Gianni Morandi – D’Amore D’Autore Tour 2018

L’instancabile Gianni Morandi celebra il Giubileo di Diamante della carriera con il suo quarantesimo disco in studio e una tournée nei palasport italiani.

Gianni Morandidi Douglas Cole e Alfio Morelli

A novembre dell’anno scorso, Morandi ha pubblicato il suo 40mo studio album, D’amore d’autore, un’opera musicale nella quale Gianni interpreta otto brani inediti, tutti scritti da noti cantautori, oltre ad una cover, Onda su onda di Paolo Conte, cantata insieme a Fiorella Mannoia. Dietro il tour, ma anche dietro il disco, c’è la spintarella di Ferdinando Salzano che ha creato una sinergia con alcuni autori con i quali Gianni non aveva mai lavorato. La prima di queste si è concretizzata in un brano, Dobbiamo fare luce, scritto da Ligabue, che ha anche creato l’occasione per il coinvolgimento di Claudio Maioli, manager di Luciano. Alla fine, il nuovo disco ha visto la luce proprio con la produzione esecutiva di Salzano e Maioli, così come la tournée successiva è stata prodotta da F&P Group e Riserva Rossa, insieme a Luigi Zannoni per Mormora Music. C’è quindi poco da meravigliarsi se l’elenco del personale e dei fornitori coinvolti nel nuovo tour non si discosta di molto dalla più recente tournée di Ligabue: Orazio Caratozzolo produttore esecutivo, Franco Comanducci con la sua squadra a gestire la produzione, Jò Campana al disegno luci, Alberto Butturini alla console FoH e Stevan Martinovic alla regia monitor. La regia dello spettacolo, invece, è stata affidata a Michele Ferrari, uomo di fiducia di Gianni.

Il palco è fornito da La Diligenza, da un po’ di tempo parte del gruppo Italstage (che ha fornito i gruppi elettrogeni), mentre il PA è lo stesso della tournée di Ligabue – il sistema RCF di proprietà di Riserva Rossa – adoperato dal personale di Agorà, service che ha fornito anche le luci e gli schermi LED. Le telecamere e la regia video sono di TeleMauri di Maurizio Maggi.

Siamo andati a far visita alla carovana nella prima data itinerante, il 24 febbraio presso l’RDS Stadium di Rimini, dove abbiamo parlato con diversi membri della squadra tecnica e creativa.

 
Orazio Caratozzolo

Orazio Caratozzolo – produttore esecutivo per F&P Group

“La produzione nasce dal disco – spiega Orazio – nato da una collaborazione tra Gianni, noi di F&P (già insieme con il successo di Capitani Coraggiosi) e Maioli di Riserva Rossa. Tutto questo ha portato ad un disco importante, anche esso prodotto da F&P e Riserva Rossa.
“Da qui è arrivata l’idea di unire le forze – un po’ alla Ligabue – fra F&P Group e Riserva Rossa per creare una produzione. Ci siamo messi in relazione, ovviamente, anche con Mormora, la società di Morandi, che ha una partecipazione diretta e attiva nell’ideazione e nello sviluppo della produzione. È stato un tavolo molto aperto, una bella collaborazione nella quale ognuno ha portato la propria esperienza. I risultati sono stati estremamente simpatici e piacevoli... soprattutto perché Gianni è una persona fantastica ed è davvero un piacere lavorare con lui.
“Vista questa collaborazione – continua Orazio – è stato abbastanza scontato mantenere una fisionomia del tour simile per personale e aziende a quella che ha lavorato alla tournée di Ligabue.
“Il palco e la scenografia nascono da un’idea di Jò Campana e Franco Comanducci con una mia supervisione per quanto riguarda la realizzazione.
“Abbiamo fatto le prove a Jesolo – continua Orazio – anche per questo tour, luogo che sta diventando un po’ il centro delle nostre prove. C’è infatti un palasport in grado di ospitare le più svariate produzioni, comunque lontano dalle rotte classiche dei tour e che quindi non rischia di rovinarci alcuna data. Tecnicamente ci consente di lavorare bene e ci assicura anche buoni risultati di pubblico nelle date zero.
“Questa di Rimini è la prima data itinerante delle diciotto previste, mentre il tour si concluderà con un evento finale all’Arena di Verona il 25 aprile.

C’è anche un’estiva in programma?
È nell’aria... Gianni difficilmente fa un tour outdoor, ma sentiamo che c’è la richiesta. Fortunatamente, in Italia si stano consolidando delle rassegne/festival belle ed importanti... pensando, magari, a Lucca Summer Festival o altre rassegne che hanno delle programmazioni lunghe, residenti e che portano dei nomi importanti sotto ogni aspetto (infatti, ad oggi, sono state confermate diverse date in varie rassegne estive in tutta Italia – ndr).

 
Pasquale Aumenta, titolare di Italstage (sx), insieme al direttore di produzione Franco Comanducci.

