Zucchero "LA SESION CUBANA"

Aggiunte le video interviste agli addetti ai lavori!

Le video interviste e la recensione del concerto:

Colin Norfield Matt Jensen Stefano Ranalli
Maurizio Gennari Fabio Carmassi Il video del concerto

 

 

 


 

 

 

 

 

 

di Douglas Cole

Dopo il successo del disco registrato a Cuba l’anno scorso – certificato doppio platino a gennaio di quest’anno – e dopo il concerto tenuto presso l’Istituto Superiore De Arte de L’Avana davanti a 70.000 persone, l’artista emiliano si è lanciato in una tournée mondiale di (ad oggi) sessantaquattro date in quattro mesi su due continenti. Nonostante le possibili complicazioni e problematiche che comportano un calendario così fitto, una band di sedici musicisti e un elenco di venue molto disparate tra loro, l’artista e la crew escono dall’impresa non solo illesi, ma addirittura trionfanti.

Dopo la pubblicazione del disco La Sesión Cubana, registrato interamente a Cuba e prodotto da Don Was e Michael Brauer, ed il concerto-evento che l’artista stesso ha definito la realizzazione di un sogno, la consolidata squadra di produzione di Zucchero ha messo insieme uno spettacolo itinerante furbo e versatile che, grazie alla band allargata ed alla scaletta vincente, si è dimostrato capace di affascinare il pubblico dei palasport, delle sale da concerto e dei festival in Oceania, Europa ed Italia.


Come si dice: squadra vincente non si cambia, perciò questa tournée si presenta con i crediti quasi fotocopia di quelli del precedente tour. Ideata dall’artista stesso e messa in pratica da Emiliano Bitti, la scenografia è stata realizzata da Tekset, mentre il lighting design è a firma di Vince Foster. Audio, luci e video sono di Agorà, tutto coordinato dalla squadra di Lemonandpepper.
Maurizio Gennari si occupa del monitoraggio sul palco, assistito da Filippo Zecchini, Matt Jensen della console luci e, nel ruolo di responsabile video, si è confermata la presenza di Stefano Ranalli. Rientra alla regia audio di sala, dopo l’assenza dell’ultimo tour, Colin Norfield, assistito da Antonio Paoluzi.
Intercettiamo questa tournée in fase già ben rodata, durante una serie di date italiane a sandwich tra due serie di festival europei. La venue è il 105 Stadium di Rimini e la data è il 29 giugno.

 

La produzione
A raccontarci la tournée dal punto di vista della produzione e della logistica è Fabio Carmassi di Lemonandpepper.
“La produzione del tour è di Motom – ci dice Fabio –: in Italia il partner è F&P Group, mentre all’estero ci sono varie altre agenzie. A Lemonandpepper è quindi stata affidata da Motom la parte logistica dell’intero tour”.
Pungolato un po’ Fabio ci rivela qualche segreto della furba ottimizzazione della scenografia: “Ci sono degli elementi scenografici che, in sostanza, servono per trasportare materiale, ma qui vengono in qualche modo camuffati. In questo modo riusciamo ad ottimizzare gli spazi ed i pesi. Insomma è stata studiata e realizzata bene. In sostanza le pedane sono formate da più dolly agganciati uno con l’altro, e al loro interno stiviamo poi quasi tutto il backline. Così, una volta stivato all’interno dei dolly, per il palco sono sufficienti ¾ di un bilico. Quando vengono assemblati, i dolly diventano delle enormi pedane di 14 metri. È una bella idea, particolarmente in virtù del fatto che c’è una grande band di 16 musicisti, di conseguenza gli spazi vanno ottimizzati anche sui palchi piccoli, per esempio quando andiamo a fare dei festival meno grandi, dove i palchi sono leggermente ridotti. Grazie a queste pedanone abbiamo la possibilità di montare sempre il nostro stesso set, che rimane, tra l’altro, visivamente molto imponente.


