Miti e Fatti su L’acustica degli studi di registrazione - Parte 2
Loudspeakers in a room
di Donato Masci - Studio Sound Service
Maledetti big monitor a muro!
La scelta dei monitor da studio è molto influenzata dalle mode e tendenze di mercato: il discorso sui big monitor è sicuramente il più controverso (sarà perché, di solito, vengono venduti solo una volta per studio!). Come succede in molte situazioni analoghe, se chiedeste in giro, chi ce li ha direbbe che sono indispensabili, chi non ce l’ha direbbe che sono inutili: tutto questo solo per difendere la propria linea.
In realtà, dal punto di vista tecnico, un argomento che stimola e convince a far inserire i big monitor negli studi di un certo livello è che i design paradigmatici più utilizzati per gli studi (ossia i trattamenti “standard” sui quali noi acustici basiamo la progettazione delle regie, i più importanti sono: Non-Environment, LEDE, RFZ) non solo li prevedono, ma basano tutta la loro teoria su questi, e soprattutto sul loro montaggio a muro, mentre per i near-field su stativo in generale si accettano numerosi compromessi.
Per questo motivo sono giunto alla conclusione che molti dei fonici scontenti dei big monitor lo siano essenzialmente per due motivi:
1. perché sono ormai abituati a lavorare soltanto con near-field posizionati al massimo a 1,7 m dalla loro posizione d’ascolto;
2. perché sono stati “scottati” dall’ascolto di big monitor non ben montati e posizionati, e questo, purtroppo, succede più spesso di quanto si pensi, anche in studi molto famosi e costosi. In effetti, spesso si scelgono e si comprano i monitor trascurando il loro abbinamento con la stanza e soprattutto le necessità di montaggio: spesso, ma in particolare nel caso di uno studio, non è il diffusore che conta, ma il risultato finale dell’intero “pacchetto” (diffusore, stanza, mobilio, elettronica).
Il primo motivo potrebbe essere generazionale. Per esempio è legato soprattutto ai fonici più giovani cresciuti nel proprio home-studio (che solitamente ha un sistema d’ascolto basato su near-field e spesso di fascia prosumer) che non sentono il bisogno di cambiare il loro modo di lavorare.
Da un altro punto di vista, i big monitor degli anni ’80 non erano fedeli se utilizzati a basse pressioni sonore, quindi molti fonici preferivano usare dei monitor più piccoli che riuscissero a farli lavorare per più ore di seguito stancandosi il meno possibile. Questo potrebbe essere stato il motivo per cui i near-field presero piede, poi le stanze divennero sempre più piccole e in molti casi erano l’unica soluzione.
Ora questo problema non esiste più perché i big monitor (o almeno i migliori) sono sicuramente molto fedeli anche a basse pressioni sonore.
In effetti, anche i near-field si sono evoluti in questi anni ed ora, grazie all’elettronica e a diversi artifici elettroacustici, riescono a scendere anche molto in basso in frequenza, emettendo importanti pressioni sonore. Ciononostante, per rendere full-range un sistema con near-field, si deve in genere aggiungere un subwoofer: è molto interessante vedere come molti fonici odino questa configurazione, e in molti casi non mi sento di dargli torto, perché se la fase e il livello del subwoofer non sono calibrati perfettamente rispetto al resto del sistema, è sicuramente meglio non avere il sub1!
Chiaro è che se ci si abitua a lavorare con un filtro passa-alti a 45÷50 Hz sul mix, come fanno molti, sicuramente si evitano molti problemi anche con un sistema con soli near-field, ma molti colleghi e clienti che lavorano nel mastering mi rivelano sempre più spesso quanti errori si commettano nella fascia compresa tra 20÷50 Hz a causa di plug-in bass enhancement (tipo MaxxBass, etc.) il cui risultato non può essere monitorato in modo professionale con queste configurazioni.