Franco Comanducci – direttore di produzione

“Come ormai è noto ai più – racconta Franco – da circa un anno ho ceduto l’attività delle strutture. Sarebbe però un vero peccato gettare dalla finestra anni e anni di lavoro e di esperienza, e poi la passione per questo lavoro fa il resto. Mi è stato chiesto di seguire questa produzione e non ci ho riflettuto neanche un nanosecondo prima di accettare. Dopo tutti i tour e gli eventi fatti con Luciano la nostra squadra è ben rodata, i rapporti con i produttori, F&P Group e Riserva Rossa, sono solidi da anni, quindi non c’era motivo di rifiutare. Ed è partita questa avventura.

Effettivamente, sembra quasi un prolungamento del tour di Ligabue, siete tutti gli stessi!
Le persone e le aziende sono praticamente le stesse, anche se un po’ ridimensionate nel numero. Io ho però un ruolo leggermente diverso, mi considero una sorta di “ministro senza portafoglio”.
Agorà è il service audio, luci e video: per quei ragazzi ormai è come andare a lavorare alla catena di montaggio, nel senso che hanno un affiatamento e degli automatismi tali che è un piacere vederli lavorare. La regia video è di TeleMauri ed il palco è fornito e montato da La Diligenza, con cui ho una certa confidenza.

Abbiamo la sensazione che all’interno della produzione si respiri un’aria molto serena, sembrano tutti entusiasti di far parte di questa squadra.
È vero. Probabilmente è merito dell’artista: Gianni è un antidivo, sessant’anni di carriera si percepiscono nella personalità e nei modi di fare dell’artista, e questo i ragazzi lo sentono; e quando si lavora in un ambiente favorevole, risulta tutto più semplice e leggero.

Quali sono le particolarità in questo tour?
Di particolare direi niente... forse l’unica cosa diversa è l’età media del pubblico ed il modo con cui lo si deve accogliere. Diciamo che nei concerti tradizionali occorre porre attenzione all’irruenza del pubblico giovane, mentre in questo caso bisogna agevolare l’accesso e l’accoglienza del pubblico un po’ più maturo. In questo tour, come chicca, c’è un cadeau di Italstage, fornitore dei generatori e dell’energia: ha creato le canaline proteggicavo personalizzate con il nome dell’artista, una cosa molto simpatica ed apprezzata dall’artista.

 
Francesco Acciari

Francesco Acciari – site coordinator

“Il mio lavoro – spiega Francesco – è coordinare l’ingresso di tutto il materiale necessario alla realizzazione dello spettacolo. Di conseguenza, sono anche responsabile per il coordinamento dell’uscita dello stesso: ovvero smontare, rimpacchettare e mandare il materiale verso il bilico assegnato per farlo ripartire per la data successiva.
“Alla mattina, il primo compito è verificare che la squadra di lavoro chiamata al nostro supporto – i preziosi facchini – sia completa e correttamente equipaggiata per affrontare il lavoro. Il secondo è organizzare questa squadra, dividendola in diversi gruppi di lavoro, in modo che ogni singola porzione sia assegnata ai reparti audio, luci, video, palco, generatore, ecc.
“Il passo successivo – continua Francesco – è capire se ci possa essere qualche difficoltà dal punto di vista delle movimentazione del materiale... se ci sono ostacoli legati alla venue che ci ospita, oppure qualche ‘residuo’ di produzioni precedenti, cosa che a volte può capitare.
“Dieci anni fa – dice Francesco – si lavorava in una maniera passo-per-passo a settori: prima il palco, poi luci, poi audio ecc. Ora, ogni settore entra quasi in contemporanea… è come un piccolo LEGO che prende forma con una velocità impressionante. Ogni singolo pezzo – flightcase, ceste – va rimesso a posto man mano che si lavora, in modo che non ostruisca nessuna via di esodo.
“Di solito ci vuole qualche settimana, nella fase embrionale dello spettacolo. Innanzitutto si deve capire che tipo di spettacolo si porta in giro e quale tipo di supporto serve in termini di mezzi e personale locale per movimentare il materiale. Da lì si stila una tabella di lavoro. I volumi dei materiali vengono indicati dai vari fornitori, così per poter calcolare il minimo volume di camion necessario. Poi, entro la terza o la quarta data, questo volume si stabilizza e da quel punto si lavora con una marcia in più.
“Quando tutto è montato – spiega Francesco – il mio lavoro torna a svolgersi in ufficio per pianificare la tappa successiva. In tour, abbiamo la necessità di guadagnare il più tempo possibile, questo anche nell’ottica di un probabile o possibile imprevisto.
“Finito il concerto, cominciamo a fare il lavoro inverso rispetto a quello fatto al mattino. Comunque, questo è un lavoro che si può fare solo per passione, perché ci si investe un sacco di energia. Da quando ho cominciato, facendo il facchino, abbiamo però fatto dei grandissimi passi avanti e oggi è un lavoro meno logorante un po’ per tutte le categorie”.

In caso di back-to-back, quindi, tu non dormi?
Fortunatamente, in questa tournée ci riesco perché la produzione, nelle persone di Franco e di Marzia, hanno pensato ad uno sleeper dove riesco a dormire o a rilassarmi un po’.

