Renato Zero – ALT in Tour

Sempre con un forte penchant per il teatrale, Renato Zero ha proposto un nuovo show nei maggiori palasport italiani al seguito del 28mo disco di inediti ALT. 

di Douglas Cole e Alfio Morelli

Il disco Alt, pubblicato nell’aprile dell’anno scorso, è la più recente opera discografica di Renato Zero. In termini di testi, forse anche più del solito, è uno sguardo accusatorio ma anche propositivo sulla condizione sociale nazionale ed internazionale. L’album è stato certificato disco d’oro sei giorni dopo la pubblicazione e di platino dopo tre mesi – un notevole successo anche per un artista con un seguito di pubblico notoriamente devoto. 

Il 1, 2 ed il 3 giugno dell’anno scorso, Renato ha proposto tre concerti all’Arena di Verona, supportato da un’orchestra, configurazione che sembra essere diventata uno standard per questo artista. Un ritorno il 17 settembre all’Arena lasciava presagire una tournée invernale in tutta la Penisola. Puntualmente arrivata e proposta da F&P Group, caratterizzata da una scenografia tutta nuova, ideata dall’artista e realizzata da Igor Ronchese e Tekset ed illuminata da Mariano De Tassis. Per quanto riguarda il suono, torna il duo Franco Finetti e Maurizio Nicotra, assistiti dal PA engineer Davide Grilli, con Enrico Belli alla regia monitor.

Verso l’inizio della tournée, ci siamo recati all’Adriatic Arena di Pesaro, dove la produzione ha realizzato l’allestimento iniziale e dove è poi tornata il 3 dicembre per un concerto vero e proprio. Entrando nella venue, siamo stati colpiti subito dalla scenografia, che sembra più il set di un musical che il palco di un concerto. Cats è quello che viene in mente, con la sua memorabile discarica come scena di apertura, ma qui, invece, l’ambientazione è un’altra. L’idea è quella del cantiere, anche se con una simbologia del tutta diversa. 

Valerio Capelli – Produzione

Negli uffici della produzione, incontriamo Cristina Bondi, di F&P Group, che ci indica Valerio Capelli come responsabile della produzione.

“Mi trovo qui – spiega Valerio – perché già da tempo faccio parte di Tattica, azienda che si occupa del management di Renato Zero, quindi sono stato coinvolto in questo tour che è appunto una co-produzione Tattica-F&P. L’agenzia di Ferdinando Salzano, oltre ad occuparsi del booking, ha gestito insieme a noi diversi importanti aspetti della produzione, ed avere a fianco una persona competente come Orazio Caratozzolo in veste di produttore esecutivo è certamente un vantaggio. Le date sono invece gestite da Tattica, quindi io ho la duplice veste di produttore esecutivo per Tattica e direttore di produzione in tour”.

Di chi è l’idea del palco?

Come sempre, le idee nascono da Renato che, in collaborazione con De Tassis e Ronchesi, ha realizzato questo palco. Abbiamo voluto rappresentare una zona industriale in ricostruzione, con dei capannoni e dei finestroni sullo sfondo. Venendo avanti, si trovano delle gru che stanno ricostruendo, mentre in una delle buche del cantiere trova posto l’orchestra. A  prima vista sembrerebbe un paesaggio distrutto, ma questo è fuorviante, perché con questo palco Renato vuole portare un messaggio positivo di ricostruzione e di speranza per il futuro. Grazie alla mano di De Tassis, si è lavorato più su un disegno teatrale, sui dettagli, anziché sulla potenze luminose del rock-n-roll. Un momento molto simpatico e di effetto è quando i musicisti indossano dei caschi da lavoro ai quali sono fissati dei piccoli fari a LED pilotati dalla regia, creando delle scenografie luminose molto accattivanti.

Gli schermi LED laterali servono solo alle riprese live per il pubblico?

Esatto, e, come avrai notato, non sono perfettamente dritti ma leggermente inclinati, proprio per dare un senso di precarietà caratteristico del cantiere. In questi schermi, ormai di prassi in ambienti abbastanza grandi come questo palasport, mandiamo solo le riprese live, per fare gustare anche agli spettatori più lontani i dettagli dell’artista, che altrimenti si perderebbero.

