Levante – Caos in Teatro

Il successo di “Nel caos di stanze stupefacenti”, il suo terzo album in studio, ha retto tre diverse tournée, l’ultima delle quali una produzione molto interessante concepita per i teatri.

Levantedi Douglas Cole

Al di là del tipo di musica, abbiamo sempre un certo rispetto per gli artisti che basano la loro carriera sulla gavetta, senza un certo tipo di esposizione mediatica che sembra creare stelle cadenti una dopo l’altra. Claudia Lagona, in arte Levante, è uno di questi; infatti, anziché avere un’unico “big break”, sembra guadagnarsi la sua fama nel tempo, a piccoli passi. Certamente ha avuto e ben utilizzato diverse occasioni per farsi conoscere dal pubblico, come la possibilità di aprire i concerti di Max Gazzé e dei Negramaro nel 2014, occasioni nate comunque dal merito e dalla credibilità di un brano certificato d’oro, Alfonso, e di un primo album che aveva debuttato all’ottava posizione in classifica. Tre anni, con due album e centinaia di piccoli concerti, poi due singoli – Non me ne frega niente e il duetto con lo stesso Gazzé, Pezzo di me – dell’album Nel caos di stanze stupefacenti hanno dato un’altra grandissima spinta a Levante e, infine, è arrivato anche il debutto in un talent show televisivo… non come concorrente, ma nella giuria di X-Factor!
La tournée a supporto del più recente terzo disco è passata dai club, dai festival europei e, infine, da un interessante giro nei teatri italiani, con una band allargata, arrangiamenti diversi e uno show visivo molto carino: Caos in Teatro. Abbiamo intercettato quest’ultima produzione al Teatro La Fenice di Senigallia.

OTR Live, di Francesco Barbaro, ha prodotto lo show e curato il booking delle date, mentre il management di Levante è Metatron. Il set, le luci e il concept sono di Camilla Ferrari, mentre la parte dei contributi è stata gestita e coordinata da Filippo Rossi e il suo team di creativi. A dirigere la produzione in tour è Mauro Di Gioia per OTR.
Il fonico FoH è Mauro Tavella, mentre a programmare e pilotare le luci troviamo Giorgio “Josh” Geromin. Il fonico di palco è Michele Nicolino, con il service Imput che fornisce audio, video e luci.

 
Mauro Di Gioia, direttore di produzione per OTR Live.

Mauro Di Gioia – direttore di produzione

“La produzione – racconta Mauro – nasce qualche mese prima del debutto. Ci sono state le prove musicali a Torino nella sala di Blu Musica. Sono poi seguiti l’allestimento e le prove di scena al Teatro Menotti di Spoletto. Il disegno della scenografia è stato fatto da Camilla, insieme ad OTR e a Filippo Rossi, che ha curato tutta la grafica ed i contributi video. OTR è una squadra familiare, e siamo rimasti gli unici a resistere a Roma. Francesco Barbaro non è solo un produttore, ha una visione artistica del suo lavoro: ci mette idee, ci mette passione... non è facile trovarne così.
“Il tour è di 18 date – continua Mauro – tra cui due doppie a Milano e Bologna. Sta andando molto molto bene, con alcune date sold-out già da diversi mesi prima.
“Dopo Caos nei Club e Caos in estiva nei festival in Europa, per Caos in Teatro sono stati ricostruiti gli arrangiamenti. Per quest’estate, però, è previsto uno stop, perché l’artista sta lavorando su un altro disco.
“Viaggiamo con un singolo bilico di produzione, con dietro una carovana di sei tecnici di Imput, backliner, fonico di sala, fonico di palco, operatore luci. In totale siamo ventidue persone... abbondanti – a cena siamo ventidue più IVA, diciamo.
“La fornitura tecnica – ci dice Mauro – è tutta di Imput, a parte i teli che sono, come sempre, di Peroni. Lavoro con Imput per la prima volta e ho trovato una squadra veramente bella, di ragazzi stupendi... sia per disponibilità sia per la capacità di risoluzione dei problemi. Convivere con delle persone per una tournée non è sempre facile, ma con tutti qui è diventata proprio una famiglia.
“È un tour molto molto bello, molto passionale, mette in evidenza le doti di Levante, ma anche di tutti i creativi, musicisti e tecnici coinvolti.
“Mi vanto di conoscere Claudia dal 2013 – aggiunge Mauro – quando c’è stato il debutto con Alfonso. Allora ero in produzione con Gazzé: lei è arrivata con la sua chitarra ad aprire i concerti, timida ed introversa; è ancora un po’ introversa, ma è una persona splendida. Mi fa un gran piacere lavorare in una produzione tutta sua, perché ha fatto la necessaria gavetta e se la merita davvero”.