Il secondo motivo è più tecnico, ed è legato al fatto che, in generale, un monitor che si spinge più in basso in frequenza è sicuramente più difficile da gestire. Dal mio punto di vista è veramente molto difficile, per non dire impossibile, avere un ascolto soddisfacente con i big monitor senza che siano montati in modo corretto a muro. Inoltre ho notato moltissime differenze sulla risposta in frequenza e sulla percezione del “centro mono”2 montando i big monitor in un contenitore stratificato di materiali fonoimpedenti3, piuttosto che montandoli in una cavità ricavata in muratura o cemento. Infatti, se l’involucro che li contiene non è veramente massiccio, sicuramente avvengono alcuni problemi generalmente legati alle risonanze in bassa frequenza degli elementi strutturali leggeri e all’interazione con le altre pareti della stanza, con conseguenti cancellazioni relative allo sfasamento del suono diretto con quello riflesso dalle pareti (soprattutto quella sul retro dei monitor). Certamente non si deve mai dimenticare che qualsiasi monitor da studio sotto i 200 Hz è praticamente omnidirezionale.
Molti addetti ai lavori, non analizzando la cosa da un punto di vista scientifico, sono titubanti del montaggio a muro, perché ritengono che in questo modo si enfatizzino le basse. Questo è normale perché il monitor viene calibrato dal costruttore (solitamente!) in camera anecoica ed essendo le alte frequenze più direzionali, è facilmente intuibile che l’energia delle basse irradiata dal retro dello chassis, in questo caso, venga “compressa” e rispinta in avanti. Questo però avverrebbe comunque con le altre pareti della stanza, magari poste 1 m o più dietro al monitor4.
Quando l’onda riflessa dal retro interagisce con il suono diretto, crea delle cancellazioni sulla risposta in frequenza. La lunghezza d’onda relativa alla frequenza più bassa (e più forte) della cancellazione è strettamente collegata alla distanza del monitor dal retro. Per eliminare perfettamente questa cancellazione, ossia per ridurre a zero la distanza tra il monitor e le pareti circostanti, l’unico modo è il flush-mount5.
Con questi problemi di fase, una semplice equalizzazione non risolverà mai il problema, mentre invece per monitor montati a muro o molto vicini a questo, l’enfatizzazione delle basse potrebbe essere perfettamente controllata con l’equalizzazione con risultati eccellenti.
… e per i monitor free-standing?
Per lo stesso motivo di cui sopra, è decisamente difficile ottenere buoni risultati con monitor free-standing che non siano attaccati al muro, perché, per avere al punto d’ascolto una risposta in frequenza senza cancellazioni, sulla parete sul retro dei monitor si dovrebbe avere un assorbimento praticamente totale della frequenza relativa alle cancellazioni. Questa cosa è, in pratica, molto difficile, perché le frequenze in ballo sono le basse: facendo un caso pratico, se un monitor è posizionato a 1 m dalla parete frontale dello studio, la cancellazione sarà relativa a circa 87 Hz e, per assorbire perfettamente queste frequenze, ci vorrebbe uno strato di materiale fonoassorbente di quasi 1 m, o qualche dispositivo risonante che dovrebbe garantire un assorbimento preciso con lo stesso Q della cancellazione, e questa, per i progettisti, è una cosa realmente delicata.
Come riporta Genelec nel suo metro Acoustitape (uno strumento veramente utile per analizzare le sale, proprio per verificare questo tipo di cancellazione) “il suono percorre ¼ di lunghezza d’onda per arrivare al muro, rimbalza, e percorre un altro ¼ di lunghezza d’onda per ritornare al monitor, giungendo così sfasato di 180° (ossia ½ lunghezza d’onda) rispetto al suono diretto”.
Per questi motivi, quando vedo alcune foto di studi che montano monitor free-standing parecchio staccati dal muro frontale della stanza, anche se non ci sono mai stato, resto sempre perplesso e raramente mi sono dovuto ricredere dopo un ascolto o una misura.