Cosa sono gli elementi principali della scenografia, ci sono delle movimentazioni come nell’ultimo tour?
Ci sono dei movimenti manuali – tipici teatrali –: il fondale con l’automobile scende, sale la bandiera cubana che simboleggia questo palcoscenico. Ci sono poi questi elementi sospesi sui Layher che ricordano un po’ questa putrella arrugginita e pseudo-industriale di altri tempi. Quello che si è voluto fare e, secondo me, con successo, è di creare la situazione tipica che si può trovare in un posto come L’Avana. Noi abbiamo fatto un mese di lavoro a Cuba e questo non è altro che la preproduzione di quello che è stato fatto là. Devo dire che è molto simile e ben riuscita.

Chi è la mente dietro il disegno del palco?
Io penso che, come nel 2011, Zucchero sia la mente, quello che dà gli input alle persone preposte a sviluppare le idee; nello specifico Emiliano Bitti ha ideato tutta la serie degli accorgimenti tecnici impiegati.
In questo periodo estivo Lemonandpepper sta facendo diversi lavori contemporaneamente. Come vi organizzate per portare avanti una tournée internazionale così impegnativa?
Innanzitutto il tour è partito con Giorgio Ioan e Stefano Copelli. Ha iniziato Giorgio a Livorno, perché io ero impegnato su un altro tour. Poi man mano che andava avanti, Giorgio si è spostato su un’altra produzione e l’ha presa in mano Stefano. Io poi ho finito quello che stavo facendo ed adesso sono qui. C’è questa versatilità nei confronti dell’artista che ci permette di poter sviluppare il nostro lavoro in maniera tranquilla e serena; devo dire “grazie” a Motom, a Laura e a Zucchero che ci aiutano molto in questo senso.
Poi in ufficio abbiamo la grande Barbara Losavio, che per noi è fondamentale: è molto brava nel suo lavoro e, di conseguenza, è un gran punto d’appoggio per noi tutti.


I fornitori sono quelli abituali?
C’è Agorà per la parte audio luci e video, poi per la parte italiana c’è chiaramente F&P che controlla la parte della produzione. I trasporti sono di Antonio Celli, i palchi sono sempre locali. 


Riuscite a gestire in tour tutti questi musicisti nuovi cubani?
Devo dire che i musicisti sono abbastanza disciplinati. C’è solo un momento in cui si perde un po’ di controllo: dopo il soundcheck si fa un po’ fatica a trattenerli – diciamo che c’è un po’ di sbrago – ma solo perché hanno una gran voglia di suonare, anche se questo non è il massimo nei confronti degli altri ragazzi che sono qui dalle 6.00 di mattina per mettere in piedi la produzione e che, finito il soundcheck, avrebbero anche il piacere di riposarsi un attimo. Anche perché abbiamo veramente una media altissima di date: da quattro a cinque date alla settimana!
Mi piace sottolineare una cosa bellissima – conclude Fabio –: in questo tour tutto il pubblico balla, nonostante spesso ci sia un parterre con posti a sedere. La gente si alza e balla per tutto il concerto. Questa è una gran soddisfazione, penso, per tutti quelli che lavorano, per questa bella band che suona e per Zucchero stesso che se lo merita: ha inventato questa tournée che, di fatto, non doveva esistere; lo spettacolo a Cuba ha avuto una risonanza tale che ancora oggi aggiungiamo di continuo date al calendario in maniera sorprendente.


L’audio in sala
Per questa tournée, come nel 2007 e nel 2008, torna alla regia di sala Colin Norfield, fonico inglese di cui non raccontiamo dettagliatamente il curriculum vitae. Diciamo solo che la sua carriera abbraccia quattro decenni ai massimi livelli assoluti, dai Pink Floyd in giù...
“Già cinque anni fa – racconta Colin – ho lavorato con Zucchero. Il suo management ha rapporti con un altro management in Germania per quale lavoro, con un artista che si chiama Herbert Gronemeyer. Mi avevano chiesto per anni di lavorare con Zucchero e, cinque anni fa, l’ho fatto. È stato molto divertente. Poi sono andato a fare altre cose ed un mio amico, Chris Hedge, ha preso questo posto. Adesso mi hanno chiesto di tornare per questo giro. Questo tour è proprio una sfida – continua Colin – perché, contando anche Zucchero, ci sono 17 musicisti sul palco. Può risultare un po’ confuso”. 


