 6000 lo uso per l’ambiente di Vasco, dei fiati, delle chitarre acustiche, eccetera. Ma stiamo parlando sempre di piccoli contributi, non li sentirai mai troppo: c’è già lo stadio per questo.
Dimenticavi il microfono del Komandante: c’è una novità!
Sì, incredibile: una capsula da 90 euro! Dopo la prova di capsule mondiali che costano cifre esagerate, abbiamo scelto quella che ci piaceva di più: una sE V7 da 99 euro! È un dinamico che suona come un condensatore e soprattutto resiste al feedback in maniera incredibile, non abbiamo mai problemi nemmeno in passerella, nonostante sia nel fuoco delle trombe del K1. Sono quelle accoppiate strane, ma certamente con la voce di Vasco funziona perfettamente. Con Diego Spagnoli abbiamo fatto questa scelta e ne siamo davvero soddisfatti.
Cosa mandi al PA?
Mandiamo sia il segnale LR dai sommatori sia il LR dell’SD7. Le due console in regia FoH sono in mirror, implementate con il nuovo Quantum 7 DiGiCo, che ho usato già con Eros: la velocità di esecuzione è incredibile, è possibile usare sei layer e la latenza dei convertitori si è dimezzata.
Il team audio; da sx: Fabrizio De Amicis, Luca Scornavacca, Antonio Paoluzi con la chitarra “La Pesos” assemblata da Scorny, Emanuele Adriani, Edoardo Michelori.
Antonio Paoluzi - PA engineer
“L’impianto main è composto da K1 e K2, con i K1-SB in testa per estendere il cluster: ci sono quattro K1-SB, dodici K1, tre K2. I due cluster interni sono dedicati solo alla voce: è una soluzione che funziona, perché facendo il confronto e girandola sul cluster della band, la voce va indietro. Accanto abbiamo sedici K1-SB, per dare un po’ di botta. Sui side invece ci sono dodici K1 e tre K2; a terra abbiamo 54 sub e vari frontfill KARA, 24 a mucchietti di due. I delay sono composti da otto V-DOSC e sei dV-DOSC, in tutto undici cluster che coprono 180° lungo la linea del fronte palco.”
Come procedi per la taratura di un impianto del genere?
Ormai lo chiamerei il “controllo” della taratura, realizzato con vari microfoni in varie posizioni, per verificare che tutto torni secondo il progetto SoundVision: la nuova feature del software calcola automaticamente i filtri FIR secondo i punti impostati e il disegno. Quindi si tratta effettivamente solo di un controllo. L’EQ che ho dovuto applicare è praticamente flat: sarà il programma musicale, sarà il mix di Andrea adatto all’impianto, non lo so precisamente, ma pensare che in uno stadio del genere l’impianto non abbia bisogno di correzioni è sorprendente anche per me. Come a Modena, tutto è analogico: Andrea usa il sommatore, quindi la conversione c’è già stata e vorremmo evitare altre conversioni, anche se poi devo passare per forza dai Galileo Galaxy, usati come matrice per smistare i segnali, ma poi vado in analogico all’impianto. Ovviamente anche i finali LA12X hanno una loro conversione, ma in questo non ci si può fare niente.
Quante linee hai?
Una per la voce, una per la band, una per i sub e una per i side. Nei delay mando un mix; tutto controllato dai Galileo.
I problemi di San Siro?
San Siro ha sempre una riverberazione spaventosa, sembra di stare indoor, specie con i delay al volume necessario. Nel parterre è bello, ma le tribune sono sempre difficili.
Quanti dB servono per coprire il pubblico di Vasco?
Da qualche anno riusciamo a stare su una media di 100 dB su tutto lo show, che è tantissimo. I limiti sono stati un po’ alzati, per fortuna. Quando si spinge arriviamo a 102-103 dB, anche perché il pubblico da solo fa quasi un centinaio di dB.
Emanuele Adriani - PA manager
Da chi è composta la vostra squadra di Agorà?
Il caposquadra è Fabrizio De Amicis; poi ci sono Edoardo Michelori, Massimo Luna e io.
Quanto tempo serve per montare tutto?
Circa cinque ore, ma si lavora già dal giorno prima. Una volta montato il PA noi siamo a disposizione di Antonio, andiamo in giro per lo stadio ad ascoltare eventuali problemi. Poi c’è anche un tester dell’impianto, creato proprio da Paoluzi, che individua ogni eventuale problema: è uno strumento davvero interessante e utile che credo sarà presto commercializzato.
La crew audio sul palco. Da sx in piedi: Alessio Pasquazi, Diego Spagnoli, Federico Servadei, Luca Morson, Nicola Trapassi; in basso da sx: Michele Brienza, Francesco Serpenti, Fabio Nuti.