 
Paolo Vettorello

Paolo Vettorello – Logistica/iter burocratici

“Lavoro in produzione – spiega Paolo – con Franco e Marzia Cravini. Aiuto con il coordinamento logistico secondo le indicazioni del responsabile logistico.
“Ho uno studio professionale specializzato in modelli organizzativi applicati agli eventi culturali, ed in questa tournée mi occupo anche di seguire tutti gli iter burocratici normativi e il coordinamento dei professionisti locali, oltre che delle verifiche per le commissioni tecniche di vigilanza.
“Sono nato e cresciuto professionalmente con Ferrara sotto le Stelle: la prossima sarà la mia 23ma edizione in cui mi occupo di produzione. Lì ho avuto l’opportunità di imparare a gestire tutta la parte complessa della commissione tecnica di vigilanza. Parallelamente, ho finito l’università con un dottorato in logistica applicata, e da sette anni ho uno studio insieme ad una socia architetto, con cui ci siamo specializzati nella progettazione di eventi culturali complessi, soprattutto in centri storici e in situazioni come questa.
“Lavorando in tournée, ho avuto l’opportunità di approfondire e conoscere luoghi e situazioni, oltre a commissioni di vigilanza che sono diverse da quelle del mio territorio. Io stesso sono membro di una commissione di vigilanza comunale e aver a che fare con diverse realtà nelle varie parti d’Italia mi fa capire meglio quanto la nostra non sia una scienza esatta. Mi piacerebbe che prima o poi ci fosse più chiarezza, prendendo ad esempio le legislazioni straniere, in particolare quelle irlandesi e quelle britanniche, dove le Event Safety Guide sono molto chiare e, anche se non sono facili da mettere in pratica, indicano un percorso netto. Qui, purtroppo, la sovrapposizione tra troppe leggi, molto spesso, non aiuta a trovare una chiarezza che si traduca in tutela per il pubblico e per i lavoratori in fase di cantiere.
“Io mando tutte informazioni relative alla produzione – strutture, motori, luci, generatori – e tutte le specifiche tecniche e le certificazioni e le verifiche. Parlo con le aziende che forniscono i servizi ed i materiali alla tournée e mi confronto sempre con gli uffici di Milano di Friends & Partners e con il produttore esecutivo, con cui coordiniamo, attraverso l’ufficio in tour e gli uffici Milanesi, le indicazioni relative alla commissione di vigilanza. In parallelo parlo con il promoter locale e, soprattutto, con i tecnici che vengono incaricati dal promoter locale: il coordinatore di sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, il direttore dei lavori e verifico tutti i requisiti tecnico-legali che devono accompagnare queste figure di riferimento. In parallelo si ragiona con il promoter e con i tecnici che non si occupano del D.Lgs. 81/08 per cantieri ma della carta ministeriale 96, per l’ottenimento della licenza per il pubblico spettacolo. In quel caso, si compie una serie di approfondimenti relativi a ciò che chiede la commissione di vigilanza... ad esempio le certificazioni di ignifugazione, i calcoli strutturali, il progetto dell’impianto elettrico, ecc ecc.
“In più, dopo i fatti di Torino del maggio del 2017, è uscita la Nota Gabrielli che si è trasformata in direttiva dalla fine di luglio, e questa comporta una serie di altri approfondimenti che riguardano safety e security, da non confondere con le attività di licenza di pubblico spettacolo. È qualcosa che riporta indietro il nostro mondo che, però, diventa anche più attuale, perché l’attenzione, soprattutto delle autorità locali e dei media, porta verso l’evento dello spettacolo una sensibilità un po’ diversa da quello che può essere la routine di qualche altra attività.
“Per una sensibilità del direttore di produzione e del produttore esecutivo di F&P, da qualche anno si è evoluta questa figura di riferimento in produzione che riesce a dare non solo le informazioni ma anche i supporti ai professionisti locali nel momento del sopralluogo tecnico della commissione. L’esperienza aiuta, perché riesco anche ad interpretare le necessità dei territori. Tradotto, mi trovo con la necessità di interpretare le normative. Questo è importante in Italia, anche perché le commissioni, nella loro composizione, variano molto da un luogo all’altro: la legislazione è unica, ma le modalità di interpretazione possono essere molto diverse”.

