Acustica, psicoacustica, tecnologie audio e dintorni

Le curve di risposta di un sistema per sound and speech reinforcement per sonorizzazioni in interni ed esterni. La curva di risposta suggerita per concerti live...

di Guido Noselli

Le curve di risposta di un sistema per sound and speech reinforcement per sonorizzazioni in interni ed esterni.

La curva di risposta suggerita per concerti live.

Nell’attesa che il mio lettore abbia letto l’ultima parte riguardante i “monitor” da palcoscenico ed individuato eventuali dubbi o necessità di chiarimenti sulla sua comprensione che, come sempre accade, lo portano a scrivermi per ottenerli, si affaccia inevitabilmente alla mia memoria una spinta, ciclicamente sollevata ogni volta da un piccolo ma costante numero di persone (apparentemente sempre diverse da quando ho iniziato a scrivere per questa unica e ben “mixata” rivista) a parlare di un argomento che io considero tra quelli passibili di “conflitto d’interessi”; tra me, perché sono il progettista di una ditta del settore, ed ovviamente l’interesse più generale di Sound&Lite, che informa la collettività audio con la più ampia correttezza possibile.

Ma avendo ormai compreso che questo numero di persone ha raggiunto una somma ragguardevole e che non è più trascurabile, nell’attesa appunto che i probabili chiarimenti cui ho accennato appena sopra mi “costringano” ad una nuova puntata sui “monitor” da palcoscenico, ho deciso di affrontare l’argomento del titolo, che non potrà certo esaudirsi in un solo articolo.

Vorrei fare una considerazione iniziale.

Generalmente non ricevo dai lettori richieste precise di trattare di questo o quell’argomento, a parte per pochi di questi, come i line array ad esempio.

Ricevo però da sempre, come ho detto, richieste del genere:

- come devo regolare l’impianto?

- come devo equalizzarlo?

- come devo regolare i livelli delle varie bande?

- come devo disporre i monitor?

- come devo disporre il main system?

- come devo eventualmente disporre e tarare i delay?

- ecc. ecc.

In altre parole, oltre ad alcune richieste tecnicamente precise, mi si chiede più spesso di esprimere il mio parere in una materia strettamente personale che attiene a parametri psicoacustici dal punto di vista generale, e fin qui tutto bene, ma come avete letto dalle domande elencate, in qualche misura anche di “influenzare”, se quello che scrivo effettivamente può avere un peso in tal senso, il gusto e le scelte degli addetti ai lavori che leggono questa rivista, rispetto al risultato finale di una sonorizzazione dal vivo, quasi tutti fonici o aspiranti tali, come capisco dagli indirizzi e-mail (a volte addirittura dai fax) e da come si annunciano scrivendomi.

Come avrete notato, leggendomi in tanti anni, per quanto è stato possibile, dovendo parlare approfonditamente con cognizione di causa spesso d’oggetti specifici, da conoscersi quindi a fondo, ho accuratamente evitato di esercitare una qualsiasi influenza, omettendo sempre giudizi di merito, perché non ritengo mio compito “intromettermi” in questo tipo d’argomenti basati fortemente sulle esperienze personali d’ogni operatore del settore, anche se invece con qualche punta polemica, spesso avrei voluto farlo per abbattere convincimenti sbagliati e meriti “rubati”, per esempio, da personaggi presuntuosi ed impreparati, ma con la sufficiente “lingua lunga” in posizione di privilegio, al fine di accaparrasi il consenso. Consenso non certo ragionato ed attivo della maggioranza degli addetti ai lavori, questi ultimi, non per colpa loro, scarsamente addestrati ed acculturati, non dico tecnicamente, per carità!

Molti dei nostri fonici non si sporcano le dita prima del concerto (è giusto così, soprattutto se hanno veramente studiato le apparecchiature che devono utilizzare e possiedono una cultura tecnica almeno generale da approfondire ogni volta che una nuova situazione lo richieda), ma musicalmente lasciano alquanto a desiderare, trascurando colpevolmente la risoluzione di problemi oggettivi, per la scarsa frequentazione dell’ascolto della musica in generale e della cura del proprio “personale” strumento di misura.