Federico “Deddi” Servadei - Monitor engineer
“Il setup dei banchi è consolidato: SD7 in modalità mirroring ‘stile olimpiadi’, quindi due console ciascuna con un solo motore, il nuovo Quantum. Avendo il banco digitale non sento il bisogno di macchine esterne; mi concedo un po’ di effettistica esterna con due PCM91, su Vasco e la strumentista, e due TC Electronic M3000 per batteria e chitarre acustiche”.
Cosa c’è sul palco?
Abbiamo otto musicisti più Vasco: quelli che si muovono sono totalmente in-ear, mentre la linea dietro, tastieristi, batterista e polistrumentista, sono coadiuvati da un sistema Roland M48. Tutti usano cuffie Earfonik, compresi me e il Capo, mentre gli in-ear sono Sennheiser 2050. Ho anche qualche monitor sparpagliato, acceso ma con volumi non particolarmente esagerati… praticamente nulla rispetto ai tempi che furono!
L’ascolto di Vasco?
L’ascolto in cuffia di Vasco è uno dei più equilibrati: vuole un mix abbastanza lineare, vuole sentire tutto, con la voce abbastanza dentro. Lui sa che poi io mixo tutto il concerto, seguo gli assoli di chitarristi e tastieristi, mixo il suo ascolto con dei VCA in tempo reale. A lui piacciono molto gli ambienti: so che sporcano l’ascolto, qualche purista potrebbe storcere il naso, ma se il cantante apprezza sono il primo ad aprire a manetta quando il pubblico canta o interventi del genere.
Come comunichi coi musicisti?
Attraverso i backliner. Vasco, a dire il vero, non ha mai chiesto nulla: Diego Spagnoli, come stage manager, ha in-ear duplicati da quelli di Vasco, lui sa benissimo cosa vuole Vasco e non ci sono mai problemi di sorta; Diego ha anche un archetto Crown che usa sia come talkback per parlare con me, sia come microfono vero e proprio per la tradizionale presentazione: ho una macro sulla console per cambiare la patch.
Novità di quest’anno?
La capsula di Vasco: una sE V7 MC1 black da 99 euro, tedesca fatta in Cina. Io e Corsellini siamo rimasti sconvolti: nessun problema, nessun rientro, nemmeno la protezione waterproof per la pioggia ha cambiato il suono. Davide Linzi è stato promotore di questa capsula: è un microfono usato da molti tecnici che seguono la trap, con quei volumi esagerati. Abbiamo provato ed è stato un successo.
Chi sono i backliner?
Michele Brienza come caporale, Zagor Trapassi, Francesco Serpenti, Alessio Pasquazzi, Fabio Nuti. Poi ovviamente il guru del palco è sempre Diego Spagnoli.
Quanti mix hai?
36 mono e 24 stereo. Sono pieno di snapshot che chiamo a mano, non sono in time-code. Per fortuna la scaletta con Vasco non subisce normalmente variazioni e viene decisa insieme al direttore artistico Vincenzo Pastano, il nuovo chitarrista.
Luca Morson - Assistente regia e responsabile radiofrequenze
“Il lavoro è abbastanza semplice, tranne per il fatto che siamo a Milano, vicini al centro. Ci sono sei radiomicrofoni, più otto radio jack e dodici in-ear monitor. Oggi si tratta di uno standard; nonostante questo, lavorare con lo spettro in radiofrequenza italiano è molto difficile: ci sono buchetti e basta, poi qui il digitale terrestre dà molto fastidio. Tra le 5:00 e le 7:00 del pomeriggio rifaccio un giro di scansione, per arrivare allo show con maggior sicurezza che sia tutto pulito.
Usi macchine digitali o analogiche?
Le postazioni locali, chitarra, basso e tutte le parti strumentali sono digitali, con Shure ULX-D da una parte e AD4D dall’altra; sulla voce di Vasco, voce della corista e per i nostri servizi abbiamo gli Axient analogici. Le macchine sono Shure AXT400 e l’AXT600 è lo scanner controllato dall’access point che in questo momento serve da supporto per i reggiseni collezionati da Deddi!
Da sx: Marco Gorini, Lorenzo Boscucci, Raffaele Stefani, tecnici per “Macinarino Recording”.