Come gestisci una band con due batteristi più i percussionisti?
Beh, non per fare cascare nomi, quando ho mixato i Pink Floyd nella tournée del ‘94, c’erano due batterie e le percussioni. Oltre a Nick Mason c’era anche Gary Wallace e gli ho spiegato che, se cercavano entrambi di fare “il batterista”, avrei fatto chiaramente sentire al pubblico solo uno dei due. Anche perché Nick è un batterista molto, diciamo... “fluido”, mentre Gary è un sessionista molto molto preciso sul beat. Qui abbiamo una situazione simile: quando i batterisiti tengono entrambi semplicemente il tempo, uno o l’altro kit viene effettivamente eliminato dal mix; ma lo tengo d’occhio, e quando comincia a fare qualcosa di diverso lo riporto dentro. Con i percussionisti invece le cose sono un po’ diverse, perché ognuno suona la propria parte e così deve essere almeno un po’ presente nel mix: questa è una sfida.
Quando abbiamo fatto le prove, Zucchero controllava il mix e chiedeva sempre “un po’ più di questo, un po’ più di quello”. Ma gli ho spiegato che si arriva a un certo punto in cui non c’è più spazio. Devi scegliere quello che deve essere sentito. Con così tanti musicisti, diventa un po’ come un puzzle: mixare Pink Floyd o il genere rock è molto più semplice, perché si creano spazi negli arrangiamenti dei brani.
Ma se conosci bene i brani il metodo del mixaggio live è molto semplice: bisogna far sentire sempre le parti che il pubblico si aspetta di sentire; se non sente l’assolo o un certo riff della chitarra o se non sente il fill della batteria che si aspetta di sentire dirà di aver ascoltato male. Occorre scegliere da brano a brano e da strofa a ritornello quello che deve essere sentito. Il fonico deve essere un po’ spietato in questo. 


Quanti canali ti arrivano?
Abbiamo 87 o 88 canali in totale. È un bel po’ di roba e, di nuovo, devi scegliere quello che ci sta. Ci sono parecchi brani nuovi, i quali arrangiamenti sono stati fatti proprio per questo gruppo, e sono i più facili da mixare, perché già nell’orchestrazione vengono enfatizzate le parti prevalenti. I più difficili sono i brani storici, e qui devo scegliere appunto le parti che il pubblico si aspetta di sentire, ma senza ignorare del tutto i nuovi arrangiamenti.


Con le percussioni, ottoni o altro hai qualche microfonaggio o tecnica particolare?
I pezzi sono piuttosto delle scelte standard, senza esperimenti particolari. La tecnica scelta per ottoni e percussioni, in particolare, è quella del ravvicinato: morsetti per i fiati, dodici canali di microfoni ravvicinati sulle percussioni. Questa scelta non dipende da una preferenza aurale, ma dalla convenienza ed efficienza: quando siamo con la full production in una venue come questa, il palco è grande e lo spazio ci sarebbe per riprese panoramiche. Invece, quando andiamo sui palchi piccoli ed i festival, gli spazi sul palco possono essere veramente ristretti per una band così grande e il bleed sarebbe un grosso problema. Perciò, con le riprese ravvicinate evitiamo tantissimi problemi.
Zucchero utilizza un Beta 58, anche se io preferisco il classico SM58. Il Beta ha un picco che non mi piace, però sono tutti Beta 58 qui. Comunque, dal microfono la voce passa direttamente al banco, dove applico un EQ grafico. Poi esce dal banco e passa in un compressore Avalon per poi tornare nel mix.