Qual è la scaletta del lavoro di allestimento?

Vista la complessità del palco, abbiamo deciso di portarci tutto al seguito, quindi dobbiamo dividere la produzione in due giorni. Nel primo arriviamo e cominciamo a fare i punti motore e tutto il riggheraggio; contemporaneamente, da un’altra parte del palasport, montiamo il palco su ruote e nel pomeriggio uniamo il tutto e montiamo il resto, tranne l’audio, finendo orientativamente attorno alle otto. La mattina seguente entrano quelli dell’audio che finiscono l’installazione per l’ora di pranzo, lasciando il pomeriggio per le rifiniture ed il sound check attorno alle 17. Alle 21 si va in scena.

Quante persone sono coinvolte nel tour? 

Complessivamente siamo un centinaio, divisi equamente: il 50% per la parte artistica – gruppo, orchestra, i “Neri per caso” e l’artista – mentre l’altro 50% è la parte tecnica e di produzione.

Maurizio Nicotra e Franco Finetti Fonici FoH

Nella regia FoH, troviamo una situazione molto simile a quella della tournée del 2013: una SD7 su cui operano a quattro mani Maurizio Nicotra e Franco Finetti.

“Fondamentalmente – spiega Maurizio – c’è una piccola differenza dalla tournée del 2013: abbiamo messo in campo il SoundGrid. L’avevo sperimentato con Baglioni e l’ho fatto provare pure a Franco, ed è un valore aggiunto della console. Inoltre c’è sempre l’ELOP Manley sulla voce di Renato, che utilizza sempre la stessa capsula Telefunken M81.
“Abbiamo iniziato sperimentando tutto per le date di giugno con un’orchestra più grande, di 54 elementi. Abbiamo messo tutto a fuoco in quell’occasione. Qui, invece, l’organico dell’orchestra è stato ridotto a 34 musicisti, anche se, tecnicamente, resta  una continuazione del lavoro studiato per le date all’Arena.
“Quest’anno, rispetto al 2013, abbiamo il K1 con i sub appesi... un impianto molto diverso. Comunque, Davide ci fa sempre stare comodi.
“I canali – continua Maurizio – gestiscono l’orchestra più la band, composta da due chitarristi, basso, batteria, percussioni e due tastiere. Poi c’è il gruppo dei sei coristi, i Neri per Caso. L’orchestra è ripresa singolarmente: ognuno degli archi ha un DPA 4099, mentre sui fiati ci sono degli Schoeps e degli AKG C414. È tutto abbastanza standard. Nel banco abbiamo varie sezioni dell’orchestra, raggruppate per facilitare il mixaggio.
“Ci dividiamo i compiti alla console – spiega Maurizio – e la SD7 ci avvantaggia su questo, perché dà la comodità di poter lavorare su un unico banco a quattro mani”.

“Non c’è un altro banco sul quale puoi lavorare così – aggiunge Franco –. Tutte le cose che ha lui, le ho anch’io e vice-versa. La voce di Renato la seguo io, perché lo seguo da 30 anni, ma ci dividiamo il lavoro secondo le esigenze del brano, gli assoli, le varie parti”.

“La cosa bella  – aggiunge Maurizio – è che abbiamo sincronizzato le nostre orecchie. Sentiamo le stesse cose e ci accorgiamo delle stesse cose”.

“Basta uno sguardo tra noi  – dice Franco – e ci capiamo perfettamente. Viaggiamo sulla stessissima lunghezza d’onda, un connubio già sperimentato da parecchio, anche se non so come faccia lui ad avere le idee vecchie come le mie!”.

“Io definisco questo lavoro insieme – ci dice Maurizio – come una specie di alta definizione, nel senso che il mixaggio fatto in due consente sempre di sentire il dettaglio. Quando sei da solo, chiaramente la cosa più importante è la voce; qui, invece, possiamo andare a prendere ogni dettaglio, riempire ogni buco”.

“Giusto – dice Franco – quando si mixa da soli, prevalentemente si segue la voce e quando si sente qualcosa sul resto che magari andrebbe perfezionato si cerca di prenderla al volo, altrimenti la si lascia perdere. Invece, lavorando in due, si riesce a limare anche le piccole cose ottimizzando tutto al massimo”.