Raffaele Stefani - Registrazioni audio
“Lavoro insieme a Marco Gorini e Lorenzo Boscucci, assistenti di Lorenzo ‘Moka’ Tommasini, che è ideatore di Macinarino Recording, azienda che registra molti degli eventi più importanti del paese. Abbiamo un doppio sistema Nuendo che raccoglie dei segnali MADI che arrivano dal palco e vanno a un’interfaccia DirectOut Technologies, una matrice MADI enorme, che li manda su due schede RME e da lì vanno in Nuendo. Questi sistemi ricevono segnali aggiuntivi a quelli delle console, come i microfoni di ambiente. Abbiamo due microfoni dietro Corsellini: una testa, che è un 7.1, e un Rode Ambisonic; vanno su due mix in regia in MADI vengono trasportati nella regia delle registrazioni. I microfoni della passerella, sei microfoni, sono invece amplificati; il sistema DOTec gestisce questa matrice di segnali, aggiunge i microfoni e le due console registrano in contemporanea tutto il multitraccia dello spettacolo su Nuendo più gli ambienti. C’è una terza macchina di sicurezza su Waves MGB, anch’essa MADI su Ethernet, che arriva invece dallo splitter legato al banco di palco. Noi non facciamo livelli, prendiamo quello che hanno già fatto loro, riceviamo tutto in digitale. Non usiamo il mix LR del concerto di Vasco, che è di proprietà di chi lo esegue: noi prendiamo tutto il multitraccia, che poi verrà usato da chi di dovere, non so bene nemmeno chi sarà a farlo. Registriamo tantissimi segnali, ma fortunatamente i Giga ormai costano poco!”.
Da sx: Marco Piva, Giovanni Pinna e Nicholas Di Fonzo.
Giovanni Pinna - Lighting Designer
“Il concept è partito dal set dell’anno scorso. La grossa differenza di quest’anno è che abbiamo cambiato il sistema di automazioni, sia nel disegno, sia nella gestione. Ora usiamo Movecat, che ha radicalmente cambiato anche l’aspetto dello show: l’anno scorso eravamo obbligati a una movimentazione lenta, quest’anno è sei volte più veloce.”
Da cosa parti per lavorare?
C’è sempre un briefing con tutti per delineare il set design; poi c’è l’immaginario personale che vedo nella realizzazione di una scena, nella scelta di cosa va valorizzato. Qua ci si sente a casa, ci sono degli automatismi, la sinergia è unica: anche le scelte illuminotecniche più innovative da parte mia sono fedeli alle idee dell’artista e del management. Vasco vuole spesso delle novità, così abbiamo proiettori mai visti, Pyro nuovi… Da parte mia interviene l’interpretazione dello show: abbiamo a che fare con 800 m2 di video e tutto deve integrarsi con questa scelta, bisogna quindi stare attenti a non sconfinare nel videoshow, cosa che non vuole nemmeno l’artista. Lo spettacolo è rock’n’roll e deve avere una propria essenzialità, cosa che io cerco di mantenere costante. Ci sono momenti di eleganza, poi, ma un’anima rock rimane sempre.
Cosa è rimasto degli show passati?
La cosa interessante è che pur partendo dal concept dell’anno scorso, siamo arrivati a uno show molto diverso. Rispetto a Modena Park c’è un contesto diverso, qui siamo più intimi, compresi momenti con poche luci e dettagli più curati; rimane il concetto delle torri e dei pod appesi. Abbiamo ridisegnato il tetto, a causa delle nuove automazioni con binari paralleli. Ho voluto fortemente che le automazioni potessero allungarsi e uscire fin dietro l’impianto audio, per poter avere l’opzione del palco vuoto quando necessario – e questa è una cosa che non avevo l’anno scorso. Credo che tutti ci siamo ben amalgamati, oltre ad aver apportato miglioramenti grazie all’esperienza dell’anno scorso.
Ci sono prodotti nuovi, quindi?
Principalmente questi nuovi Ayrton MagicBurst di Molpass, che uso come strobo e non come video; sono estremamente potenti, nei pezzi dove serve la botta sono favolosi, ne ho sei sul pubblico e sei sulla band, ma a volte vado anche con tutti e dodici sul pubblico. Poi ho come sempre ottimi proiettori come i MegaPointe, gli Sharpy, gli Spiider, tantissime P-5 e Q-7, eccetera. Infine il sistema BlackTrax, con i nuovi mini-beacon, molto comodi sulle cinte delle chitarre e sulle giacche, senza il pensiero del bodypack. Il sistema lavora benissimo con i followspot, che di fatto sono l’unico vero frontale che ho a disposizione.
Ci sono degli extra?
Ci sono extra accecatori ACME BL-200, extra P-5, extra MegaPointe, eccetera, per riempire le due ali. Ultime due cose: abbiamo sempre i laser di ER Productions, il solito pacchetto BB3, più cinque Tripan da 20 W. Poi la squadra di BOTW che fornisce le luci ci aiuta tantissimo, Moggio e gli altri sono straordinari e mi sento sempre di ringraziarli particolarmente.
Nicholas Di Fonzo - D3 operator
“Lavoriamo in due, io e Marco Piva. Ci dividiamo i compiti, io mi occupo del setup hardware e di tutto quanto sincronizzato con il segnale che arriva dal palco. Si tratta di filmati e immagini che partono in automatico. Mi sono preoccupato di alcuni effetti notch. Piva si occupa della messa in onda delle immagini del live; lui lavora con grandMA.”