 
Mauro Marri

Mauro Marri – Head rigger

“Io comincio a lavorare su una tournée un mese o un mese e mezzo prima – spiega Mauro – quando si raccolgono tutte le esigenze di tutti i vari reparti: del lighting designer e dello scenografo, se presente, per capire il concept del palco. Si racchiudono tutte le idee in un disegno tecnico definitivo, in cui sono evidenziati gli ingombri e la volumetria dei proiettori, dei cluster del PA, dei sub a terra, ecc. Si identificano gli spazi e gli oggetti che verranno installati. Vengono analizzati e trasformati in pesi – quello di ogni singola truss e di ciò che vi è montato sopra, di ogni cluster, ecc. Viene quindi calcolato il numero dei punti di aggancio necessari e si genera un elaborato grafico che racchiude tutto, poi trasmesso all’ingegnere per fare la relazione sui carichi sospesi.
“Una volta ottenuto questo documento – continua Mauro – comincia il lavoro più duro: replicare l’allestimento ideale in ogni palazzetto, quindi preparare il posto in ogni palazzetto per il palco, per l’impianto audio e adattare il disegno ad ogni venue per far sì che nulla cambi. Sembra un po’ contraddittorio, ma tutto sopra può cambiare, eventualmente anche in maniera significativa, mentre sotto deve cambiare il meno possibile. Faccio un calcolo del peso che andrà su ogni americana e specifico il numero e la portata dei motori, sempre in contatto con l’ingegnere.
“È abitudine che i disegni CAD dei palazzetti vengano forniti in anticipo dai promoter, oltre alla libreria di truss, motori, ecc.
“Questo, in particolare, è un tour piuttosto snello. Localmente vengo affiancato da una squadra di rigger locali che varia da cinque a nove o dieci persone, secondo la situazione della venue perché ci sono delle situazioni un po’ più difficoltose che richiedono più rigger.
“Chiaramente – continua Mauro – questo vuol dire che siamo i primi ad arrivare e gli ultimi ad andare via. Viene posta un’attenzione particolare su questa cosa, per tenere alto il livello di sicurezza nel lavoro, anche perché è fisiologico che ci sia un lasso di tempo fra il montaggio e la fine dello show, in cui mi trovo in ufficio a lavorare sulla data successiva, mentre gli altri rigger sono a riposo fino allo smontaggio. Io mi riposo un po’ meno e viaggio in sleeper; comunque alla data successiva trovo sempre una squadra locale fresca.
“Il mio lavoro principalmente consiste nel mantenere la documentazione ed i disegni per assicurare il montaggio corretto, dopodiché sul campo gestisco le squadre locali.
“Le differenze principali – conclude Mauro – ovviamente sono date dalle situazioni nelle varie venue. Magari le cose possono essere, a volte, un po’ più complicate: per esempio a Pesaro, dove si lavora con i cherrypicker, rispetto a posti più semplici, come il Forum che è dotato di passerella con la putrella al soffitto”.

 
Jò Campana

Jò Campana – Lighting designer

“Premetto che – ci dice Jò – per me, è sinceramente un onore lavorare con questo artista, perché ho dei ricordi di Gianni Morandi sin da quando ero bambino e rappresenta per me un pezzo di storia della musica italiana. Io lo vivo personalmente come una medaglia nella mia carriera, perché lo stimo come artista e, posso aggiungere dopo averlo conosciuto personalmente, anche dal punto di vista umano. Questo è stato un coinvolgimento in più... come in tutte le cose, quando si è più coinvolti a livello emotivo si lavora meglio e con migliori risultati.
“Dopo aver sentito la scaletta, nella quale si alternano tutti i brani dall’album nuovo – per non far torto a nessuno dei colleghi che li hanno scritti – e tutti i vecchi classici, ci si rende conto che si tratta di due ore e venti minuti di canzoni che tutti conoscono a memoria. Per me è una cosa particolarmente gratificante.
“Per quanto riguarda il disegno – continua Jò – è un allestimento promiscuo, con una presenza di video moderata, come cerco di fare ultimamente.
“In questo apparente disordine, è stato necessario un bel po’ di studio per ottimizzare e movimentare la scena, a favore di una cosa un po’ frammentata piuttosto che il solito LED massificante e schiacciante. Ci sono delle forme geometriche, apparentemente scomposte, intermezzate da dei ladder, costruiti appositamente da Agorà, sui quali sono montati dei proiettori.
“In realtà – dice Jò – non c’è niente di particolarmente innovativo: è un progetto che ho proposto svariati mesi fa a Gianni e al suo entourage; si tratta di un disegno molto flessibile e versatile, in cui ad essere protagonisti sono a volte il video e a volte le sole luci.

Nasce prima l’idea della forma dello schermo o le esigenze dei contributi?
In realtà è nata prima nella mia testa la forma dello schermo. Mi sembrava in qualche modo una forma anche abbastanza “contemporanea”, piuttosto fresca o insolita. Con la seconda o la terza giovinezza che mi sembra stia vivendo l’artista, mi sembrava anche giusto andare in quella direzione.

Quali scelte hai fatto per il parco luci?
Utilizzo Robe Spiider, D.T.S. EVO, i cari vecchi Martin MAC 2000 per i key light, dei Lightsky Bumblebee. Particolarmente diverso da altri miei lavori recenti è l’aspetto interpretativo, anziché la qualità o la tipologia dei corpi illuminanti. Per me è stata un’ulteriore sfida confrontarmi con un genere musicale che fin adesso non avevo mai affrontato. Dal punto di vista dell’interpretazione musicale ci sono delle cose piuttosto “teatrali” – passami questo termine – c’è anche un escamotage attraverso il quale io, con i fari che ho sui ladder, punto dietro sul fondale nero per creare un altro livello di profondità.
L’approccio alla programmazione luci è stato diverso ed interpretativo – un ulteriore esercizio al quale mi sono piacevolmente prestato.
In questo caso lavoro più con l’illuminazione che con gli effetti, per creare le atmosfere giuste e dei bei quadri; il disegno luci si muove relativamente poco; non ho neanche mezzo strobo, i blinder sono solo per illuminare il pubblico.
C’è qualche eccezione, condivisa con Gianni, in momenti più rock-n-roll con la chitarra elettrica in evidenza.