Hai detto, Maurizio, che adesso avete incorporato il Waves SoundGrid. Quali plug-in state usando?

Quello che stiamo usando molto è il Channel Strip SSL, ma anche il C4 sulla chitarra acustica, che aiuta a seguire le frequenze un po’ fastidiose; per il resto non stiamo usando delle grandi catene stravaganti di plug-in. 

L’impianto, comunque, sembra messo in modo molto intelligente – molto avanti rispetto al palco – per controllare i problemi con l’orchestra, immagino... 

I colleghi al palco – dice Maurizio – ci dicono che il suono dell’impianto è abbastanza assente sul palco, a parte qualche riflessione di ritorno. Questo ci dà un grande aiuto nel mixaggio qui. 

Sì – aggiunge Franco – il palco è molto pulito, e questo è assolutamente merito di Davide. 

Nei momenti in cui l’attore gira fra il pubblico avete qualche difficoltà con i rientri dall’impianto?

Sì – risponde Maurizio – ci sono parecchi interventi dell’attore, sul palco e anche fra il pubblico. Sta usando un headset, ma non abbiamo avuto dei particolari problemi. 

Uscite sempre con un semplice L/R per andare all’impianto?

È una scelta condivisa – dice Maurizio –. Ci siamo confrontati anche con Davide, ma in una situazione così non servono canali di voce o altri canali separati, e con un impianto ben impostato per la copertura, un semplice stereo è tutto quello che serve.
“Vorrei ribadire – aggiunge Maurizio – che, per me, rimane sempre un onore lavorare con Franco Finetti.”

“Comunque – dice Franco – per il prossimo tour gli servirà cercare un altro, perché Franco Finetti, alla sua veneranda età, ha pensato che sia ora di ritirarsi dai tour: o Maurizio troverà un collaboratore più giovane o lo farà da solo come tocca fare a parecchi altri!”.

Davide Grilli – PA Engineer

“Questo tour è partito da una grande preproduzione – ci racconta Davide –. Le mail sono cominciate con i primi disegni circa tre mesi prima che partisse il tour, un anticipo strepitoso. Questo è stato voluto da Igor: ha mandato un disegno e ha chiesto di far sapere che problemi ci potevano essere. Io gli ho risposto, chiedendogli di mandare un disegno con le casse già dentro, cosa che ha fatto subito. Questa situazione è infinitamente preferibile alla solita, dove un disegno viene fatto senza considerare l’audio e le ‘trattative’ cominciano quando si va ad aggiungerlo.
“Quest’artista è molto emotivo – continua Davide – ogni sera si comporta in una maniera un po’ diversa. Una sera può introdurre un brano con un monologo quasi sussurrato, mentre la sera successiva può anche presentare lo stesso brano con un urlo. Dovevamo quindi essere pronti a una grande copertura con un dettaglio preciso, per cui non mi sono fatto mancare niente.
“C’è un cluster centrale di sei KARA per il parterre, perché gli array principali sono molto distanti uno dall’altro e questo aiuta a portare la focale audio verso il centro ed evitare la spiacevole situazione di vedere l’artista alla destra del palco e sentirlo dal lato sinistro. Poi abbiamo il main costituito da 12 K1 più quattro K2, un discreto cluster che permette di coprire quasi qualsiasi esigenza, per di più predisposto per essere allungato fino a 12 K1 più sei K2. Abbiamo un buon numero di K2 come side che permette di coprire bene la maggior parte delle esigenze dei palazzetti italiani.
“Stiamo usando i sub appesi, ottenendo una buona copertura laterale anche nelle tribune molto alte. In più, la parte da 55/60 Hz fino a 100 Hz è ricamata con il processore, in modo da formare un cardioide con i 15” del K1, mantenendo una grande intelligibilità nelle medio-basse e, soprattutto, una cancellazione posteriore, importante per la presenza di tanti microfoni aperti per la ripresa orchestrale: parliamo di 120 canali di microfoni, quindi il palco deve essere pulitissimo.
“A completare questo già ricco setup, abbiamo anche degli extra side di K‑Array KH7, casse molto compatte che non avevo mai usato in precedenza. Dopo diverse telefonate e scambi di file con Klaus Hausherr, sono riuscito ad aggiungerle e mi trovo molto bene: mi danno delle grandi soddisfazioni, una copertura perfetta per questo impiego. All’interno hanno quattro amplificatori da 2000 W e crossover interno passivo.
“Infine – aggiunge Davide – abbiamo i sub SB28 a terra – configurato col mio solito GASS (Grilli Audio Sub System – ndr), in questo contesto ridotto da 3-6-9 a 2-4-6, con l’aggiunta di due sub al centro per le primissime file. Come front-fill abbiamo delle L‑Acoustics 108P, amplificate: abbiamo impostato un offset che va sopra il suono acustico dell’orchestra e della batteria, per dare la piacevole sensazione di sentire i suoni provenire dal palco e non dalle casse”.