 
Giorgio “Josh” Geromin

Giorgio “Josh” Geromin – operatore/programmatore luci

“Lo spettacolo – spiega Josh – è in delicato equilibrio tra proiezioni video e scene luci di tipo teatrale.
“Abbiamo tre video proiettori da 20K: uno in retroproiezione, che si occupa di proiettare sul tulle frontale – un kabuki, che si sgancia e cade – e anche sul cilindro di tulle che scende in certi momenti dello spettacolo, oltre ad altri due in americana frontale utilizzati per il fondale.
“Per quanto riguarda il parco luci – continua Josh – usiamo 16 MAC 700 come spot e 29 MAC Aura come wash. Poi abbiamo due Robe Robin Spiider dedicati a Claudia per i giochi di ombre sul tulle frontale. Oltre questi, ci sono solo 12 DWE.
“Abbiamo una matrice di 16 barre Sunstrip e 16 Ianiro dietro il fondale Tempesta, che permette un gioco di trasparenza fra proiezioni frontali e l’incandescenza dietro. Questa matrice viene utilizzata in alcuni brani con pixel-mapping pre-programmato sulla console, mentre durante alcune canzoni un po’ più delicate utilizziamo una lampada alla volta, per sottolineare certi momenti.
“Non ci sono dei followspot – dice Josh – perché mi occupo io stesso di creare un seguipersona: ho degli Spiider con i quali la seguo usando i controlli del banco in manuale. La mobilità di Claudia e la sua voglia di avvicinarsi al pubblico ci obbligano ad integrare di data in data degli elementi nel parco luci residente del teatro. Per esempio, qui abbiamo quattro metri di proscenio davanti che, quando viene giù il kabuki, diventa palco libero… quindi ho dovuto aggiungere una decina di PC da 1000 W per illuminare quella zona. In alternativa, uso alcuni dei nostri spare Aura o Spiider.
“Per il controllo – dice Josh – abbiamo una grandMA2 Light, con una spare che uso anche per fare i puntamenti. Durante lo show ho una Wing come spare collegata in Art-Net per avere un backup continuo. Abbiamo due Nodi di rete sul palco per la gestione di otto universi DMX. Come backup della rete Art-Net, usiamo un cablaggio diretto in DMX.
“Abbiamo qualche brano che viaggia direttamente sul segnale SMPTE lanciato dal palco, in altri la dinamica piuttosto variabile non permette l’utilizzo del timecode: siamo in teatro ed è un concerto, è giusto che le luci abbiano uno sviluppo dinamico come la musica.
“Soprattutto nella fase iniziale – spiega Josh – nella quale il kabuki rimane fisso fino al quinto brano, c’è l’utilizzo delle proiezioni in parallasse con doppia superficie – sovrapposizione di elementi grafici, nuvole sulle montagne ed altri effetti con il gioco di profondità in tre dimensioni. Durante questa parte, l’utilizzo delle luci è minimale – solo piccoli elementi di controluce piuttosto che piccoli tocchi per evidenziare l’elemento portante del brano.
“Dopo il quinto brano, quando il kabuki viene giù con, come si usa, un effetto un po’ esplosivo, lo show diventa più d’impatto e un po’ meno teatrale. Il flusso del concerto è un po’ ‘sinusoidale’, nel senso che ci sono momenti con dinamiche molto diverse, anche alternati.
“I contributi visivi in proiezione – dice Josh – sono tutti estremamente calzanti ai brani, fatti con montaggi ad hoc di elementi dell’immaginario mischiati con elementi reali. Abbiamo dovuto lavorare molto sull’intensità dei fari per trovare un buon livello di controllo, perché le proiezioni sono molto più delicate dei LEDwall. Poi, in base agli allestimenti, dobbiamo rivedere in ogni venue il bilanciamento, perché le distanze possono cambiare e le intensità dell’illuminamento conseguentemente sono diverse, oltre alle considerazioni delle ottiche dei proiettori.
“Usiamo un singolo server Pandoras Box, gestito da Alberto Righetto, responsabile per il video di Imput. Questo mapping occupa circa 166 punti di raster fra le proiezioni curve e le tre proiezioni totali. Bisogna avere un bel po’ di cura, in particolare con i due proiettori che lavorano in frontale, perché sono sdoppiati in sovrapposizione.
“La squadra luci è composta di tre persone – aggiunge Josh – una delle quali si occupa anche dei macchinismi di scena.
“Vorrei sottolineare la creatività e precisione nel lavoro di Camilla su questo progetto, oltre alla cura che Imput ha del materiale e del montaggio. È un allestimento con parecchi aspetti molto minuziosi che devono essere curati con attenzione”.