 
Il PA engineer Mimmo Lettini (a sx) con il fonico FoH Alberto Butturini.

Alberto Butturini – Fonico di sala

“Lavorare con Gianni – dice Alberto – è un’esperienza che copre sessant’anni della musica italiana. È come scorrere un libro che racconta com’è cambiata la musica in tutti questi anni. Ovviamente, c’è la parte moderna dell’ultimo disco con canzoni dei più grandi autori italiani alle quali Gianni si è adattato e che interpreta con sonorità moderne. Poi vengono proposti i classici, che offrono una bellissima esperienza nel ricostruire certe caratteristiche sonore dei brani di quarant’anni fa, riproposti in un contesto tecnologicamente attuale. È una scaletta di due ore e mezza con un brano più bello dell’altro e più conosciuto dell’altro. È una bella soddisfazione. Inoltre Gianni è una persona squisita e si sta molto bene con lui.
“Abbiamo cominciato con le prove musicali in un hotel vicino a Bologna per una decina di giorni, con band, fonico di sala e fonico di palco. Abbiamo montato i brani, giorno dopo giorno, in modo da arrivare a Jesolo con la scaletta chiusa. Ovviamente dopo ogni data si continua lavorare su piccoli aggiustamenti – allungare un assolo piuttosto che accorciare una coda – però queste sono cose che capitano regolarmente.
“La situazione è abbastanza standard – continua Alberto – la band è composta da batteria, basso, due chitarre, una postazione di piano e tastiere del direttore musicale Alessandro Magri, una seconda postazione con Hammond, Moog, tastiere e tutta una parte di sequenze relative all’ultimo disco. Ci sono tre coristi, due femmine ed un maschio, Morris, che suona anche la chitarra.
“Le sequenze – specifica Alberto – sono utilizzate solamente per quelle sonorità create in studio, particolari e difficili da replicare dal vivo. Sono solo suoni di supporto per alcuni brani più recenti; parliamo di otto brani su quasi cinquanta. Il resto del concerto è completamente suonato, alcuni dei brani addirittura sono anche senza click.
“Tecnicamente – continua Alberto – utilizzo la console SSL L500 da tre anni, tutto inboard. I microfonaggi sono quelli standard scelti da tempo da me e Stevan, a parte la capsula Telefunken M81 per Gianni. Tutto di alta gamma, insomma, ma non c’è niente di esoterico.
“Gianni ascolta principalmente da un singolo auricolare, ma sono stati appesi dei sidefill TTL33-A, invece dei monitor a terra. Perciò il palco suona, ma non abbiamo problemi particolari. I volumi sono godibili, ma non devono dare fastidio alle persone che non sono abituate a sentire musica nei posti difficili come i palasport. Il volume insomma non è molto elevato ma, onestamente, ritengo che non ce ne sia proprio bisogno in questo tipo di approccio sonoro. Si sente bene tutto quello che si deve sentire; la gente è contenta e fa i complimenti quando esce.
“Poi – conclude Alberto – quando non c’è bisogno di spingere sopra i 98 o 100 dB sul pubblico, la diffusione è molto più facile, anche per chi sta sul palco e per le nostre orecchie che ogni tanto hanno bisogno di riposo”.