Essendo cresciuto nell’epoca totalmente analogica, come ti rapporti con questa console?
Io non sono una persona molto digitale. Non pretendo di comprendere l’SD7 da un punto di vista “informatico”. Io lo uso come un banco analogico. Quando diventa troppo computer non lo capisco e non ho nessuna voglia di capirlo. In tutta onestà, preferirei avere una console analogica ma, ovviamente, il numero di canali non lo permetteva su questo show. Mi piace la SD7: ho i miei layer per le percussioni ed uno per ogni batteria. Anche per uno come me, questa console diventa intuitiva quando si usa ogni giorno in tournée.


Però rimani con outboard classici per gli effetti?
Per quanto riguarda l’outboard ho solo un paio di cose: un TC Electronics System 6000 per due o tre diversi reverb, un SPX 990 per un flanger sulla voce in un solo brano e poi ho un TC D2 Delay. Non sono uno che usa molto gli effetti. Neanche con i Pink Floyd abbiamo mai usato tanti effetti.
Le cose sono diverse oggi, i fonici giovani spesso entrano nel banco e utilizzano un po’ tutti gli effetti disponibili. Io del banco uso solo i compressori ed i gate, che funzionano bene e risparmiano cablaggio. Inoltre mi piace avere gli EQ grafici all’interno del banco. Altro vantaggio del banco digitale è di avere un canale per i subwoofer separato che posso aggiungere e togliere, così da essere più creativo su certi brani. Ho un EQ inserito anche su quello per poter adattare il sub separato alla sala.

 
L’audio sul palco


Alla regia monitor c’è uno degli espatriati italiani più noti nella nostra industria, Maurizio Gennari. Ci racconta l’organizzazione dell’audio sul palco.
“In partenza ero un po’ preoccupato perché non ero stato a Cuba per il concerto e non ero stato presente alle prove musicali per vari motivi. Così non conoscevo niente dei nuovi musicisti, ma della band storica ovviamente sì. Visto l’affollamento sul palco, avevo considerato l’utilizzo di un secondo banco e di un secondo fonico per dividere le cose, però alla fine non è stato necessario.
“La cosa che ci aiuta molto – continua Maurizio – è l’uso sul palco dei Roland M48 che usiamo via MADI. A questi mando dei gruppi, dei mix e dei direct out, così i due batteristi ed i fiati sono completamente autonomi. Il mix per i percussionisti è abbastanza semplice, loro vogliono molto del proprio strumento e non sono difficili da seguire durante il concerto. Idem per le coriste. Il bello della SD7 è che, grazie alle automazioni, anche in poco tempo siamo riusciti a metter giù delle snapshot specifiche per tutti. Una volta sistemato quello, i musicisti continuano ad essere diligenti e molto professionali: i volumi rimangono infatti piuttosto costanti e questo aiuta certamente il mio lavoro. Ci sono però molte variazioni da un giorno all’altro, e questo complica un po’ le cose...
Nonostante la quantità di strumenti ci pare comunque un palco piuttosto silenzioso...


Sono tutti in cuffia. L’unico che usa cuffia e monitor è Zucchero: usa soltanto un auricolare, a destra, mentre con il sinistro ascolta la diffusione dai wedge e dai sidefill. I volumi sono comunque ridotti, perché usiamo queste KARA che sono estremamente direttive verso centro palco, dove lui, per fortuna, non si muove più di tanto. Quindi c’è stata la possibilità di allineare cuffie, monitor e sidefill perfettamente al centro. Nel caso contrario sarebbe stato molto difficile, perché con una cuffia non hai mai un riferimento esatto di cosa ascolta l’artista. Il fatto che lui è sempre lì al centro mi aiuta tantissimo.


