Caparezza
Eretico Tour IV.
di Alfio Morelli
Definire gli spettacoli di Michele Salvemini, in arte Caparezza, “concerti live” è riduttivo; andrebbero meglio classificati come “spettacoli d’arte varia”.
Durante il concerto, infatti, la musica viene accompagnata da video, costumi, scenografie ed oggetti di varia natura.
Insomma un mix fra avanspettacolo, musical, teatro. Alla fine, quello che conta è che Michele, nella sua ancor breve carriera, ha saputo raccogliere e fidelizzare un pubblico piuttosto variegato, dal giovanissimo all’adulto. Come si usa dire in politica, è una forza trasversale.
Abbiamo incrociato il nuovo tour di Caparezza al Mama Mia di Senigallia, in provincia di Ancona, un club alternativo ben in linea con l’artista.
Il palco è montato in un ampio spazio all’aperto, in cui è affluito un pubblico pagante di circa duemila persone, ma la produzione ci ha parlato di una serata sottotono, perché solitamente la media si aggira fra i tre, quattro mila paganti.
Lo spettacolo, vario ed eccentrico, è sicuramente piacevole anche al pubblico non particolarmente amante del genere. È facile immaginare che buona parte del bilico di produzione sia occupato dagli oggetti utilizzati in scena, visto che quasi ogni canzone è caratterizzata da costumi diversi ed oggetti fra i più improbabili.
Per quanto riguarda la parte tecnica, il service al lavoro è il pugliese GM Music con una fornitura quasi esclusivamente di provenienza Proel, visti il PA Axiom ed i monitor Edge e le luci Sagitter; i mixer sono invece i nuovi digitali Yamaha CL5, comunque tutti prodotti sui quali i tecnici hanno espresso il loro apprezzamento.
È presente anche uno schermo video LED Light Beam con un’installazione non usuale che sottolinea la narrazione delle canzoni.
Interessanti anche alcune trovate sceniche che riguardano le luci, come lo schermo messo davanti agli strobo, un trucco ripreso dal mondo cinematografico che dà maggior grandiosità all’effetto.
La persona giusta per noi, che vogliamo approfondire l’organizzazione tecnica, è senza meno Antonio Porcelli, che in questo tour ricopre il doppio ruolo di direttore di produzione e fonico FoH: meglio di così? Iniziamo chiedendogli come si è arrivati a questa doppia investitura.
“Lavoro con Caparezza ormai da dieci anni come fonico – ci spiega – ed in questo tour, partito già a marzo 2011, l’agenzia Color Sound mi ha dato anche il compito di direttore di produzione. Viaggiamo con un bilico di produzione che contiene sia la parte tecnica sia quella scenica, perché Michele viaggia con molti bauli per i costumi ed il materiale scenico. Il personale in tour è suddiviso tra l’agenzia ed il service. Io, Fabio Favia, fonico di palco, Bull, operatore luci, ed il backliner Nicola Quarto che si occupa sia degli strumenti sia degli abiti di scena facciamo parte della produzione, quindi lavoriamo per l’agenzia, mentre altre sette persone lavorano per il service.
“Sul posto richiediamo il palco – continua Antonio – la fornitura elettrica, una persona che lavori in altezza e 10 facchini. Devo dire che lo spettacolo sta avendo un gran successo, sia per numero di date sia per partecipazione del pubblico; a mio avviso gran parte di questo successo è dato dalla formula che ha voluto l’artista che ha imposto un prezzo del biglietto a 15 Euro, ovviamente con una significativa ricaduta sul costo della data per il local promoter. Grazie a questo siamo riusciti a mettere insieme un calendario con oltre cento date, il che, con l’aria che tira in questi periodi, non è proprio male. Questo mi ha fatto capire che la catena o la filiera dello spettacolo funziona se tutti gli anelli della catena sono sani e guadagnano il giusto, ma se qualche anello della catena è più debole, prima o poi l’intera catena si spezza.
“Michele negli anni è riuscito a raccogliere un pubblico variegato, – continua Antonio – perché è un artista piuttosto particolare. Spesso mi capita di vedere giovani di 14/15 anni insieme ai genitori di 40, ed entrambi si divertono. Ciò significa che l’artista fa qualcosa che interessa non solo ad una nicchia ben identificata, ma ad un pubblico abbastanza vasto, e questo fa ben sperare per il futuro.