Per il controllo, invece?

Sto usando una bella batteria di Lake, che ha degli EQ proprio eccellenti, e su Dante suona meravigliosamente. La prima programmazione è un po’ più complessa, rispetto al Galileo, ma mi dà un’interazione molto veloce quando voglio provare le linee.
Con il Galileo faccio invece l’EQ ed i delay per le casse amplificate, le 108P e gli extra side KH7. Controllo inoltre le proporzioni di volume e i delay direttamente sugli amplificatori, da remoto, tramite il software LA Network Manager.
Praticamente in LA Net ho l’ingresso A che è tutto il Galileo – con tutte le porzioni: L, R, side, sub fly, sub a terra – completamente separato in settori, in modo che, quando faccio il giro col tablet, agisco, apro, chiudo, eccetera velocemente senza fare cento passaggi. Poi dal mixer mando un L/R su tutti i canali B. Così facendo, se avessi un problema, potrei commutare tutti i finali sul canale B e la console andrebbe direttamente all’amplificazione, e magari recupererei un’EQ al volo. Questo è il primo paracadute. L’altro è che il primo Lake è impostato per gestire i due mixer, palco e sala; poi esco da questo in Dante per andare agli altri Lake. Se ci fosse un problema con la regia al FoH, il fonico di palco ha già preparato un mix per la sala, e dovrei solo commutarlo come ingresso. Magari il mix non sarà dettagliato come quello della sala, ma in qualche modo porteremmo a casa lo show o il brano. Queste cose mi danno abbastanza serenità di gestione.

In quanti siete a gestire il PA?

Sono stato ascoltato, questa volta, e sono riuscito a fare entrare anche delle persone nuove e giovani. In realtà, in un tour di questo calibro è un po’ un azzardo – con centralino, main, side, sub fly, sub a terra, extra side, batteria di frontfill, cable bridge (un bell’impiccio anche quello) – non è proprio da pischelletti. Quindi abbiamo un PA man veterano, uno più giovane entrato da qualche mese ma già con un’infarinatura, e poi uno giovane giovane. Quest’ultimo mi prepara i cluster in pacchetti di quattro, con i gradi e con i punti, le 63 A, le cabine... roba abbastanza semplice ma che dà una grande mano nell’esecuzione. Questo ci permette di entrare alle 9:00 di mattina, andare a mangiare alle 13:30 con l’impianto già sospeso, tornare dal pranzo e accendere: per le 16:00 siamo pronti per il soundcheck. 

Quando farete il passaggio e finalmente comincerete ad appendere anche i finali?

Credo che non siamo proprio pronti, perché non è una soluzione logisticamente semplice. Basti pensare che ad ogni intervento sarebbe necessaria l’assistenza continua di un rigger, cosa non semplice. Secondo me, valutati i benefici e le difficoltà, terremo i finali a terra ancora per un po’.

Enrico Belli – Fonico di palco

Cominciamo chiedendo ad Enrico come mai si trovi in regia con ben due console DiGiCo SD7.