L’altro monitor sul palco è per il direttore musicale e bassista Polo Jones che, anche lui, ha deciso di andare con un auricolare soltanto. Nel monitor ci sono un po’ di cassa e di basso. In aggiunta ai sidefill, Zucchero ha un paio di sub SB18 che io ho posizionato dietro di lui, così tutto il fuoco principale sonoro è lì, nella sua postazione. Con i side in posizione convenzionale, con i sub ai lati del palco, avrei invece dovuto alzare molto i volumi del palco, perché Zucchero vuole sempre un mix con molto colpo di cassa e bassi... questo avrebbe dato parecchio fastidio in sala. Così questa configurazione qui ci dà una bella pacca lì dove serve, per l’artista, ma permette di contenere i volumi.


Come gestisci tutti questi microfoni per evitare il bleed tra canali?
Per le percussioni abbiamo microfonato in modo ravvicinato gli strumenti principali, congas, bongos, djembé. Ci sono dei toys, ripresi dagli overhead, che diventano importanti in certi momenti, come il guiro, che deve poi avere risalto nel mix: usando le automazioni riesco ad alzare i volumi su quel canale lì, utilizzandolo più come un microfono da ripresa ravvicinata che come un panoramico. Così, grazie ad un po’ di programmazione, siamo riusciti a limitare anche il numero di microfoni.


Tra microfoni, linee e sequenze abbiamo un centinaio di canali: le due batterie sono completamente microfonate su ogni pezzo, il basso ha tre canali oltre ad una linea per il contrabbasso, poi ci sono le chitarre acustiche: Elmer suona una chitarra tipica cubana che si chiama “tres”, che deve avere un canale a sé per il suo suono particolare, poi un canale per le acustiche che, con le automazioni, riesco a sistemare brano per brano così da usarlo sia con le chitarre con corde in nylon sia con le folk. Anche Kat ha tre canali: un canale convenzionale per l’elettrica, un canale dobro, dove fa anche dei suoni un po’ più aggressivi con una Gibson, e poi un canale per le acustiche. Poi ci sono quattro canali di tastiere e 16 canali di sequenze, compresi click ed altri di servizio. Non dimentichiamo i fiati, che sono molto presenti, ognuno microfonato da vicino con un morsetto.
Nonostante tutta questa roba sul palco, siamo abbastanza puliti: gli ampli sono o sotto il palco oppure hanno livelli molto contenuti, le percussioni sporcano poco gli altri canali anche grazie alla loro posizione in alto.


Chi sono gli altri nella squadra sul palco?
Ci sono cinque backliner. Phil Howie cura le sequenze e Nicola Peruca le tastiere. Per Mario e Zucchero c’è Alessandro Carli Ballola, che è il tecnico di chitarra di Zucchero da tre o quattro tour (sostituito da Sandro Fabbri nella prima parte della tournée). Poi c’è Alan Jhowry, un backliner inglese che cura le percussioni e le chitarre di Elmer e parzialmente anche i fiati. Infine ci sono Alessio Guerrieri, che cura entrambe le batterie, e Baron Beetmoll Troy “Beet” che cura Polo Jones e Kat su chitarra e basso.


In regia monitor c’è Filippo Zecchini, con me da ormai tre o quattro tour e con cui mi trovo benissimo. Lui si occupa principalmente delle radiofrequenze: abbiamo questi sistemi PSM1000 Shure, che ho usato prima del tour agli MTV Awards con Justin Timberlake, e la cui sonorità mi piace moltissimo.
Per il resto abbiamo due rack DiGiCo a 96 kHz che suonano molto meglio di quelli precedenti. Li avremmo usati a 96 kHz, ma sarebbe stato incompatibile sia con le registrazioni Nuendo di Colin sia con i personal monitor Roland che operano a 48 kHz. In generale penso che questo sia uno degli spettacoli più belli che Zucchero abbia mai fatto: mi diverto ogni sera!