Purtroppo in molti studi dove sono presenti i big monitor, è necessario utilizzare anche dei near-field da porre in prossimità della console. In questo caso questa coppia di monitor sarà staccata dal muro frontale e avrà fisiologicamente una cancellazione, per questo motivo cerco di farla cascare sotto gli 85 Hz, che è solitamente la frequenza di taglio del crossover di un subwoofer, e suggerisco di adottare quest’ultimo tenendolo il più vicino possibile al muro.
Caso studio: regia con big monitor prima e dopo la correzione (DunaStudio)
Qualche anno fa fui chiamato ad analizzare uno studio (DunaStudio) in provincia di Ravenna la cui sala regia presentava diversi problemi acustici, in particolare l’assorbimento acustico era sbilanciato in frequenza (troppo poco assorbimento sulle basse e troppo sulle alte frequenze), inoltre il punto d’ascolto si trovava esattamente a metà tra la parete frontale e il retro. Lo studio aveva una coppia di Dynaudio M4 assolutamente mal posizionate: l’asse acustico non era indirizzato verso il punto d’ascolto e soprattutto i big monitor non erano montati correttamente a muro.
L’intervento di correzione è consistito nel posizionare un assorbimento adeguato sul retro della regia, sul laterale e sul soffitto, su un leggero riposizionamento del punto d’ascolto e su una completa riprogettazione del montaggio a muro dei big monitor.
In figura 4 si possono notare tutti i problemi delle risposte ante operam e in particolare:
le risonanze e le cancellazioni (rispettivamente a 60÷70 e 90÷120 Hz) molto negative (circa 10 dB) a bassa frequenza dovute all’errata costruzione del baffle6 e alle risonanze modali della stanza che non erano assolutamente controllate;
la perdita di alte frequenze, dovuta essenzialmente al fatto che l’asse acustico dei big monitor non era direzionato verso il punto d’ascolto e che la stanza era troppo assorbente sulle alte frequenze.
Nelle curve relative alla correzione si vede che questi effetti sono stati migliorati sostanzialmente. Le risposte dei due canali tra l’altro sono molto simili tra loro, resta una lieve asimmetria nel range 400÷2000 Hz tipica dell’interazione col banco ed il resto dell’equipment (non perfettamente simmetrici), in parte corretta con qualche filtro dal collega Antonio Masiero.
I tempi di riverberazione ante-operam erano troppo sbilanciati tra le medio-alte frequenze (0.15 s) e le basse (0.55 s), tra l’altro nella banda di 125 Hz si notava un picco di risonanza (non è un caso che in questa banda ci fosse anche una cancellazione nella risposta in frequenza).
Il risultato dopo la correzione è che sono stati ottimizzati i rapporti tra i tempi di riverberazione a medio e bassa frequenza, è stata eliminata la risonanza modale a 125 Hz ed è stata data un po’ brillantezza in più sulle medie frequenze, con una leggera diffusione.
I Center Time ante-operam erano troppo lunghi sulle basse frequenze e troppo brevi sulle alte, la correzione ha riportato il grafico perfettamente sulla media dei valori di cui abbiamo discusso nel precedente articolo.
Center time ante (verde e blu) e post operam (giallo e rossa) misurati con le due Dynaudio M4 nel Dunastudio.
Conclusioni e miti “sfatati”
Tornando ai nostri miti…
5. I big monitor sono utili soltanto per far sentire il mix ai clienti ad alto volume, non sono utili per mixare… mancano di definizione.
Sulla base dei risultati mostrati e dei ragionamenti che ho proposto, posso affermare che i big monitor a muro siano veramente la cosa più delicata da mettere in uno studio, ma anche quella che può dare più soddisfazione perché, quando funzionano, è come se prendesse vita tutto il progetto acustico.
6. non voglio montare i monitor a muro perché posso evitarlo e, così, sostituirle facilmente in futuro, inoltre se devo spostarle per un fine-tuning lo potrò fare.