Qui ci sono anche degli schermi in movimento.
Sì, ricevo i dati dal sistema di movimentazione fornito sempre da PRG, come il video. Il sistema si chiama Movecat e quando muove gli schermi io ricevo nel D3 le loro posizioni in tempo reale. Possiamo fare così dei mapping sugli schermi in modo che le immagini seguano il loro movimento. Per esempio, i quattro schermi centrali, che chiamiamo satelliti, si spostano su e giù, a destra e sinistra, e in alcune canzoni mando delle immagini che tuttavia sono sempre nelle posizioni giuste, con un senso.
Per le riprese live?
Sono curate da Except; a noi arrivano quattro segnali da mandare nei monitor. Uno è della camera dedicata solo a Vasco, uno è il program, cioè l’uscita del loro mixer, e gli altri due segnali sono due quad split, si tratta di otto camerine quasi fisse che riprendono i componenti della band. La regia degli schermi è fatta da loro, ma noi integriamo con il resto; io e Marco facciamo da operatori. Except ha deciso cosa andava e dove, poi io e Marco abbiamo il controllo.
Come trasmettete?
Il trasmettitore su fibra prevede che le uscite DVI dalle macchine vadano in matrice, poi dalla matrice in questi trasmettitori che portano il segnale in fibra ottica agli schermi LED.
“Fabione” Marsili - ATS
“La mia azienda, ATS, da quest’anno ha aperto una sede a Milano, quindi qui gestiamo anche la sicurezza locale, oltre al security management come l’anno scorso – che prevede tutta la parte prima dell’evento, i rapporti con le istituzioni, le piante da fornire, le relazioni di sicurezza e il confronto con la produzione; tutto questo genera un piano che poi si discute in questura con le forze dell’ordine. La sicurezza partecipata lavora insieme alla polizia.
“Una volta pianificato l’evento, confermato tutto il piano di sicurezza, si inizia a delineare l’organizzazione interna: le chiamate, come dividere le squadre, come gestirsi con le altre società di sicurezza con cui collaboriamo – qualcuno è specializzato sul palco, qualcuno agli ingressi, eccetera. Durante l’arco della giornata stabiliamo i vari step e i varchi: per esempio con Vasco a San Siro abbiamo scelto l’apertura differenziata dei cancelli, ovvero prima facciamo il prato gold, alleggeriamo il prato gold con i fan più esagitati, e da lì iniziamo col prato restante e poi le tribune. Nell’arco dell’evento abbiamo un centro radio con un nostro operatore che smista tutte le chiamate dai vari settori: gestiamo anche gli spostamenti dell’artista, oltre alle criticità, al primo soccorso e tutto quanto rende sicure tante persone dentro un posto al chiuso.
Ci siamo specializzati sempre più, abbiamo personale che lavora su autoCAD per fare le piante, le documentazioni… C’è molta più professionalità rispetto al passato. Non a caso con la nostra azienda gestiamo vari eventi di altro tipo e non solo eventi live, come la Formula E a Roma o i negozi H&M”.
Luca Guidolin - Responsabile appendimenti
“Tutto inizia dal progetto scenografico e architetturale: Giò Forma mi dà un disegno, io vedo cosa devo fare per appendere le strutture della scenografia; lo stesso fa Giovanni Pinna con il disegno luci, e lo stesso con il progetto audio e le automazioni. Metto tutto insieme, individuando i problemi rispetto alla struttura pensata in precedenza da Italstage; propongo modifiche o, se va tutto bene, devo fare solo un match tra le varie componenti. In questo caso a San Siro abbiamo appeso 120 m di americana per i pyro e i delay, il resto è tutto sulla struttura di Italstage: si parla di circa duecentodieci motori. Per i carichi si parte da una stima matematica, poi in allestimento quelli di luci, audio e scenografie li ricavo io, mentre PRG fornisce quelli delle sue strutture. Sugli elementi chiave, le celle di carico sono presenti in tutti gli allestimenti, mentre per l’audio dopo una prima prova – per essere sicuri dei dati forniti – ci si affida ai numeri dei data sheet. Per quanto riguarda le luci, in allestimento viene fatta una pesata di sicurezza, per verificare anche il peso preciso dei cavi che non è facile da valutare con precisione in linea teorica.
“A quel punto propongo all’ingegnere un sistema di appendimento e una distribuzione dei carichi che vengono da lui controllati e verificati. Se va tutto bene firma il progetto. Il responsabile che deve verificare l’idoneità statica della struttura complessiva per la legge deve essere infatti un ingegnere.
“Per gli appendimenti hanno lavorato sei persone su tre turni, per montare le strutture principali e le sovrastrutture; quando poi è entrata entra la produzione, siamo passati a diciotto persone, poi dodici o dieci in base alle necessità”.