 
Mauro Tavella

Mauro Tavella – Fonico di sala

“ Lavoro costantemente con Levante dal 2015 – ci dice Mauro – e prima avevo fatto delle sostituzioni quando il suo fonico era ancora Riccardo Paravicini.
“Dal palco mi arrivano circa quaranta canali – spiega Mauro –: c’è una batteria ‘classica’ con cassa dall’interno, cassa dall’esterno, rullante sotto e sopra, hi-hat, tom, timpano ed overhead; abbiamo inoltre tre canali di basso, con basso elettrico, pickup a contatto più DPA sul contrabbasso. C’è anche il Moog del bassista. Ho due canali di chitarra elettrica – Sennheiser e906 e Shure SM57 – e due di acustiche. Poi ci sono un canale per il violino ed uno per il violoncello – anche questi con dei DPA. Le tastiere utilizzano tre canali stereo, mentre quattro canali sono dedicati alle voci, tre per i cori – batterista, bassista e chitarrista – oltre alla solista. Non ci sono sequenze in questo tour, tutto è suonato, abbiamo solo il click.
“L’unica scelta di microfono un po’ diversa dal solito, ma sicuramente non azzardata, è il Telefunken M80 dorato di Claudia, a filo.
“In regia – dice Mauro – uso una pedaliera da chitarra che ho assemblato originalmente per l’uso con un altro gruppo che seguo, i Tre Allegri Ragazzi Morti. Qui ho un Line6, un delay Boss DD-7, un simulatore di riverbero a molla Boss e un Phaser DigiTech. Con Claudia uso il Line6 per gli effetti di delay sulla voce. Questo è su una mandata ausiliaria e lo uso un po’ meno dell’anno scorso, visto lo show molto più acustico. Su un altro aux ho gli altri pedali, che uso per effettini sul rullante e sulla voce in due punti dello show. Tutto comunque usato, in questa tournée, in modo parsimonioso.
“Sulla voce di Claudia uso il channel strip Focusrite ISA 430, che penso sia eccezionale: ha preampli, filtri passa-alto e passa-basso, compressore, gate... c’è anche un de-esser dentro, ma è l’unico aspetto che non mi fa impazzire.
“Il rack di preamplificatori DiGiCo è sul palco, con il guadagno controllato dal fonico di palco e gain tracking sul banco di sala. C’è anche un multicore LK25: un canale sul multicore analogico porta la voce dall’M80, rilanciato dallo splitter sul palco, direttamente nell’ISA 430 e da questo entra nel ritorno del canale della SD9, per non avere un’ulteriore preamplificazione in mezzo. Poi ho gli effetti su un aux.
“Infine, ho un PCM 70 che uso ogni tanto sulla voce e sugli archi, perché gli effetti della SD9 non mi fanno impazzire per la voce – mentre per la batteria e gli altri strumenti vanno benissimo.
“La voce di Claudia – aggiunge Mauro – è molto bella e molto complicata, soprattutto in questa tournée, perché usa delle dinamiche vastissime insieme alla band. Nonostante usi l’ISA 430 – infatti la voce è piuttosto compressa, anche se si sente poco – devo sempre mantenere il dito sul suo fader, ma basta conoscere i brani, perché lei è molto costante nell’interpretazione.
“Ho anche un EQ sul master – conclude Mauro – ma inizia sempre flat e spesso rimane così. Esco con un L/R semplice, per andare al PA. Stiamo facendo del nostro meglio per dare un suono più ‘acustico’ possibile, cioè con il PA usato come un rinforzo del palco che deve restare il punto focale del suono”.

