NEK - Il mio gioco preferito - European Tour 2019/2020
Una quarantina di date nei teatri per il tour di Nek seguito al nuovo album.
di Giancarlo Messina
Nek, cioè Filippo Neviani, appartiene a una generazione di artisti che ha conosciuto il brivido – e gli effetti – della vendita del disco. E di dischi Filippo ne ha venduti parecchi nell’arco della sua carriera artistica, iniziata a metà degli anni Ottanta: oltre dieci milioni, un numero del tutto ragguardevole. Abbiamo sempre seguito con interesse la sua carriera, attratti sia dalla bella voce sia dall’impronta più da musicista che da interprete avvertibile nei suoi lavori. Ultimamente l’avevamo visto in tour con Pezzali e Renga, operazione probabilmente orientata più al marketing che all’arte, dalla quale Filippo era comunque uscito benissimo, quantomeno nel confronto con i colleghi.
Lo abbiamo ritrovato con questo nuovo tour nei teatri, tipologia di venue giustamente ponderata per il suo pubblico ma anche per il tipo di spettacolo proposto, non avaro di momenti piuttosto intimi e delicati.
Siamo andati a vedere lo show e fare due chiacchiere con gli addetti ai lavori all’Europauditorium di Bologna, venue molto vicina a Sassuolo, città natale dell’artista. Qui il primo degli addetti ai lavori, anzi, il più addetto di tutti, è proprio Filippo Neviani, che ci ospita nel suo camerino per una chiacchierata di una buona mezzoretta per parlare dei suoi concerti e della sua musica.
Scopriamo che la produzione di questa tournée vede al lavoro una società che non conoscevamo, la Quattro, formata appunto da quattro professionisti, tre dei quali impiegati operativamente nel tour: Francesco De Cave, lighting designer, Gabriele Parisi, management dell’artista, Luigi Vallario, direttore di produzione, ai quali si aggiunge il noto regista Roberto Cenci. La distribuzione e il booking sono invece affidati a Friends&Partners.
A Francesco abbiamo chiesto qualche notizia su questa società e poi sullo show.
Francesco De Cave - Produzione e Lighting Design
“La società Quattro – spiega Francesco – che ha prodotto il tour è nata circa quattro anni fa, in occasione di una Festa del Milan durante la quale ci siamo ritrovati a lavorare insieme. Da allora in effetti non abbiamo realizzato molti eventi, perché siamo tutti dei professionisti molto impegnati e abbiamo pochissimo tempo da dedicare a questa società. Comunque questo è il secondo tour di Nek prodotto da noi.
“Io ovviamente seguo il design dello show, nato dall’idea di Gabriele e di Filippo di non utilizzare video, una scelta da me condivisa. Anzi, fosse stato per me avrei fatto un tour di soli PAR64! Di particolare ci sono tre pod costruiti con delle flat truss da 50, che Agorà utilizza in verticale come scalette, unite con dei doppi aliscaf e contenute in una piccola flybar. Dentro ci sono degli AIR5FAN Prolights con i loro cinque pixel controllabili singolarmente che si possono muovere a raggiera; soprattutto hanno uno specchio di 40 cm x 15 cm che mi dà la possibilità di raddoppiare in alcuni casi i raggi di beam o spot che ci punto sopra, o i due piccoli laser RTI Neo One: punto il laser sullo specchio e poi muovo il pan e tilt del faro (tenendo il faro spento) così da raddoppiare e muovere il raggio laser. Poi ho dei Claypaky Mythos come spot e degli Sharpy come beam, oltre a una quarantina di DTS Nick NRG 1201. Per dare poi potenza al disegno luci ho scelto di utilizzare delle barre Prolights Sunbar 2000 e una lampada strobo Solaris Flare con i suoi LED divisibili in due pannelli o in dodici linee. Il disegno è un mix fra la fotografia del teatro e il controluce del rock.
“Le console è una Hog4 – aggiunge Francesco – e tutto è mappato proprio con il video mapping della Hog4, gestisco infatti i LED pixel to pixel, come se fossero uno schermo. Su Nek abbiamo poi un seguipersona e due sagomatori, così da tenerlo sempre presente e ben illuminato durante lo spettacolo.
“Il fornitore unico dello show è praticamente Agorà: abbiamo in tour un bilico ed una motrice. La squadra luci comprende Marco Carancini, caposquadra, Francesco Onori e Alfonso Giordano.”