Domenico “Mimmo” Lettini
PA engineer

“L’impianto in sala – spiega Mimmo – è composto da un main di 18 TTL55-A, sei sub appesi da 18” TTL36-AS in una configurazione omnidirezionale, side di 12 TTL55-A per lato.
“Una piccola variante alla configurazione classica – continua Mimmo – è che abbiamo gli extra side misti, composti da quattro TTL55-A e quattro TTL33-A. È la prima volta che li usiamo combinati. La casa madre mi garantisce la compatibilità utilizzando la versione più recente del software, con il quale si possono usare dei filtri FIR a compensazione. Prima del nuovo software, era sconsigliato combinarli. Ovviamente, sono configurati con i 55-A sopra, per la gittata più lunga verso l’anello in alto, ed i 33-A sotto, per coprire il pubblico più vicino... questo ha senso anche in termini di dispersione, perché il 55-A apre a 90°, mentre la 33-A apre a 100°. Le dispersioni verticali dei due modelli fanno gioco anche in questa configurazione, perché il 55-A ha un’apertura verticale di 7° e la 33-A di 15°. Così, la 33-A garantisce una copertura migliore quando l’angolo di divergenza tra una cassa e l’altra è grande, come, appunto, in fondo ad un array per coprire il pubblico più vicino.
“I sub a terra – dice Mimmo – TTS56-A sono in configurazione a gradiente di pressione ai lati sotto l’impianto appeso, una configurazione con due blocchi di tre davanti e due blocchi dietro, 12 sub per lato, proprio da manuale. I due blocchi sono distanziati lateralmente tra loro di 60 cm, con una distanza di 120 cm tra baffle e baffle in profondità. È proprio un gradiente da manuale RCF. Chiaramente i sub posizionati in blocchi ai lati creano dei lobi di cancellazione, è inevitabile. Però, la configurazione familiare dei sub in una serie di stack cardioidi in una linea frontale non è stata apprezzata dall’artista, non per una questione di suono sul palco ma per una questione estetica: con i sub girati per la configurazione cardioide, le prime file guardavano proprio le ruote dei sub e, secondo l’artista, questo non corrispondeva all’eleganza del palco.
“Effettivamente, Gianni ha voluto eliminare i monitor a terra per lo stesso motivo. Le uniche casse che sono rimaste sul palco sono i due TTL33-A front-fill, mentre gli altri front-fill, sempre 33-A, sono appoggiati sui sub ai lati.
“Per quanto riguarda la gestione – dice Mimmo – usiamo il sistema RCF DX1616. Come architettura, nell’utilizzo mi ricorda molto Soundweb. Questa macchina è blindata, nel senso che non posso modificare le impostazioni interne, ma posso modificare la matrice.
“Da Alberto arriva il segnale in AES/EBU e in analogico, come backup. Il trasporto, invece, è in Dante, con un backup in analogico – che probabilmente non abbandoneremo mai. In Dante, dal palco, arriva un L/R dal mixer monitor come ulteriore backup, oltre a tutte le comunicazioni.
“Su RD-Net ho il controllo delle casse, grazie a due classici RDNet Control 8. Hanno implementato una cosa carina: prima, in RD-Net con gli array si potevano fare solo dei gruppi, adesso c’è invece la possibilità di suddividere gli array in zone. Quindi si può suddividere lo stesso array e, all’interno dello stesso gruppo c’è la possibilità di cinque ‘array correction’ diverse, utilizzando solo i filtri FIR. Questo è comodo. C’è anche la possibilità di comporre configurazioni di sub ad arco elettronico, end-fired e a gradiente, collegandoli seguendo un preciso particolare ordine”.

 
Stevan Martinovic

Stevan Martinovic – Fonico di palco

“Il monitoraggio – ci spiega Stevan – è per lo più in-ear, ma con un tocco della vecchia scuola. Gianni utilizza IEM con un auricolare solo, portato a destra. Poi ci sono dei sidefill appesi, RCF TTL33-A, con due sub TTL36-AS appoggiati ai lati.
“All’inizio avevamo messo sei monitor RCF TT45-CXA a terra con mix diversi miscelati tra di loro. Mi piacciono molto questi monitor che, tra l’altro, possono essere controllati da remoto tramite RD-Net. Era forse un setup ottimale, rispetto a quello attuale, ma Gianni non voleva che impallasse la visuale alle prime file. Alla fine abbiamo tolto tutto il monitoraggio a terra fronte palco e appeso cinque TTL33-A per lato come sidefill, con i sub ai lati del palco. Abbiamo a disposizione molto volume, ma sto proprio al pelo per mantenere un giusto equilibrio con Butturini e non andare a sporcare la sala, altrimenti Alberto sarebbe costretto alzare il volume FoH.
“I due chitarristi, i tre coristi e il sassofonista sono in IEM, mentre il batterista ha un mixerino Mackie al quale mando, come solito, un mix di batteria, un mix di solo band, le sequenze e il click. Il tastierista sul lato opposto, che manda le sequenze, ha un mix di band, il click separato e un mix delle sue tastiere. Il pianista, lato destro, ha un pre per cuffie Tascam LM8ST, al quale invio un mix completo.
“I backliner – continua Stevan – ovviamente hanno degli IEM per le comunicazioni, talkback sia del pianista che del tastierista e uno dall’altra parte per i backliner.
“I sistemi IEM – continua Stevan – sono tutti Sennheiser: quattro ew300 G3 e due SR2050. Questi ultimi sono dell’artista. Il backup effettivamente non ce l’ho. Ho fatto una patch così che, nel caso di imprevisti, quello del backliner può diventare lo spare. Meglio così, forse, perché superando gli otto sistemi dovrei mettere un altro combiner!
“L’unica novità in termine di microfoni è il nuovo sistema radio Shure digitale che stiamo usando per Gianni, il modello ULX-D. Sul trasmettitore abbiamo montato una capsula M81 Telefunken che risulta un po’ rumorosa al tatto rispetto al Beta58: bisogna stare un po’ attenti e, magari, tirare un po’ indietro il fader quando l’artista mette il microfono sull’asta, ma vista l’ottima qualità ne vale la pena.
“I tre coristi hanno degli Shure UR4D – continua Stevan – con capsula Beta58A, il sassofonista è ripreso con un DPA che si cambia su ogni strumento – tenore, soprano, contralto; in più, ha un AKG C214 davanti per le emergenze ma anche per suonare delle percussioni. Ovviamente ho sempre con me il mio prezioso amplificatore/combiner GX8 Professional Wireless.
“In regia – dice Stevan – sto usando la SSL L500, che trovo fantastica. Dal 2002, quando era appena uscita la D5, ero entrato completamente nel mondo DiGiCo, così all’inizio ho fatto un po’ di fatica con la SSL, che ho usato la prima volta quattro anni fa; piano piano le versioni sono migliorate e hanno risolto diversi aspetti software. Devo dire che adesso, per il suono, per la possibilità di fare delle modifiche rapide e per l’automazione, la L500 è la console migliore che abbia mai visto.
“La catena interna di ogni canale è modificabile, ossia posso decidere per ogni canale dove mettere l’insert, prima o dopo il fader, dove mettere l’EQ, dove mettere il compressore, dove mettere i filtri.
“Tutto quello che è interno, e questa è una caratteristica vincente, è ottimo e non manca nulla: equalizzatori dinamici due e quattro bande, compressore multibanda, de-esser, equalizzatori parametrici, simulatori. Se un chitarrista utilizza un Kemper e non fa un profiling bello, si può mettere un simulatore di cabinet di chitarra che lo trasforma completamente.
“Anche i reverberi – aggiunge Stevan – sono belli nel banco, ma per la batteria e la voce sono sempre innamorato del Lexicon e lo uso sempre... le uniche cose che ho all’esterno sono due PCM91”.