 
Leonardo Colautti, PA engineer ed assistente FoH per il service audio/luci/video, Imput Studio.

Leonardo Colautti – PA engineer per Imput

“L’impianto – spiega Leonardo – è il d&b audiotechnik Serie Y. Abbiamo otto sistemi per lato, sei Y8 + due Y12. I front-fill sono quattro Q7, mentre i sub sono otto V-Sub. La Serie Y è la serie che sostituisce la Serie Q, con moduli che montano due coni da otto pollici.
“Per gli amplificatori – continua Leonardo – ho un carrello di tre D80 per lato. Un ampli fa tutte le teste: quattro linee, le teste sono accoppiate. Il finale centrale pilota i front-fill e gli extra side C6, che non uso qui ma che servono nei teatri all’italiana. L’ultimo amplificatore pilota i sub.
“Anche se sono riuscito ad appendere quasi sempre, ci è capitato di dover appoggiare l’impianto sul palco un paio di volte. Avendo il tulle frontale che deve essere appeso al punto più avanti disponibile sul palco, spesso i punti che potrei usare per l’impianto sono occupati dal tulle. Fortunatamente è largo dieci metri, così generalmente riesco ad appendere l’impianto un metro più esterno ai lati del tulle.
“In ogni caso – spiega Leonardo – quando devo appoggiare, appoggio le teste sul palco con il flying bar, perché, anche quando i sub li devo posizionare ai lati, non si possono appoggiare le teste della Serie Y sui V-Sub in modo sicuro. Cerco sempre, in ogni caso, di mettere i sub in una configurazione arcuata elettronicamente… ho provato a contrattare qui, ma non c’è stato niente da fare. Il V-Sub, invece, è già configurato in cardioide internamente, con un 18” avanti e un 12” dietro.
“Dalla console arriva un L/R in AES/EBU e anche in analogico come spare. Usiamo sempre l’AES/EBU. Con questa configurazione di console, dobbiamo lavorare a 48 kHz. Entra direttamente sull’impianto, perché il D80 ha 16 bande di equalizzazione su ogni canale, con filtri peak, notch ecc. Così posso lavorare direttamente sul software R1 di controllo degli amplificatori.
“Dalla regia all’impianto ho due linee di AES/EBU, di cui una spare, più un L/R analogico. Il suono cambia leggermente tra AES ed analogico, perciò preferirei avere sempre uno spare di AES prima di dover commutare in analogico in caso di guasto.
“Nel caso – precisa Leonardo – fosse necessario commutare tra AES principale e spare, bisognerebbe cambiare proprio il connettore. Il D80 ha quattro ingressi: il primo è analogico, il secondo è analogico o digitale, il terzo è analogico e il quarto è sia analogico che digitale. Sono configurati in due coppie che si possono usare o in analogico o in digitale. Quindi, uso gli ingressi 1 e 2 per il L/R analogico, il terzo è vuoto e il quarto è il main AES/EBU. Perciò, non ho la possibilità di aver già collegato la mandata spare di AES/EBU. Nel caso di una perdita totale, farei prima a commutare in analogico con due click sul R1 che fisicamente cambiare il connettore sull’amplificatore.
“Per le misure uso Smaart 8 – aggiunge Leonardo – con microfoni MEL Lab, costruiti in Italia, vicino a Roma. Ne ho uno a cavo che uso per allineare i sub e per seguire il concerto, ed uno radio che uso per fare i front-fill.
“Questo costruttore di microfoni produce anche dei mini-microfoni con la stessa capsula, con minijack o miniXLR per bodypack radio Shure o Sennheiser. Io sto usando la trasmissione Shure UHF-R. Chiaramente non lo uso per l’equalizzazione, ma solo per avere l’impulso per l’allineamento. Però, io e i miei colleghi abbiamo fatto le prove e abbiamo verificato che, usato così con Shure, hanno la stessa risposta in frequenza e in fase della capsula a cavo in basso fino a circa 100 Hz”.

