Massimo Gasbarro - Responsabile service BOTW
I protagonisti di Viva Vivaldi: il concerto immersivo all'Arena di Verona.
Fabrizio Moggio, Massimo Gasbarro e Corrado Vella di BOTW.
Ideato dal celebre regista e produttore esecutivo Marco Balich, in collaborazione con la Fondazione Arena di Verona, Viva Vivaldi ha saputo coniugare la maestria interpretativa dell’Orchestra, diretta da Giovanni Andrea Zanon al violino, con un innovativo allestimento visivo e sonoro. I professionisti coinvolti ci hanno raccontato il dietro le quinte.
Massimo, mi racconti le prime fasi dell’ideazione di questo spettacolo?
Come sai, questa è una co-produzione tra la Fondazione Arena di Verona e Balich Wonder Studio. Lo scopo era fin dall’inizio quello quello di modernizzare un po’ il repertorio classico e puntare sui giovani. La mente creativa di Balich ha avuto come prima idea quella di spostare l’orchestra dalla buca sul palco, e costruirgli intorno una Magic Box che permettesse di costruire delle immagini e delle scenografie a supporto della musica eseguita.
Questa produzione ha voluto sperimentare sul campo se il pubblico dell’Arena fosse pronto a questa contaminazione, e bisognava farlo con molta delicatezza perché il pubblico colto dell’Arena non ti perdona niente. Nello stesso tempo, ha cercato di avvicinare i giovani: sembra che la cosa sia riuscita molto bene, dato che si è rivelato un evento da sold out, con 10.000 biglietti venduti, di cui ottocento – con la dicitura “solo per l’ascolto” – con posti molto defilati, che quasi non vedevano gli schermi e quindi si perdevano tutto l’effetto immersivo. Alla fine dell’esibizione, ci sono stati ben sei minuti di standing ovation, un momento che a mio parere ha suggellato la riuscita dell’esperimento oltre ogni ragionevole dubbio. Penso che il successo di questa serata possa essere l’inizio di un progetto anche all’estero sullo stesso format, come già l’Arena ha fatto con le opere classiche – Aida, Nabucco, Traviata e altre. Questo format può essere abbinato non solo alla musica di Vivaldi, ma anche con musiche di Wagner, Rossini, Verdi, e potrebbe essere una soluzione interessante per avvicinare un nuovo pubblico finora indeciso sul repertorio classico.
Come è stata pensata la scenografia del cubo?
L’obiettivo principale su cui si è stato svolto tutto il progetto era quello di evidenziare l’artista principale, Giovanni Andrea Zanon, giovanissimo prodigio del violino e direttore d’orchestra. Era quindi importante valorizzarlo e seguirlo in tutti suoi spostamenti nei diversi punti del palco e dentro la scatola, per poi lluminare l’orchestra e in certi momenti integrare i musicisti con le immagini che venivano mandate sullo schermo con degli effetti 3D. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo posizionato sul fondale della scatola uno schermo LED con una base di 18 metri e un’altezza di 6 m, con passo 3.9 mm, e sul lato anteriore della scatola uno schermo semitrasparente largo 22 metri e alto 9, sempre con passo 3,9 mm. In questo modo era possibile intravedere l’orchestra, quando era illuminata, e aggiungere immagini coordinate che unissero tutti gli elementi nel racconto che andava in scena.
Chi si è occupato del lavoro?
Il lavoro è stato fatto a tre mani: noi di BOTW abbiamo curato tutto l’aspetto tecnico e di produzione, con materiale e uomini; lo studio di Balich si è occupato della parte artistica, ha prodotto l’idea e le immagini; la Fondazione Arena di Verona ha fornito la parte musicale, cioè il direttore, l’orchestra e l’impianto audio.
A proposito dell’impianto audio, non ho nemmeno notato la sua presenza…
E’ un capitolo abbastanza curioso, che vale la pena raccontare. Il Maestro Zanon ha posto una condizione: nello spettacolo fate quello che ritenete più opportuno, fuochi, fiamme, strobo, eccetera, ma l’unica condizione che non è trattabile è la partitura dell’orchestra, che deve essere quella originale scritta da Vivaldi trecento anni fa. Sull’impianto audio ci siamo dunque confrontati con la Fondazione, e abbiamo proposto da parte nostra un sistema PA da live, visto che c’erano gli schermi e lo spettacolo era costruito per attirare un pubblico giovane, e pensavamo che qualche dB in più non guastasse; la Fondazione invece è stata irremovibile: l’impianto audio per loro doveva servire solo come rinforzo sonoro per le ultime file, e non doveva essere usato come amplificazione. Loro conoscono il loro pubblico, che è molto esigente e non sempre accetta delle alterazioni di buon grado… e sembra che comunque alla fine siamo riusciti a conquistarceli.
Come avete sincronizzato le immagini con l’orchestra dal vivo?
Possiamo dire che è stato fatto in un modo ibrido: abbiamo costruito una traccia in time-code, sulla quale abbiamo programmato tutto lo spettacolo video e luci, ma a gestire la traccia abbiamo messo un personaggio che conosceva la partitura; se la traccia non manteneva la sincronizzazione con l’orchestra dal vivo, aveva la possibilità di ritardarla o anticiparla manualmente.
Conoscendo Balich e i tanti lavori che ha fatto, mi aspettavo uno spettacolo con ancora più tecnologia.
Vero, ma devi considerare che questa non era la cerimonia d’apertura di un’olimpiade, con dei budget faraonici. Questa è stata una proposta nuova, che non si sapeva nemmeno se sarebbe stata apprezzata dal pubblico. Con gli investimenti bisogna rimanere sempre molto prudenti. Io sono rimasto molto stupito di come hanno saputo promuovere questo tipo di spettacolo, che non era un evento facile, non era pensato solo per il pubblico delle opere o della musica classica e nemmeno per un pubblico da eventi pop. Nonostante questa difficoltà sono riusciti a riempire la serata, penso che ora sarà sicuramente tutto molto più facile e sicuro.