Marco Monforte - Sound Engineer
“La band è ben concepita – ci dice Marco – tutto quello che serve è praticamente presente. Giusto le sonorità del nuovo disco, come è normale che sia, sono richiamate da qualche traccia di sequenza, mentre gli altri brani sono praticamente suonati senza ausilio esterno, quindi il sound si differenzia e si caratterizza alla fonte. Filippo ha fatto sempre le prove accanto a me: lui è un ottimo musicista e un ottimo direttore musicale di se stesso, così ha saputo darmi indicazioni precisissime su quello che voleva ottenere brano per brano.
“Dopo le prove musicali a Modena siamo andati in Svizzera con regie e backline per un tour nei club, date di warm-up per noi molto utili per ottimizzare tutto il lavoro della sala prove. Un mini tour di otto date che ci ha permesso di rendere ‘nostro’ lo show e di acquisirne ogni virgola. Subito dopo siamo arrivati all’Arena di Verona, siamo passati all’aperto con un grosso K1 e ne siamo usciti bene!
“Dopo questa data-evento di Verona – continua Marco – ci siamo ritrovati ad Orvieto per le prove del tour vero e proprio che avremmo affrontato: noi dell’audio eravamo praticamente in bolla, quindi abbiamo fatto un’ulteriore ottimizzazione sul Kara in dotazione al tour, con Filippo sempre molto presente in regia.
“La mia regia, con la DiGiCo SD10, è sempre stata la stessa sin dal giro in Svizzera: ho le Waves al seguito, come insert esterni, ed un sistema virtual soundcheck con cui possiamo (ovviamente) anche registrare le serate che archiviamo e che consegnerò a fine tour al management.
“Ho anche un hardware esterno che desideravo da tempo: per cassa e rullante sono riuscito, tramite uno spudorato corteggiamento, a farmi dare da Maurizio Maggi il suo storico PAR 400 Brunetti, un preamplificatore-equalizzatore meraviglioso di cui mi sono innamorato. Adesso spero che me lo venda!
“I microfoni – continua Marco – sono dei grandi classici: uno Shure Beta52 ed un SM91 (che usa solo Deddi) per la cassa, il rullante è ripreso con un SM 57 e un Beta 57 per la cordiera, i tom con degli Audix D4 e gli OH con dei C414 AKG.
Per la voce di Filippo usiamo un SM58, che offre una base sicura per le elaborazioni successive, ed un bellissimo archetto Shure SM35 che trovo eccezionale: per me è l’archetto definitivo, bellissimo!
“Come controllo di dinamica, per il 58 di Filippo uso un de-esser e un Midas XL42 in insert sul canale; segue il gruppo stereo della voce con le Waves in insert per un ulteriore intervento finale.
“Ho anche a disposizione un Waves MaxxBCL – aggiunge Marco – ma che oggi è del tutto inutilizzato. Era attivo solo nei club in Svizzera e in Europa per ottimizzare il bus della band e avere un po’ di spinta quando serviva.
“Per scongiurare un infinito calcolo di latenza tra segnali processati con plug-in e non, tutto il mix prima di uscire dalla console passa da 11 gruppi, tutti (chi più chi meno) processati Waves. In questo modo il server allinea temporalmente i segnali tra loro.
“Per risolvere l’eventuale non funzionamento corretto del server, abbiamo creato una macro sulla DiGiCo che ci esclude tutti i punti insert degli 11 gruppi. Se il server ci mollasse (ad oggi mai accaduto) saremmo fuori dai problemi con un semplice click.
“Come sono solito fare – spiega Marco – ho sempre due master, uno solo per la voce ed uno per la band, per poter avere il controllo separato anche sul PA; un VCA che controlla entrambi mi funge da master.
“Sono accompagnato dal bravissimo ‘Scorny’ (Luca Scornavacca – ndr) che mi supporta e mi sopporta ad ogni data. Ha capito alla perfezione cosa cerco e ogni giorno mi consegna una macchina perfettamente funzionante. Credo molto in lui e spero di condividere più lavori al suo fianco!
“Abbiamo un bellissimo progetto che vogliamo mettere in piedi. Voglio rivelarti il nostro obiettivo per questa estate che ci entusiasma non poco: andare in tour con un Midas XL4, le Waves e il virtual soundcheck… vediamo se ci riusciremo!”