 
Marino Cecada

Marino Cecada – Regia video

Jò Campana e Franco Comanducci hanno disegnato questo palco – spiega Marino – con gli schermi asimmetrici e delle luci inserite tra uno schermo e l’altro. È una soluzione interessante, perché dà continuità ma anche una sorta di profondità.
“Lo schermo non è unico ma è una composizione di diversi schermi, il cui centro è leggermente spostato a destra e lì c’è la sezione più grande, quadrata, 6 x 6 m. Tutte le sezioni vengono utilizzate per le grafiche ed i contributi live, ma soprattutto la sezione più grande riproduce le riprese live. All’inizio, lo show era per lo più grafica e live, pensando a una continuità visiva, come se non ci fossero delle interruzioni tra le sezioni di schermo. Poi abbiamo continuato a lavorarci, inserendo delle soluzioni grafiche che invece andavano a valorizzare la separazione degli schermi, quindi senza continuità.
“La regia dello spettacolo è di Michele Ferrari, il professionista di riferimento di Gianni. Ha curato la regia non solo visiva, ma anche i movimenti e la coreografia dello show.
“Ho cercato di realizzare ed eseguire quelle che erano le sue idee. Solitamente, io preferisco lavorare molto di più sull’estetica ed il coordinamento con le luci, colori, movimenti ecc... non così tanto sull’aspetto figurativo. Michele, invece, aveva in mente molto più utilizzo di materiale video e fotografico dall’archivio di Gianni e di dare un look che richiamasse in qualche modo gli anni ’60. Quindi abbiamo utilizzato gli schermi non tanto come sorgente luminosa impattante con le grafiche, ma più per raccontare una sorta di storia, con elementi visivi che coprissero gli anni della carriera di Gianni fino ad oggi. Abbiamo quindi utilizzato meno animazioni, meno picchi di colore, rimanendo più sull’aspetto figurativo, anche tenendo molte parti dello show con gli schermi neri, aprendo, per esempio, solo durante un ritornello con un’immagine o un elemento grafico.
“Il media server è Resolume Arena – continua Marino – mentre il mixer delle telecamere è Blackmagic, con il suo controller hardware. Rispetto ad alcune altre produzioni recenti, questa è abbastanza snella: abbiamo due camere presidiate, più altre due remotate – una che fa un controcampo e l’altra che riprende di lato. Quelle presidiate sono una frontale dalla regia FoH ed una seconda posizionata in sala sul lato sinistro (stage right).
“Per quanto riguarda altri particolari, posso sottolineare l’aspetto social di Gianni, a cui lui tiene molto. Come in altre occasioni, c’è la messaggistica che passa sugli schermi, gestita da Salvatore Billeci, con interazione con i social network. Dà la possibilità al pubblico di condividere testi e foto, ovviamente filtrati, che l’artista fa fare nella città luogo del concerto. Gianni è molto attivo in questo senso.
“Io non seguirò il tour, al mio posto ci sarà Billeci per seguire anche la regia”.

Durante il soundcheck abbiamo notato una insolita latenza. A cosa era dovuta?
Inizialmente avevamo notato una latenza inusuale, rispetto al solito. Io, Maurizio e Matteo Maddalena abbiamo constatato qualche frame in più di latenza già a monte del media server. Abbiamo così cambiato il tipo di trasporto e la sincronizzazione delle telecamere, usando il mixer come master del clock, e il sistema è migliorato molto.

Quando c’è una latenza che può essere fastidiosa, questa viene tenuta in considerazione dalla regia delle telecamere, per scegliere le inquadrature dove si può notare meno?
Sì, la si tiene in conto. Dipende anche dall’ascolto che abbiamo in regia, che a volte può essere anche inquinato dal ritorno dalla sala. Bisogna regolarsi da situazione a situazione.