Su questo punto mi viene da dire che non si deve pensare ad uno studio monitor7 come un oggetto di “tendenza” da poter cambiare come un capo d’abbigliamento, ma è parte integrante di uno studio, quindi è bene sceglierlo al momento in cui si decide che studio fare.
7. I near-field hanno molta più definizione.
Sbagliato. Posso soltanto dire che i big monitor, scendendo più in basso in frequenza ed avendo generalmente più pressione sonora, introducono più energia nella stanza e quindi eccitano in maniera più consistente le sue risonanze modali, ma un monitor su stativo creerà sicuramente prime riflessioni ed interazioni con la stanza più problematiche.
Inoltre, i near-field hanno generalmente molti altri problemi, come quelli legati alla direttività. Infatti, le dimensioni dello chassis di un monitor influenzano la radiazione sonora. Questo effetto si manifesta quando la lunghezza d’onda che è generata dai monitor è identica (o proporzionale) a una delle sue dimensioni. Il monitor comincia ad essere direttivo per questa frequenza e per le sue armoniche relative. Per fare un esempio, per un piccolo monitor, le dimensioni corrispondono al midrange, che è già molto direttivo, e rinforzano il fenomeno danneggiando la risposta off-axis. Per un monitor più grande le dimensioni corrispondono a frequenze più basse dove l’energia è molto meno direttiva, per questo motivo l’effetto risulta trascurabile.
Inoltre un monitor piccolo risente particolarmente della presenza di grandi console nel range di emissione delle sue frequenze più basse, del muro dietro (con le cancellazioni che ne conseguono) e delle riflessioni della console alle medie frequenze.
Questo è un effetto della vicinanza di oggetti di grandi dimensioni ai driver. Nel caso di un big monitor incassato a muro non ci sono oggetti vicino ai driver, ai midrange e ai tweeter, come capita spesso invece nel caso dei monitor piccoli, e questo ha effetto sulla loro risposta.
Concludendo, il mio consiglio, se se ne ha la possibilità, è quello di poter prevedere i big monitor in uno studio, considerando che la distanza minima d’ascolto non possa essere inferiore ai 2 m circa, quindi è sicuramente inutile inserirli in stanze che non abbiano una dimensione idonea, ma in alcune situazioni con dimensioni contenute mi è capitato di poter montare a muro dei mid-field con ottimi risultati.
Il montaggio e il posizionamento di un monitor da studio è fondamentale in uno studio, un errato posizionamento può causare cancellazioni nella risposta in frequenza anche di 15÷20 dB!
Nel prossimo articolo parlerò di (auto)calibrazione e altri miti da sfatare.
Note:
1. Di questo argomento abbiamo già parlato nel primo articolo e concluderemo nell’ultimo della serie.
2. Phantom central image.
3. Si usano generalmente stratificazioni con mdf, cartongessi, gomme e altri materiali con diversa impedenza.
4. C’è da considerare che quasi tutti i big monitor sono spessi 50÷80 cm e con l’inclinazione orizzontale, i 30° verso il punto d’ascolto, e verticale, che avviene per molte delle configurazioni, si divaricano facilmente di diversi cm dalla parete.
5. Montaggio a incasso nel muro.
6. Questa parola può essere fuorviante. Quando si parla di “sound baffle” si possono intendere diverse cose, un esempio comune sono i pannelli fonoassorbenti sospesi in verticale a soffitto. In uno studio (o in un cinema) il baffle è anche il muro in cui si incassano il big monitor, che fa da “separatore” tra la parte frontale del monitor e il retro.
7. In tutto l’articolo abbiamo infatti evitato di parlare di “casse” o “diffusori” usando solo il termine specifico “studio monitor”: si ricorda che questi particolari diffusori hanno un ruolo ben preciso, che non è quello di “suonare bene” (inteso anche come qualità soggettiva ed opinabile), ma di fornire un vero e proprio riferimento per il processo di lavoro.
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