“In realtà – spiega Enrico – abbiamo cominciato con una SD7, più una SD11 per mixare una parte dell’orchestra. Durante le prove generali, l’SD11 ha dato un attimo di problemi d’alimentazione e, visto che Agorà non ne aveva un’altra disponibile con l’Optocore, abbiamo scelto una SD7. Però a Roma la cambieremo di nuovo con due SD11, una mirror dell’altra, per avere lo spare. La SD11 deve gestire solo 32 canali, così qui la SD7 è veramente sprecata”.
“Abbiamo veramente tanti canali – continua Enrico –: si cerca sempre di snellire ma, per esempio, ne ho 12 solo di talkback. C’è rimasto qualche ingresso non usato nello stagebox, ma sulla SD7, l’ultimo canale degli archi è il canale 164!
“La band è di otto elementi, a cui si aggiungono 24 canali di sequenze, con cori e orchestra su tracce, ma solo per un piccolo rinforzo, infatti la sala le sta usando a meno del 20%.

Come gestisci i diversi ascolti?

È piuttosto impegnativo: tutti gli ascolti sono in cuffia o in IEM, abbiamo solo un sub per la batteria. Alcuni musicisti della band hanno un Roland M‑48 con dei premix: generalmente ricevono uno stereo del loro strumento, uno stereo della band dedicato a loro (quindi per me sono due aux stereo) poi un mix di voci, un mix di ospite e click. Batteria, basso e percussioni hanno un loro mixerino, ma il concetto è proprio lo stesso.
Gli archi hanno un ascolto gestito tramite amplificatori per cuffie, inoltre abbiamo delle prolunghe per le cuffie con controllo di volume individuale, in modo che possano avere un livello personale. Però le sezioni sono unite nel monitoraggio, nel senso che sarebbe stato uno spreco di tempo, energia e cablaggio cercare di dare ad ognuno il proprio strumento separato dal mix. Finora non c’è stato un gran rientro dell’impianto sul palco ed i musicisti dell’orchestra riescono a sentire i propri strumenti in acustico.

E Renato?

In confronto agli anni passati, Renato ha molta più band rispetto alla voce. Lui ha bisogno di tante armonie  e, rispetto ad altri artisti, vuole sempre mantenere un rapporto equilibrato tra la voce e le armonie. Questo può essere abbastanza complicato. Per esempio, un brano può cominciare con un solo strumento e una piccola sequenza, ma in seguito magari arrivano 100 canali insieme! Così c’è da tenere il freno a mano: devo rimanere sempre incollato al suo ascolto e ai suoi gesti, che usa molto bene per segnalarmi le sue necessità. Per fortuna c’è un solo punto cieco sul palco tra me e lui, quando passa dietro il pianoforte.

Ci sono anche parecchie radio frequenze?

Ci sono diverse radio frequenze: per i Neri per Caso, i sei coristi fissi, ci sono sei radiomicrofoni e sei IEM; poi ci sono degli ospiti quasi sempre presenti, come Sal Da Vinci che ha un headset e un palmare. Ci sono inoltre dei radio in più per gli ospiti che arrivano – e sono tanti – e fino ad un paio riusciamo a gestirli tranquillamente. Stiamo usando 14 IEM (misti tra ew300 G3 e 2000, Sennheiser), degli Shure Axient con le capsule Telefunken come radiomicrofoni per Renato e per gli ospiti, mentre per i Neri per Caso abbiamo sei Shure UR4 con trasmettitori palmari UR2 e capsule SM58; c’è un headset HSP4 e ci sono dei Sennheiser per gli ospiti. Poi abbiamo vari bodypack per chitarre, utili per ospiti come Ron.

Carlo Pastore – Operatore luci

In regia luci incontriamo Carlo Pastore, lunga mano del lighting designer Mariano De Tassis.