 
Michele Nicolino

Michele Nicolino – Fonico di palco

“Quest’anno – ci dice Michele – stiamo lavorando con una SD8 DiGiCo sul palco. Abbiamo una quarantina di canali, compresi talkback ed SMPTE. Per il monitoraggio siamo tutti in IEM, con sistemi Sennheiser ew300 G3, a parte il tastierista e il batterista che hanno ognuno un mixerino alla propria postazione. Le uscite dal banco sono una decina... anche i backliner, Andrea ‘Perez’ Peretti e Marco Vedovetto, usano gli IEM per le comunicazioni tra di noi.

“Non abbiamo radiomicrofoni... ci sono due sistemi Line6 radiojack per chitarra e basso, ma tutti i microfoni sono a cavo. È una situazione abbastanza rodata e serena. C’è la particolarità che devo dare il ‘go’ ad Alessandro, il tastierista, per fare partire il click e l’SMPTE per i movimenti di scena.

“Il palco è praticamente muto, a parte il sub QSC di rinforzo per il batterista con un singolo 18”, e il 4x10” del bassista che rimane ad un livello molto contenuto. L’ampli per le chitarre è in quinta oppure è fuori nel corridoio.

“Per il resto, non ci sono grandi particolarità... uso quattro o cinque effetti: due riverberi sulla voce, uno sulla batteria, uno sull’acustica ed uno sugli archi. Registro in multitraccia su Tracks Live con un sistema DiGiGrid MGB, che prende un flusso MADI, mentre un altro va in sala.”

Che auricolari avete scelto?
Io, Claudia, il bassista e il chitarrista stiamo usando il sei vie, top di gamma Earfonik. Abbiamo fatto due settimane di prove artistiche a Torino, durante le quali hanno arrangiato i brani. Io, come loro, non avevo ancora i calchi per gli Earfonik. Sapendo che in tour avremmo avuto diversi tipi di cuffie, ho usato delle Shure SE315 per preparare un mix generale. Poi in allestimento, con gli Earfonik, ho livellato le EQ delle mandate per rendere più veritiero il sound in ogni tipo di cuffie utilizzato. Per esempio, il batterista si trova molto bene con una cuffia Sennheiser che è praticamente aperta. Riesce sentire anche l’aria della batteria e il sub.

“C’è un momento particolare durante lo show – aggiunge Michele – quando Claudia prende una persona dal pubblico e la porta sul palco. Facciamo entrare un AKG C414, in modalità cardioide, con il quale lei canta e suona la chitarra senza IEM.

“Pian piano si avvicina il resto della band al singolo microfono e fanno un momento ‘acustico’ con il pianoforte, un rullante, il contrabbasso e voci. È un momento molto bello”.

 
Camilla Ferrari

Camilla Ferrari – Progetto palco e luci

Dopo lo show, parliamo con Camilla Ferrari del concetto e della realizzazione dello show visivo.

“Lavoro da alcuni anni con OTR Live – ci dice Camilla – con cui ho fatto le cose più belle di sempre, grazie all’autentica passione con cui cercano di portare avanti la loro attività. Mi hanno dato parecchia fiducia, libertà decisionale e d’azione, così siamo riusciti a fare delle cose davvero interessanti, relativamente alle produzioni di media entità che ho seguito.

“Per quanto riguarda Levante – continua Camilla – non ci sono storie di rapporti o amicizie particolari… l’anno scorso mi avevano chiesto di occuparmi del disegno luci, ma tutto il resto era gestito da altre persone. Quest’anno le cose sono andate in modo diverso e alla fine mi sono occupata della progettazione generale.

“In principio gli input non sono stati molto chiari. L’idea generale era ‘il teatro’, ma non ho avuto ben chiaro da subito che ci fosse questa necessità imprescindibile di scenografia teatrale. Per me il teatro è la massima espressione della creatività e della libertà artistica in ogni ambito, quindi non associo il teatro ai fondali e ai corpi luminosi nascosti, ma piuttosto alla libera espressione dei volumi e dei vuoti, della luce, del buio, di tutto ciò che che è in movimento o immobile. Quindi non sento necessariamente il bisogno di nascondere le strutture. Ma questa è la mia personale interpretazione che, mi rendo conto, può non rispecchiare esattamente la ‘classica’ idea di teatro generale.

“Ho sviluppato un paio di progetti – ci dice Camilla – che avevano presupposti completamente diversi da questo, prima di ‘approdare al teatro’ per come dev’essere, evidentemente, nella visione collettiva. Quindi la fase di progettazione è stata un lavoro prevalentemente tecnico e di capacità d’interpretazione, perché la mia creatività alla stato brado mi portava in tutt’altra direzione.