 Il video


Come nell’ultimo tour, ad operare sui media server e le proiezioni c’è Stefano “Flash” Ranalli.
“In questo tour – spiega Stefano – curo il settore video, ed ho partecipato anche alla parte creativa, producendo tutti i video proiettati durante il concerto.
“Usiamo un sistema watchout – continua Flash – con due server display ed un producer che comanda tutto, collegati a due proiettori da 35.000 ANSI lumen. Questi ultimi lavorano a risoluzione 2k – 2048 x 1080 pixel – quindi in altissima definizione. Proiettiamo però su un supporto che non è un supporto per alta definizione, è semplicemente un tulle molto grezzo, questo perché Zucchero voleva un effetto tipo televisore anni ’30, una cosa molto rovinata, a tema con la scenografia che rappresenta un cantiere cubano in costruzione. Voleva la sensazione che attraverso i Layher si vedesse la struttura della scenografia e che si vedessero delle immagini di fondo che rappresentassero Cuba ed i suoi temi.


Nell’ultimo tour mi ricordo che le proiezioni avevano diverse sfide relative alle maschere che dovevano essere applicate. Ci sono problematiche simili qui?
L’automobile della scenografia rimane sempre lì, in mezzo al fondale su cui proiettiamo; così ho creato delle maschere per rimuovere dalla zona di proiezione l’automobile e le pedane sopra il palco. Quindi proietto negli spazi vuoti che si creano tra la struttura della macchina e il Layher che c’è intorno.
Per fortuna non ci sono movimentazioni, così non ci sono ulteriori complicazioni, tranne verso la fine del concerto quando entra una bandiera cubana che copre la macchina. In quel caso c’è solo una maschera diversa.


Che tipo di contributi video hai scelto di usare?
La maggior parte delle immagini vengono da Cuba. Siamo stati infatti a L’Avana per il concerto Sesiòn Cubana per quasi un mese. Abbiamo scattato moltissime foto e fatto molte riprese, e da tutto questo materiale sono scaturiti dei video clip che fanno parte dell’album della Sesiòn Cubana, alcuni fatti ad hoc per questo tour.
Lavoro con Zucchero da parecchio tempo ed avevo già un’idea di cosa ci fosse da fare. Lui ha esposto delle idee a me e allo scenografo Igor, e da lì siamo riusciti a creare delle cose, usando il materiale che ti dicevo o creando nuovi contributi. In effetti non ci sono moltissimi clip nell’arco del concerto, su 25 - 30 pezzi, i video sono otto o nove.
Non ci sono invece riprese live del concerto, solo dei video clip creati per le canzoni. Per esempio, nel pezzo Cuba Libre, ci sono le immagini di Cuba, com’è adesso, con delle vecchie immagini di Castro, immagini di Che Guevara, ci sono le immagini dello scontro della Guerra fredda.


Un altro brano in cui il clip è molto importante è Ave Maria Non Morro, un pezzo brasiliano, una preghiera per i nullatenenti delle favela. Voleva rappresentare queste persone in modo molto leggero e non patetico, perché lo spirito del popolo cubano è questo. Io sono stato lì e si vede gente che non ha nulla, che è poverissima, che vive nelle baracche, ma che è però sempre sorridente e solare. Quindi volevamo un po’ questo: rappresentare il popolo cubano in tutte le sue facce... bambini, gente anziana, bisognosi, anche gente che dorme in terra, ma tutto con molta leggerezza.


Le luci


Il lighting design è stato affidato, ancora una volta, all’inglese Vince Foster. A portarlo in tournée, però, c’è il suo collaboratore Matt Jensen.
“Vince – racconta Matt – fa la maggior parte della programmazione e poi io subentro per il tour; ma la maggior parte delle idee proviene proprio dall’artista.
“Per quanto riguarda il parco luci, abbiamo ventidue Sharpy, tra 60 e 70 Mac 2000 Wash, 22 Alpha Profile ed una trentina di strobo. L’utilizzo di fasci morbidi è predominante, gli unici fasci definiti in tutto il design sono degli Sharpy, e anche questi vengono usati su dei fader inibiti, raramente si illuminano più del 20%, altrimenti sono troppo accecanti: sono molto, molto potenti e vengono usati per lo più puntati verso il pubblico! 