“Questo lavoro è nato a sei mani – ci dice Carlo –: Renato lo ha ideato, Igor Ronchese lo ha vestito e Mariano gli ha dato vita. Mariano ha fatto un lavoro molto accurato, sempre in vena teatrale. C’è stato un lavoro di adattamento molto fine, in cui è stato considerato anche l’effetto del pubblico. Mariano ha deciso le idee e il look, poi, insieme, abbiamo costruito lo show brano per brano.
“In base alla scenografia, il grid è composto da tre finger di truss nero, così che sia un po’ nascosto lì dove sono alloggiati i VL4000 BeamWash e gli Alpha Profile 1200 Clay Paky. L’americana frontale è spezzata al centro per permettere il montaggio del cluster centrale. Sotto c’è la situazione delle gru, i cui tralicci sono illuminati dall’interno con dei PAR LED e sostengono dei Robe Pointe e dei Martin Mac Aura. I floor sono invece Clay Paky A.leda K20 e Robe PATT.
“Grazie alla disponibilità di Agorà – continua Carlo – abbiamo potuto usare molto materiale di prim’ordine, partendo dai Robe picklePATT, faro fantastico perché, oltre a far luce, è un oggetto che si fa notare anche da spento e in questa scenografia ci stava benissimo.
“Possiamo definire il Vari*Lite VL4000 BeamWash il proiettore pressoché perfetto: è molto potente ed emette un raggio molto definito e omogeneo; fa praticamente tutto: beam, wash e spot. Ha una potenza importante – montato a 13 metri di altezza arriva giù senza perdere molto – e una miscelazione colore che non riduce in maniera significativa la resa luminosa. I colori inoltre hanno una pasta fantastica, come se ci fossero delle gelatine all’interno.
“L’A.leda K20 Clay Paky è forse il più bel LED wash oggi in commercio. È la prima volta che lo uso in una situazione così e non ho mai visto un proiettore LED che stringe così a fuoco.
“Infine il Robe Pointe: potremmo definirlo il nipotino del VL4000, più piccolo e ovviamente meno potente, ma molto facile da usare, con dei colori molto belli, un fascio morbido e uno zoom fantastico; infatti anche il Pointe può essere usato come beam, wash o spot: ha un fascio stretto e potente ma non tagliente e rispetta il contesto teatrale.
“Oltre a queste luci programmate, c’è anche qualche parte scenografica pensata da Igor. Lo show inizia con il sollevamento delle cinque gru tramite dei grossi paranchi appoggiati a terra. Altra trovata, sempre di Igor, i faretti a LED RGB, controllati wireless, inseriti sui dei caschi da lavoro, indossati in alcuni momenti dai musicisti dell’orchestra: dalla nostra postazione possiamo pilotarli con le grandMA, creando degli effetti luminosi. Avendo lo Starcloth dietro, riusciamo anche ad inserirle fra le stelline!”.

Quanto tempo avete avuto per creare lo spettacolo e programmarlo?

Abbiamo avuto solo quattro giorni, durante i quali abbiamo lavorato a sei mani: Mariano, che come un buon artista inventava la melodia; io, che come arrangiatore scrivevo sugli spartiti; Angelo Ciocci che programmava gli strumenti. È stato un lavoro duro ma eseguito con molta sintonia tra di noi. Questo è stato possibile anche grazie a tutte le apparecchiature di ultima generazione che permettono di lavorare a distanza.