Da sx: Luca “Skorny” Scornavacca, PA engineer e Federico “Deddi” Servadei, monitor engineer.
Federico “Deddi” Servadei - Monitor Engineer
“Come console – spiega Deddi – utilizzo una SD12, a mio avviso la migliore per questo genere di lavoro, molto compatta ma dotata comunque di doppio schermo, cosa che torna utilissima; l’unica pecca della macchina è forse nell’effettistica, infatti utilizzo due PCM 91 esterni sulle voci, insieme ad altri quattro effetti interni del banco.
“Sul palco c’è un sub per il batterista, il quale utilizza un piccolo mixer per gestire il proprio ascolto con gruppi separati; tutto il resto della band utilizza invece IEM. “Come radio ho i Sennheiser ew300 G3 che vanno benissimo e cuffie miste, di varie marche.
“Filippo, con cui lavoro da tempo, mi richiede un ascolto più da musicista che da cantante: vuole cioè batteria e basso molto fuori, oltre ovviamente alla voce. Durante il concerto, come sempre seguo molto il mixaggio dei brani nelle varie fasi, proprio per dare all’artista il mood giusto del brano, e doso i microfoni d’ambiente per fargli sentire il necessario contatto con il pubblico.”
Luca “Skorny” Scornavacca - PA Engineer
“La configurazione è quella standard scelta da Agorà per i teatri. Disponiamo di 30 Kara L-Acoustics per il main, anche se nella maggior parte dei teatri ne installiamo meno, a volte sospesi a volte appoggiati. I sub a disposizione sono otto SB28 con doppio 18”. Abbiamo iniziato con un arco elettronico, ma personalmente preferisco la configurazione L+R, perché Marco predilige le medio basse, più che le frequenze molto basse, quindi la soluzione migliore è proprio la divisione in due canali dei sub, così da avere più coerenza nella parte medio-bassa e ottenere un suono più di impatto. In alcune situazioni i teatri sono molto profondi e siamo arrivati al limite della necessità dei delay. Anche i front-fill sono realizzati con dei diffusori Kara.
“Per gestire i segnali uso il Meyer Galaxy: sempre della famiglia Galileo, ma ha la possibilità di lavorare in AVB. Marco mi manda una coppia di segnali stereo, con la voce separata, e devo dire che le correzioni che mi suggerisce Marco sulla voce sono sempre una perfetta ottimizzazione, ovviamente in termini di equalizzazione”.
Lo Show
Abbiamo visto il concerto per intero e ne siamo rimasti molto ben impressionati. La cosa più in evidenza è decisamente la voce dell’artista, già bella di suo, ma resa davvero perfetta dal lavoro del fonico, tanto che difficilmente si penserebbe che Filippo abbia in mano un SM58. La band è decisamente ben rodata, e il sound generale molto piacevole e anche più vario di quanto ci saremmo aspettati. Abbiamo ascoltato quasi tutto il concerto dalla regia e, se proprio vogliamo trovare il classico pelo nell’uovo, ci sarebbe piaciuto un volume leggermente più forte e magari con più punch, ma giustamente Monforte ci ha fatto notare che la regia di sala si trova in quel teatro proprio in fondo alla sala, e avere un volume forte in regia significherebbe spettinare il pubblico sulle poltrone… Ci consoliamo pensando che finché chiediamo di alzare il volume invece di abbassarlo apparteniamo ancora di diritto al pubblico giovane!
Molto ben organizzato anche il disegno luci di De Cave, il quale riesce con un materiale non certo faraonico a creare uno spettacolo molto vario, grazie alla disposizione delle luci e ad accorgimenti furbetti come l’uso degli specchi degli AIR5FAN che gli consentono di duplicare e muovere in maniera inaspettata i raggi prodotti da altri corpi illuminanti. Ma in generale il disegno è molto suggestivo, passando da atmosfere intime a controluce ben più cattivi, ovviamente adeguati al momento musicale.
A dirla tutta, ci ha un po’ sorpreso anche il pubblico: non ci aspettavamo la presenza di così tanti giovani sui vent’anni che cantavano parola per parola le canzoni di Nek. Vuol dire forse che l’artista ha raggiunto l’obiettivo più difficile di cui ci parlava: emozionare. Perché l’emozione arriva sempre, ad ogni età.