“Gli Alpha Profile – continua Matt – vengono usati per l’illuminazione frontale, poi, ce ne sono otto di quelli sul truss in fondo per illuminare l’automobile della scenografia e metterci sopra un po’ di consistenza. I MAC 2000 fanno tutto il resto: illuminano la ‘struttura’ della scenografia. Ce ne sono 68 in giro, per terra, al fondo del palco per illuminare da sotto le ‘travi’, poi ce ne sono otto per illuminare le facce delle pedane, ed altri quattro sopra per illuminare pezzi scenografici particolari. Due di questi sono solo per i fanali della macchina”.


Per il controllo che sistema usate?
Per il controllo sto usando una Whole Hog Full Boar, con un’altra che funge da spare. Non è uno spettacolo enorme: abbiamo otto linee DMX, abbastanza piene ma non stracolme.
Abbiamo anche appena cambiato il modo in cui è configurata la rete di controllo: le due console sono ora su due reti completamente indipendenti. Abbiamo cominciato con la console spare che seguiva la prima in full tracking sulla stessa rete ma ci sono stati un po’ di problemi; questo ha provocato un crash in entrambi i DP (processori DMX). A Torino per due strofe e il ritornello di un brano c’è stato molto buio!


Questo ci ha convinto che il tracking con le Full Boar proprio non funziona come dovrebbe. Perciò ora abbiamo creato due reti completamente indipendenti. Se avessimo un problema adesso, il dimmerista dovrebbe manualmente cambiare un commutatore A/B... ma almeno abbiamo due sistemi completamente separati.


Come ti regoli con riguardo al video?
Devo ridurre di molto i livelli delle luci. Lo spettacolo è stato concepito per avere il video in retroproiezione, con l’altra opzione dal FoH. Il materiale della superficie di proiezione non è proprio d’aiuto in questo senso, ma questa era una scelta scenografica. Il risultato netto è che le proiezioni sono ancora meno luminose di quanto potevano essere, ed io devo aggiustare la potenza delle luci di conseguenza.
Per quanto riguarda l’adeguamento delle luci ai contenuti video, sono entrambi pilotati in timecode e programmati insieme. In alcuni brani comanda il video, come Cuba Libre ed Ave Maria. Tutto lo show è in timecode e preprogrammato, si può descrivere come uno spettacolo da un fader. Ovviamente, con una band così grande c’è da considerare che ci sono musicisti che non si mettono mai nello stesso posto tutte le sere.


Come ti comporti quando andate a fare dei festival?
Adattare lo show alle diverse venue non è un grosso problema quando stiamo con la nostra produzione. Per un palco più piccolo serve qualche luce in meno e quelli sono gli adattamenti più facili. Per i festival, invece, la cosa si complica molto, perché noi abbiamo 17 persone sul palco e ci sono pochi festival che montano un parco luci residente con 17 teste mobili sul truss anteriore per illuminarli. Di solito ci mandano tutti i plot del disegno residente in anticipo e se veramente non può funzionare devo aggiungere delle cose per noi.


Lo show
Lo spettacolo sembra appositamente studiato per piacere universalmente. Nonostante la formazione e l’orchestrazione cubana, non si arriva mai completamente ad una sessione di salsa hard-core ed il concerto mantiene sempre uno stampo molto “zuccherato”, anche nella parte del concerto che deriva dal disco nuovo. Poi, nella seconda parte, i nuovi arrangiamenti dei brani storici non eccedono in colore latino, così nessuna delle hit di Zucchero viene totalmente sconvolta.


Anche il lighting di Foster rimane molto a tema e resiste alla tentazione di fare discoteca anche quando i brani sono super-ballabili, cosa che capita spesso. Le scene sono tutte efficaci e, di nuovo, facciamo i complimenti al suo costante e impressionante utilizzo di colori forti. L’uso dei motorizzati per enfatizzare le scenografie in modo teatrale riesce molto bene, anche quando altri avrebbero insistito su altre tipologie di proiettori.