Lo show

Lo show non è solamente una retrospettiva, anche se il pubblico devoto esige che lo sia, almeno un po’. I brani dell’ultimo disco vengono eseguiti tutti, con lo stesso entusiasmo, forse di più, dei brani evergreen. Gianni è in gran forma, tanto da arrampicarsi anche sui sub ai lati del palco per avvicinarsi al pubblico nelle tribune, e dimostra la sua esperienza da grande showman in ogni momento dello spettacolo.
I volumi sono piuttosto contenuti, rispetto alla maggior parte dei concerti che si vedono oggigiorno, giustamente adatti al pubblico non giovanissimo, non abituato a livelli sonori elevati, anche se non mancano momenti più rock-n-roll, nel senso musicale, con assoli di chitarra e batteria. Forse anche noi stiamo invecchiando e riusciamo ad apprezzare la musica ai volumi più umani… ogni tanto.
Lo show visivo è molto elegante e teatrale, con gli schermi asimmetricamente dispersi ed inframmezzati da proiettori, in particolare gli Spiider, con i quali riesce creare degli effetti molto interessanti sugli stessi ladder che li reggono e, in particolare, sul fondale, oltre a fornire gli effetti in controluce. Come nella musica, non mancano i momenti rock-n-roll, ma gli effetti a mezz’aria vengono usati con parsimonia. I contributi video, un mix di i-mag e grafiche, vengono usati in modo appropriato. Il live, più che altro, assiste il pubblico più lontano per permettergli di capire meglio cosa succede sul palco. I contributi grafici sono più spesso didascalici che eye-candy – una scelta giusta, in considerazione delle aspettative del pubblico – anche se la creatività non manca nella loro presentazione.
Nulla da eccepire: un gran bel concerto, di grande soddisfazione per tutto il pubblico, che sottolinea ancora la professionalità dell’ormai mito vivente Gianni Morandi.
Insomma, nonostante Gianni Morandi sia in grado di incantare il pubblico con veramente poco contorno, lo show che è stato creato in suo supporto è proprio godibile, una grande serata per un pubblico di qualsiasi età.

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Tour prodotto da Ferdinando Salzano per F&P Group
  Claudio Maioli per Riservarossa
  Luigi Zannoni per Mormora Music
Produttore esecutivo Orazio Caratozzolo
Responsabile divisione concerti Ivana Coluccia
Responsabile comunicazione Veronica Corno
   
La band
Pianoforte & direttore musicale Alessandro Magri
Tastiere Simone D’Eusanio
Chitarre Gabriele Leonardi
  Elia Garutti
Basso Mattia Bigi
Batteria Alberto Paderni
Sax Francesco Montisano
Cori Augusta Trebeschi
  Moris Pradella
  Lisa Manara
Personal Gianni Morandi Sandro Stefanelli
  Giulia Sacchetti
Morandimania Ketty Antonacci
  Cinzia Basile
Regia Michele Ferrari
Progetto scenico Jò Campana
  Franco Comanducci
Direttore di produzione Franco Comanducci
Lighting designer Jò Campana
FoH engineer Alberto Butturini
Monitor engineer Stevan Martinovic
Coordinamento produzione Marzia Cravini
Coordinamento logistica -tecnica / iter burocratici      Paolo Vettorello
Site coordinator Francesco Acciari
Responsabile camerini Claudia Campagna
Head rigger Mauro Marri
Riprese video Telemauri di Maurizio Maggi
Computer grafica Marino Cecada
Assistenti alla grafica Massimo Racozzi
  Ornella Bonaccorsi
  Salvatore Billeci
Operatori video Ornella Bonaccorsi
  Michele Innocente
Media server Matteo Maddalena
Prompter Leonardo Luttazzi
Messaggistica live Livy di Salvatore Billeci
  Jacopo Cogoni
Service audio/luci/video Agorà
Audio PA Stefano Guidoni
  Mimmo Lettini
  Marco Marchitelli
Luci Alessandro Saralli
  Francesco Mingoia
  Gigi Germiniasi
  Manuel Del Signore
Video screen Fabrizio Lopes
  Daniel Pallone
Backliners Alessandro Fabbri
  Benny Rea
  Biagio Fumai
Stage La Diligenza
  Francesco Rompato
  Federico Frezzati
  David Giannoni
  Giorgio Giovanelli
  Slavko Zlatkovic
Catering Maccaronibros srl
  Fabrizio Palazzo
  Barbara Alfieri
Generatori Italstage srl
  Giovanni Fiorentini
Trasporti GM Gamund srl
  Massimo Montagnoni
  Vidoje Raonic
  Slavisa Radisavlijevic
  Raul Roatis
  Danilo Pirazzi
  Duilio Pirazzi
Per F&P group: Laura Battista
  Riccardo Brambilla
  Francesco Colombo
  Francesca Bevilacqua
  Gianluca Fiore
  Francesca Tumolo
  Carlo Crippa
  Alessandra Biase
  Giulia De Brasi
  Lisa Domenichini
  Beatrice Borgo
  Simona De Filippis
  Fabio Bongiovanni
  Carmela Cordisco
  Viviana Guarnieri
  Massimo Moretti
  Michele Bordogna
  Marco Facchini
  Daniela Garavaglia

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