“Nel nostro girovagare da oltre un anno – ci racconta Antonio – abbiamo tenuto dei concerti anche all’estero, sia in Europa sia in America. Per far capire che tipo sia questo artista, basti pensare che davanti alla scelta di cosa portare nella trasferta americana non ha avuto dubbi: abbiamo lasciato a casa gli strumenti ed abbiamo portato solo i bauli di scena, affittando il resto a New York, Miami e Los Angeles, città in cui abbiamo riscosso un’accoglienza incredibile”.
Puoi descriverci il materiale tecnico?
Abbiamo molto materiale della Proel, in particolar modo l’audio. Questa scelta è dovuta alla nostra conoscenza di Mario Di Cola, progettista dell’impianto, divenuta nel tempo amicizia fraterna. Già dall’inizio ci ha seguito tantissimo, riuscendo a darci il suono che noi cercavamo. Poi in questo ultimo periodo il service ci ha portato questo nuovo mixer Yamaha CL5 che probabilmente siamo tra i primi ad usare in Italia.
Che impressione ne hai avuto?
Prima in tour avevamo un PM5RH, e quando il service ci ha proposto i nuovi modelli li abbiamo accettati con riserva, ma dopo poche date abbiamo sciolto la riserva e ce li siamo tenuti. Ne utilizziamo due, sia per la sala sia per il palco: il suono è lo stesso dei modelli precedenti, poiché usano gli stessi preamplificatori, in più la maggiore potenza di calcolo permette di usufruire di tutta la libreria dei plug-in, molto vasta e molto interessante, dandoci così la possibilità di lasciare a casa un rack esterno. Mancano alcune piccolezze del PM5 che erano comunque comode, come i potenziometri con la segnalazione a LED della posizione ed altre piccole stupidaggini, assenze che si fanno perdonare largamente per l’ottima interfaccia utente. Altra miglioria si ha grazie a la scheda DAW che, tramite il protocollo Dante, ci dà la possibilità di collegare un computer per la registrazioni multitraccia o il virtual soundcheck.
Con Fabio Favia, fonico di palco, approfondiamo la dotazione audio.Qual è il set up sul palco?
In fase di allestimento ci siamo impegnati molto cercando di rendere il palco il più silenzioso possibile, da qui la decisione di adottare gli in-ear monitor; ma siamo riusciti a convincere al loro impiego solo quattro musicisti su sei, così abbiamo anche aggiunto due wedge, tenuti comunque bassissimi. L’artista usa dei modelli IEM della Phonaton che ha provato per caso in un festival e che non ha più voluto togliere, mentre gli altri usano dei Sennheiser.
Come ti trovi con il nuovo Yamaha CL5?
Molto bene: prima avevo un M7CL, ed il salto di qualità è stato notevole, sia come pre sia come elettronica interna e come interfaccia utente. Questo è molto più compatto ed anche bello da vedere, cosa che certo non guasta.
Parliamo di luci con “Bull”, all’anagrafe Massimiliano Agostini.
Qual è stata l’evoluzione del disegno luci in questo spettacolo?
Abbiamo iniziato a lavorare all’inizio del 2011, in grande sinergia con Caparezza, il quale ha ideato la regia dello spettacolo con tutte le evoluzioni, ed insieme abbiamo realizzato il disegno luci. Io traducevo in pratica quello che lui aveva in mente, magari con qualche consiglio e qualche variazione, essendo lui un vulcano di idee incontenibile. Il concetto di base è lo stesso dall’inizio, con delle piccole variazioni. Il concept ruota tutto intorno al video che, con uno schermo centrale di forma “Eretica”, cioè una croce triangolare, caratterizza tutto il palco; a questo si aggiungono altri quattro schermi, ciascuno formato da quattro mattonelle. Il parco luci è invece composto da teste mobili della Sagitter, prima con lampada da 300 Watt poi sostituiti da dei 700 Watt che danno un ottimo risultato. Completano il disegno delle ribalte a LED, sagomatori e ACL. Sugli strobo ho usato un effetto che ho raccolto dal cinema, mettendo davanti agli strobo, ad una trentina di centimetri, uno schermo opaco molto più grande. Questo sistema comporta due varianti agli strobo: non hanno più l’effetto accecante, pur mantenendo una certa potenza, e fa sembrare il faro molto più grande, con un effetto molto gradevole. Uso un mixer Avolites, mio vecchio amore, mentre i contributi video sono gestiti da Massimo tramite un Mac Book Pro.