In altre parole molti che, come si suol dire, praticano il mestiere, non si preoccupano minimamente, ad esempio, di fare spesso una visita audiometrica che li renda coscienti delle proprie carenze uditive, e quindi in qualche misura, tale coscienza li obblighi a gestire il “suono” del sistema loro affidato, ammesso che in pratica sappiano come fare, tenendo in conto la risposta misurata, e non “presuntuosamente presunta” del loro apparato uditivo.

Tra le tante altre cose che non vanno, francamente questa a me pare abbastanza grave e sintomo in generale d’irresponsabilità e mancanza professionale in tutto un settore, nel quale le conseguenze di ciò sono inevitabilmente e colpevolmente indirizzate; prima di tutto al pubblico, che paga profumatamente per un servizio scadente, e poi agli artisti, coloro che ci mettono la faccia per dare questo servizio.

Scusate lo sfogo, ma io voglio bene alla musica e voglio anche bene a chi la deve esaltare con il proprio serio lavoro: per questo ogni tanto... quando ce vo’ ce vo’.

Quando mi capita, raramente, di girare in qualche forum (non faccio nomi, ma….), leggo cose da far accapponare la pelle e, domandandomi sempre più spesso a cosa serva il sacrificio di tanti che come me si prendono la briga di mettere mano alla penna, mi viene l’angoscia al punto che si affaccia forte la voglia di smettere un’apparentemente inutile divulgazione. Poi arriva il mio amico Alfio che mi sprona dicendomi: “Se anche hai insegnato qualche cosa ad un solo dei tuoi lettori devi essere contento...”. E tutto ricomincia.

Tornando all’argomento, voglio assicurare che lo affronterò nel modo più semplice e meno teorico di cui sono capace, non trascurando di tenere la massima brevità.

Parlare al giorno d’oggi d’equalizzazione con cognizione di causa, suggerendo anche gli strumenti più adatti per poterla attuare è molto più complesso di quanto non sia stato prima dell’avvento dei sistemi di misura computerizzati basati in genere sulla risposta all’impulso MLS (Sequenza di Massima Lunghezza). Tali sistemi hanno mostrato le mancanze di precisione di un RTA, Real Time Analyzer, in particolar modo negli ambienti interni dove il campo riverberato non facilità la misura con riferimento alla percezione uditiva dell’essere umano. In altre parole l’RTA non mostra molti dettagli che invece l’orecchio percepisce, impedendo una taratura fine rispetto alla sensazione sonora.

Ma come ho detto se dovessi occuparmi di questi “dettagli”, non farei un buon servizio all’utilizzatore, che in realtà da decenni tara gli impianti impiegando un RTA ed un equalizzatore grafico del tipo a terzi d’ottava, con il quale si realizza la corrispondenza tra la rappresentazione grafica a barre della misura e le frequenze di centro banda a terzi d’ottave che l’equalizzatore consente di regolare; generalmente con uno slider lineare allo scopo di accentuare ulteriormente tale corrispondenza.

Fig. 1: Klark Teknik DN360, il più diffuso equalizzatore grafico a terzi d’ottava del mercato (variante 2 canali).

Sono anche molto diffusi gli equalizzatori parametrici, che a dispetto della mancanza di corrispondenza descritta per gli RTA, consentono tarature più fini e precise, grazie a filtri variabili che possono diventare da larghissimi a molto stretti in banda e correggere quindi variazioni della risposta altrimenti molto difficili con un equalizzatore grafico.

Anzi più che d’equalizzatori veri e propri la gran diffusione è realizzata per i cosiddetti “loudspeaker management”, i quali hanno sempre inserito nel programma una parte più o meno grande, ma sempre sufficiente, che riguarda le funzioni d’equalizzazione attraverso l’impiego di filtri parametrici e di filtri dedicati come l’high shelving e il corrispondente contrario low shelving.