Mariano De Tassis – Lighting designer

“All’artista – racconta Mariano – l’agenzia F&P Group ha proposto una decina di nomi per il ruolo di lighting designer per la tournée, tra i quali il mio. Mi è arrivata una telefonata dell’agenzia. Renato Zero aveva scelto il mio stile teatrale perché voleva qualcuno che riuscisse a portare la magia del teatro nella situazione live.
“Sono andato a Roma e ho parlato con l’artista; un po’ per presentarci, perché era la prima volta che lavoravo con lui, con l’eccezione di un singolo evento anni fa a Roma per il concerto per i terremotati. È stata proprio una bella sorpresa: in questo incontro si è formato un bellissimo feeling e siamo riusciti subito ad entrare nell’ottica della sua idea dello spettacolo e delle luci, diverse da quelle dei suoi show precedenti. Nel passato ha sempre avuto degli show ricchi di luci e di effetti, mentre in questo caso voleva una situazione più intima e teatrale.
“Quindi – continua Mariano – è stata una sfida affrontata insieme, perché anche lui, per la prima volta, si trova su un palco ricco di scenografie ma spoglio delle sue trovate, dai costumi all’effettistica che ha usato nel passato.
“C’era un’idea di scenografia, presentata da Igor Ronchese e Tekset, esclusivamente per quanto riguarda il palcoscenico. C’è stata subito un’intesa sul fatto che andava benissimo la parte in basso, ma anche che americane e luci non potessero essere ad una distanza utile senza essere all’interno della scenografia. Quindi, l’idea delle gru è partita da me ed è stata condivisa da Renato e ripresa da Igor: da lì è partita in pieno l’idea di fare proprio un cantiere ‘reale’.
“Qui siamo un po’ tornati all’antico: anziché fare il massimo con i video e cercare di snellire la produzione, siamo tornati ad avere una scenografia molto importante ed un grande parco luci; una situazione più tradizionale. Comunque, durante lo show ci sono tanti momenti più movimentati dal punto di vista musicale, durante i quali le luci si configurano anche in stile rock. Io ho uno stile molto teatrale, ma nasco professionalmente con CCCP e Litfiba, perciò non sono proprio fuori del mio elemento quando servono dei momenti potenti. Questa è stata proprio una di quelle situazioni così perfette che non ci si crede: un progetto nel quale l’artista vuole la magia ma poi anche la potenza.
“Abbiamo fatto proprio una partitura, una drammaturgia delle luci. Invece di fare la classica intro, strofa, bridge, inciso, abbiamo preso questi spunti e li abbiamo messi in una partitura che può anche uscire dal tempo e dal ritmo. Ci sono le parti ritmiche ma ci sono anche molte situazioni che sono più statiche, pur senza fermarsi. Le luci sono disposte in maniera molto completa ed ovunque, quindi posso tagliare la scena come voglio.
“Dopo tre o quattro anni lontano dal live, è stato un rientro molto importante e potente. Soprattutto sono riuscito ad avere un feeling con l’artista per poter costruire lo spettacolo luminoso che avevo in testa. Ho trovato solo porte aperte. Renato mi ha lasciato fare, per vedere il tutto alle prove. Non ha obiettato neanche quando gli ho spiegato che ci sarebbero stati momenti con luci molto asimmetriche, entrate sul palco solo con i tagli o controluce... una fiducia estrema.
“È stato veramente molto lavoro – sono 31 brani, tre ore di spettacolo – la ricerca dei colori, del differenziare le scene, i gobo, le luci nel fumo. È stato veramente un ritorno a come si concepiva uno spettacolo anni fa, ma con la tecnologia odierna e con la consapevolezza che il pubblico è abituato, ormai, a tutto. Quindi, sì, si possono dare delle sensazioni ‘old style’, però c’era proprio il rischio, soprattutto con un pubblico che non conoscevo, che avrebbero potuto aspettarsi qualcosa di diverso.
“Uno dei lavori più impegnativi era l’abbinamento con la scenografia. Ritrovarmi a lavorare con Carlo è stato un piacere, perché lui sa come lavoro io ed era consapevole del fatto che ci sarebbero state ore ed ore di lavoro sui puntamenti. All’inizio il lavoro è stato molto difficile, ma ripagante... In effetti, Igor è stato contento anche perché, come ha detto: ‘Finalmente una mia scenografia che si vede!’
“Volevo ringraziare la squadra delle luci Agorà – conclude Mariano – sono stati veramente bravissimi e professionali”.

Lo show

Rispetto agli spettacoli passati di Renato Zero, Alt ha un tono molto meno flamboyant. Zero abbandona molti aspetti (ma non completamente) del suo personaggio a favore di una maggiore sobrietà, indubbiamente in linea con i temi trattati nelle canzoni del disco. Lo show musicale è puntualizzato dagli interventi del “disturbatore”, un attore che, da dietro le quinte, dal palco o dal parterre tra il pubblico, esegue dei monologhi semi-drammatici, aumentando il senso teatrale dello show. Questi, insieme agli interventi emotivi di Renato, anche se eseguiti molto bene, tendono forse a creare un’aria piuttosto seriosa che sembra rallentare lo spettacolo. Dopo la prima parte, lo show si alleggerisce e il concerto diventa più vivace.
In tutto questo, l’utilizzo della scenografia e delle luci è splendido. Le scene ed i colori sembrano creati da maestri del teatro, ma ogni tanto intervallati con fasci a matita e forti controluce da concerti pop-rock più tradizionali. La scenografia – con le gru, le finestrone sbarrate, i tubi visti in sezione che escono dal fronte palco – è concepita, realizzata ed illuminata alla perfezione.
Anche l’audio è ottimo. Durante lo show, si capisce bene la necessità di un sistema in grado di gestire le grandi dinamiche, anche se, opportunamente, con l’orchestra sul palco e il numero di microfoni aperti, i livelli non sono mai altissimi. Dall’altra parte della gamma dinamica, invece, alcuni degli interventi parlati di Zero e del “disturbatore” sono praticamente sussurrati, ma anche questi sono stati del tutto cristallini e pienamente intelligibili. 