“Ad ogni modo, penso che quella presentata al pubblico, alla fine sia stata la scelta migliore, perché rispecchiava il desiderio di teatro di Levante, a cui, tra l’altro, va un plauso anche per aver saputo far suo l’utilizzo delle scene, immergendosi nelle atmosfere in modo completamente naturale. Per alcuni versi, lo spettacolo ci si è palesato davanti agli occhi costruendolo, attraverso una bella sinergia generale e in due o tre momenti notturni ci ha anche lasciati basiti.

“Quando ho capito che l’esigenza era di creare una scena ‘tipicamente’ teatrale, ho capito anche che pretendere di reggere il concerto prevalentemente con le luci avrebbe reso lo spettacolo obsoleto e stravisto, cosa che tutti cerchiamo a modo nostro di evitare, credo – ovviamente mi riferisco all’utilizzo di materiale ‘standard’. Per cui ho fatto presente che il lavoro di video, marginale nell’idea originale, avrebbe invece dovuto caratterizzare completamente lo spettacolo. Quindi ho cercato di sviluppare la situazione per far sì che i video potessero lavorare al meglio. In definitiva tutto è stato finalizzato alla valorizzazione dei video.

“In pre-produzione – racconta Camilla – abbiamo constatato a grandi linee la fattibilità delle proiezioni attraverso l’ipotesi di utilizzo di ottiche abbastanza standard, prospettandoci l’ipotesi peggiore e le infinite variabili a cui si va incontro in un tour di questo tipo, con delle location estremamente diverse fra loro. Sulla base di questo ho definito le distanze tra le superfici e il loro utilizzo in proiezione frontale o retro. Ho immaginato anche la reazione dei materiali, e nonostante la resa finale non fosse esattamente quella che pensavo, alla fine il risultato è abbastanza soddisfacente.

“Ci si può fare un’idea generale di massima, ma per sapere cosa succede davvero, bisogna lavorare sulle superfici con gli apparati reali, perché le variabili fisiche sono troppe. Filippo e la sua squadra hanno prodotto o modificato molte cose durante il periodo di allestimento, in cui abbiamo anche definito le movimentazioni di scena e l’utilizzo delle superfici. Le luci sono state studiate completamente attorno ai visual.

“Un lavoro utile – aggiunge Camilla – preparato prima dell’allestimento è stato il presettaggio del banco. Josh è arrivato con uno ‘show’ pronto per la programmazione che ci ha fatto risparmiare molto tempo. In fase di preallestimento abbiamo anche creato diverse cue list di massima sulle tracce LTC che in alcuni casi sono state molto utili”.

Con i diversi “strati” organizzati in parallelo al boccascena, la scelta di non usare tagli è un po’ insolita... come mai?
Avevo ovviamente pensato ai tagli, ma ho valutato che avevamo già abbastanza cose da gestire e che la squadra tecnica era già abbastanza oberata di lavoro, un lavoro delicato, che richiedeva attenzione, fondamentali elementi di cura che i tecnici di Imput non hanno mai sottovalutato e, anzi, sono stati formidabili. Inoltre persisteva la necessità di limitare al massimo gli “ingombri” luminosi, sempre nell’ottica di non inficiare i video.

Penso che i tagli debbano essere fatti a regola d’arte, altrimenti si rischia di fare più danno che altro, mentre un elemento fondamentale in questo tipo di tour è l’ottimizzazione dei tempi e delle risorse. Quindi eliminata l’idea dei tagli ho pensato a come sarebbe potuto essere lo spettacolo con questa illuminazione frontale così “picchiata” e ho valutato che se doveva essere teatro in questi termini, tanto valeva enfatizzarlo – a parte alcuni “salvavita”.

La scelta di fare quasi a meno di giochi di fasci a mezz’aria era obbligata dalle proiezioni e dall’effetto negativo del fumo su queste?
La mia priorità era valorizzare i visual, perché altrimenti avremmo fatto una smarmellata. Non è stato semplice, ma è stato interessante. Anche col fumo siamo stati parecchio attenti, proprio perché se avessimo coperto le proiezioni, sarebbe svanita la magia, creata proprio dalla delicatezza della capacità di riflessione delle superfici.