Tali apparecchiature altro non sono che gli eredi moderni, prima dei crossover elettronici per la multiamplificazione e poi dei cosiddetti “processori”, termine vago che, per molti anni, a cominciare dagli anni ‘80, classificava l’oggetto misterioso con il quale impianti audio dalle prestazioni semplicemente, direi, “standard”, senza particolari meriti se non quello d’essere tali in mezzo ad una miriade di schifezze che allora popolavano ed imperversavano in un mercato d’utilizzatori impreparati e presuntuosamente ignoranti, erano spacciati come “miracolati del suono” e portati agli onori della cronaca e dell’utilizzo sul campo.

Anche se purtroppo persiste in molti questa mentalità tutta italiana dei “tarocchi” (quanti maghi in Italia sono frequentati e fanno affari!), spero proprio che si dia la corretta importanza al “merito” rispetto all’impianto audio, avendo chiaro che tali apparecchi misteriosi, i “processori”, altro non sono che “loudspeaker management” senza controlli di regolazione abilitati all’utente finale, nei quali si sono fatte in fabbrica preventivamente le regolazioni necessarie alla linearizzazione di un sistema d’amplificazione attivo a più vie.

Fig. 2: BSS FCS-926 Varicurve Equalizer/Analyzer, tipico e diffuso equalizzatore parametrico multibande.

Vorrei aggiungere che al giorno d’oggi anche gli RTA sono ormai passati a funzionare su un PC, e quindi oltre alla possibilità di eseguire misure nel dominio della frequenza, sono in grado di eseguire misure nel dominio del tempo.

Questo fatto li ha in sostanza riabilitati, se mai ce ne fosse stato bisogno, e li ha elevati a rango di strumenti universalmente utilizzati per la taratura degli impianti audio. Misurare l’andamento nel tempo e contemporaneamente in frequenza, significa vedere e correggere con facilità, nel caso di sistemi in multiamplificazione, difetti nel sistema audio dovuti a differenze di tempi d’arrivo dei vari altoparlanti che lo compongono, nell’ambito dello stesso diffusore o anche tra diversi diffusori, usando appositi circuiti di ritardo ormai sempre presenti in qualunque loudspeaker management dei giorni nostri.

Questi ultimi sono anche utilizzati, viste le capacità di memoria dei modelli moderni, per assegnare i “delay” dei sistemi di rinforzo aggiunti molto spesso negli eventi quando si tratta di sonorizzare spazi molto profondi, per i quali i sistemi principali messi a lato del palco, qualunque essi siano, non sono certo sufficienti.

Spese queste poche righe per fare il punto sugli strumenti di misura e di taratura, nella speranza che la concisa e semplicissima spiegazione non susciti i commenti sarcastici di coloro che “mangiano” solo teoria e poco si occupano d’equilibrio tonale, di bilanciamento timbrico o in una parola sola, del miglior “sound” possibile, vediamo come e cosa (in qualche caso anche perché), secondo la mia esperienza e conoscenza, un “Fonico FOH” deve ottenere in qualunque performance e per qualunque audience, avendo la responsabilità della conduzione del sistema di sonorizzazione.

E se qualcuno mi vorrà “lapidare” per aver “svelato” cotanti segreti, sappia che non sono facilmente raggiungibile di persona e che per e-mail o fax... non si sente dolore!

Fig. 3: Outline Genius 24/26. Esempi tipici di Loudspeaker Management, completamente settabili e dotati di un’ampia sezione di equalizzazione parametrica (modelli rispettivamente con 4 e con 6 canali d’uscita).

Forse questa prima parte brevissima del lavoro iniziato può apparire un po’ datata e per qualcuno anche anacronistica; ma un’introduzione chiara andava fatta.

Me ne scuso preventivamente con il lettore che la pensa in questo modo.

Ritengo però che tutti debbano riconoscere che anche in “Audio” non si possano comprendere a fondo le cose, senza considerarne le “radici storiche”.