 

PERSONALE E AZIENDE
Ideato, scritto e diretto da Renato Zero
Prod. esecutiva, mngmnt e consulenza legale   Simone Veneziano
Collaboratore artista Giampiero Fiacchini
Coordinamento e Assistenza Artistica Mariano Mariani
Ufficio di produzione Tattica srl Valentina Muro 
Andrea Rinaudo
Arianna Verginelli
Comunicazione online Tattica s.r.l.
Documentazione fotografica Simone Cecchetti
Distribuzione discografica Indipendente Mente s.r.l.  
Band
Batteria Lele Melotti
Chitarre Giorgio Cocilovo
Basso/chitarre Fabrizio Leo
Tastiere e programmazioni Danilo Madonia
Tastiere e fiati Bruno Giordana
Pianoforte Stefano Senesi 
Percussioni Rosario Iermano
Progetto scenico Tekset
Igor Ronchese  
Produzione
Produttore esecutivo per F&P Group Orazio Caratozzolo
Direttore di produzione  Valerio Capelli
Regia live Sebastiano Bontempi
Lighting designer Mariano De Tassis
Operatore luci Carlo Pastore
Programmatore luci Angelo Cioci 
Coordinatore di produzione Cristina Bondi 
Assistente di produzione Francesca Simplicio
Site Coordinator Davide Bonato
Jose Muscarello 
Assistente al direttore di produzione Micol Beccaria
Fonici FoH Franco Finetti
Maurizio Nicotra
Fonico monitor Enrico Belli 
Operatore Pro Tools Fabio Cerretti
Prompter Vincenzo Vita 
Responsabile camerini Angela Galasso 
Ass. camerini Serena Gargano 
Luci Agorà Srl 
Lighting crew chief Alessandro Saralli
Stefano Franchini
Alessandro Montuori
Francesco Ettorre
Giacomo Perrone
Head Rigger Mauro Marri
Rigger Francesco Rompato 
Palcoscenico Massimo Stage
Domenico Chinelli 
Gennaro Chinelli 
Haravagiu Edward
Giuseppe Sibilio
Antonio Albino
Stasio Valerio
Iannuale Raffaele
Gavriluta Marian 
Casale Giovanni
Antonio SIlvestro
Macchinisti Davide Altobelli
Gianluca Feliziani 
Esmat Rashed
Christian Mazzocchi
Damiano Pellegrino
Audio Agorà Srl
Responsabile PA FOH Davide Grilli
PA Man Danilo Vitale
Vergani Giovanni
Roberto Pace 
Stage manager/backliner Maurizio Magliocchi
Backliner Fabio Sacchetti
Simone Vitaliani
Backliner orchestra Felice Gosta 
Video e riprese live STS Communication srl
Ass. Regia Natale Giampà
Operatori Alessandro Antonelli
Pierpaolo Castagnedi
Schermi video Agorà Srl
Tecnici Video Agorà Stefano Ranalli
Saverio Ranalli
Catering Maccaroni Bros srl 
Chef Luca Tutucci
Responsabile Sala Gianluca Morosi
Chef Ronny De La Gasca 
Ufficio stampa Veronica Corno per F&P Group
Sara Bricchi per Parole e Dintorni  
Hotel Lino Fiocco sas
Lino Fiocco
Lorena Richiedei 
Roberta Concardi 
Trasporti Rockroad
Antonio Celli e il suo staff
G.M. Gamund
Gianni Barboni e tutto il suo staff 
Apparati e sistema di comunicazione MTCOM srl 
Merchandinsing Tattica s.r.l.
Responsabile Merchandising Oltre il merchandising
Antonio Martinelli

 

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