I contributi video sono ben realizzati e si fondono con lo spettacolo in modo naturale. In questa venue in particolare, le proiezioni sono state effettuate dalla regia FoH. La superficie grezza della proiezione è un fondale molto a tema, ma non favorisce certo la resa della proiezione frontale a distanza, anche se sembra che l’effetto sia voluto.
Per quanto riguarda l’audio, sappiamo bene che il 105 Stadium è da sempre considerato una sfida. Sfida superata dalla coppia Paoluzi/Norfield, anche se il mix di Norfield, sentito dalla regia, sembra mettere un’enfasi sugli acuti che non pare sempre esaltare la musica della scaletta. In genere il programma musicale è iper-compresso ed impacchettato, forse una scelta piuttosto obbligata visto il tipo di formazione, anche se noi preferiamo un po’ più di dinamica. Ma qui siamo nel soggettivo e certamente tutto ciò va attribuito a scelte stilistiche. La verità è che, come ci aveva annunciato Carmassi, la gente si diverte e balla per tutto il concerto, lasciando il palazzetto con un sorriso da orecchio a orecchio stampato sulla faccia.

 

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Assistente personale all'artista Laura Vergani
Manager Stewart Young
Autista/massaggiatore Matteo Grassy
Band
Tour manager Pete Hillier
Direttore musicale/basso Polo Jones
Chitarre/BV Kat Dyson
Chitarre/BV Mario Schiliro
Tastiere Nicola Peruch
Batteria/percussioni Adriano Molinari
Batteria Horacio Hernandez “El Negro”
Chitarre Elmer Ferrer
Tromba Osmil Rene Monzon Diaz
Lazaro Amauri Oviedo Dilout
Trombone Maykel Fernando Corrales Rojas
Percussioni Jorge Luis Nunez Palacio
Joaquin Nunez Hidalgo
Timbales Karel Escalona Perez Urria
Coriste Dyalis De Regla Machado Migueles
Liuba Calvo
Dorian Carol Arraiza Leon
Fornitori
Agenzia Coda Music Agency
Produzione Lemonandpepper
Scenografie Tekset
Disegno luci Vince Foster Light Design
Contributi video Stefano “Flash” Ranalli
Catering Mediterraneo
Trasporti Rockroad
Merchandising 2Effe Eventi e Merchandising
Management Part Rock Management
Supervisore progetto/tour Emiliano Bitti
Service audio/luci/video Agorà
Agenzia di viaggio Seneca
Bus Coach Service
Ufficio stampa Prima Pagina by Marina Testori
Automobili Volvo
Crew
Direttore di produzione Giorgio Ioan
Stefano Copelli
Fabio Carmassi
Head rigger/supervisore Emiliano Bitti
Asst. alla produzione Barbara Losavio
Band Assistant/Production Trainee & web Andrea Corrao
Direttore di palco Corrado Cecere
Fonico FoH Colin Norfield
Fonico monitor Maurizio Gennari
Monitor asst. Filippo “Pips” Zecchini
FoH asst. Antonio Paoluzi
Backliner artista/chitarra Sandro Fabbri
Alessandro Carli Ballola
Backliner chitarre/basso Baron Beetmoll Troy “Beet”
Backliner ottoni/operatore sequenze Phil Howey
Backliner batteria Alessio Guerrieri
Backliner Percussioni/ottoni Alan “Tonto” Jhowry
Operatore luci Matt Jensen
PA Man Marco Marchitelli
Danilo Vitale
Tecnici luci Roberto Torbidoni
Stefano Valle
Nicola Visentini
Roberto Mezzi
Media server/proiezioni Stefano “Flash” Ranalli
Capo carpentiere Alessandro Gobbi “Tyson”
Scaff/carpentieri Pablo Consoli
Nicola Martino Caccamo
Gabriele D’Acunti
Catering Pietro Vaccaro
Alessandro Grullini
Autisti Donato Palangio
Graziano Di Stasio
Loreto Margani
Domenico Grifa
Danilo Pirazzi
Marcello Marcelli
Autisti bus George Garklavs
Klas Jonsson
Frank Schoberth

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