Fondamentalmente lo spettacolo era creato dai visual, le luci dovevano rafforzarne il significato estetico, cercando anche di rispettare la “discrezione” luminosa delle immagini videoproiettate; fossero stati LEDwall, ci sarebbe stato da fare tutt’altro lavoro.

“Vorrei ringraziare i colleghi – conclude Camilla – che sono stati tutti collaboratori preziosi. OTRLive e Imput Level hanno fatto il massimo per metterci nelle condizioni tecniche ottimali per sviluppare lo spettacolo al meglio e credo sia giusto farlo presente, perché non è un dettaglio”.

 
La squadra tecnica

Lo show

Questa produzione è un eccellente esempio di come si possa ottenere moltissimo con una modesta quantità di materiale. Le possibilità espressive offerte dal palco teatrale, perfette in questo caso, vengono ben sfruttate. Queste dimensioni e il modo in cui vengono utilizzate sono ideali per catturare e massimizzare le ottime qualità artistiche di Levante, in particolare per quanto riguarda gli aspetti visivi dello spettacolo.

I giochi con le proiezioni sui vari livelli in trasparenza – anche se le nostre foto non possono fare giustizia – funzionano molto bene e sono chiaramente il risultato di molto lavoro coordinato tra i creativi. Il tulle semicilindrico che circonda l’artista con illuminazioni e proiezioni è molto efficace. Un’unica pecca è che Levante ha ovviamente molta voglia di avvicinarsi il più possibile al pubblico ma questa configurazione non le offre un’illuminazione frontale adatta nella zona più prospiciente del palco; così in questi momenti permane un’atmosfera molto intima, quando, almeno qualche volta, sarebbe meglio un’illuminazione da protagonista.

Il suono è perfetto per queste dimensioni, e Tavella usa un mix che riesce mantenere il tutto fermamente ancorato al palco. Questo non è affatto facile, considerando lo stile di canto che usa l’artista, spesso etereo e delicato ma punteggiato con momenti di grinta, e con una sillabazione e delle affettazioni molto moderne.

Abbiamo insomma assistito ad un concerto veramente godibile e, come accennato, ci fa sempre piacere vedere il successo di un’artista che pian piano prende campo e cresce sui propri meriti.

Levante - il palco

Personale e aziende

Band  
Violoncello Lucia Sacerdoni
Violino Tommaso Belli
Basso e contrabbasso Mattia Bonifacino
Chitarre Eugenio Odasso
Batteria Alessio Sanfilippo
Tastiere Alessandro Orefice
Direzione musicale Antonio Filippelli
   
Ingegnere del suono Mauro Tavella
Fonico di palco Michele Nicolino
Backliner Andrea “Perez” Peretti
Progetto palco e luci Camilla Ferrari
Programmatore luci Giorgio “Josh” Geromin
Visuals
Direzione creativa Filippo Rossi
Co-direzione artistica Selene Sanua
Grafiche e animazioni Alfredo Menoni
  Lorenzo Taverna
Direttore della fotografia Marcello Orlando
Contributi artistici Beppe Conti
  Fabia Rodi
Il Film “Design For Dreaming” è diretto da William Beaudine
   
Una produzione di OTR Live
Direttore di produzione Mauro Di Gioia
Tour manager Paolo Pavanello
   
Etichetta discografica Carosello Records
Edizioni musicali Edizioni Curci
  Metatron
  Universal Music Publishing
Ufficio stampa MN
  Lucia Angelici
  Stefano Di Mario
OTR Live Francesco Barbaro
  Patrizia Alessandria
  Pino Barbaro
  Elena De Vito
Management Metatron
  Pietro Camonchia
  Stefania Giuffrè
  Paolo Pavanello
  Sara Beretta
Service Audio/Luci/Video Imput
Responsabile Paolo Boscolo
Responsabile luci Daniele Pavan
Tecnico luci Abdellatif Ouarrak
Tecnico audio Leonardo Colautti
Backliner Marco Vedovetto
Macchinista Andrea Vendrame
Tecnico video Alberto Righetto
Autista Francesco Cibin
   
In collaborazione con: RTL 102.5
  Sky Arte HD
  Mac
  L’Oreal Professionnel Paris

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