di Livio Argentini
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Figura 1 |
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Figura 2 |
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Figura 2a |
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Figura 3 |
Eviteremo qui di occuparci delle misure più semplici, perché supponiamo che siano note e, appunto, semplici. Tratteremo invece delle misure più impegnative che spesso vengono effettuate in modo tecnicamente non corretto.
Poiché nel mondo audio, musica elettronica a parte, tutto ha origine con la ripresa microfonica, cominceremo ad analizzare i preamplificatori microfonici ed a misurarne le caratteristiche. Molti avranno notato, ad esempio, che preamplificatori che sulla carta dichiarano caratteristiche molto simili suonano invece in modo completamente differente: le considerazioni seguenti permetteranno, tra l’altro, di comprendere alcune tra le cause principali di tale comportamento.
Com’è noto, esistono due tipologie di stadio di ingresso: elettronico ed a trasformatore – una differenza fondamentale su cui torneremo tra breve.
La prima questione di cui preoccuparsi riguarda l’adattamento tra l’impedenza di uscita del generatore e l’impedenza di ingresso del dispositivo sotto test. Nella maggior parte dei casi l’impedenza di uscita dei microfoni si aggira intorno ai 200 Ω, mentre il carico raccomandato (cioè l’impedenza di ingresso del preamplificatore) dovrebbe essere più o meno dieci volte superiore, quindi intorno ai 2 kΩ (figura 1).
Il modello equivalente, riportato in figura 2, ci mostra un generatore ideale (con impedenza di uscita pari a zero) con in serie una resistenza da 200 Ω. Nella figura 2a la resistenza da 200 Ω è stata sostituita con due resistenze da 100 Ω, una su ciascun ramo del generatore. Questo, essendo il generatore flottante (non riferito alla massa), praticamente non cambia nulla.
Come fare con i generatori che normalmente dispongono di un’uscita con impedenza di 600 Ω? Spesso vedo, nei laboratori, il generatore brutalmente connesso all’ingresso microfonico, ma in questa maniera si otterranno delle misure completamente falsate. Per risolvere questo problema è possibile ricorrere ad un semplice partitore resistivo (figura 3). Questo partitore attenua 40 dB, carica lo strumento con 600 Ω e, da solo, simula un generatore con impedenza di uscita di circa 6 Ω. A rigore, sarebbe più corretta un’impedenza pari a 0 Ω, ma anche 6 Ω è un valore abbastanza basso da non falsare le misure in modo significativo. È possibile ottenere i valori di resistenza riportati nello schema, non direttamente disponibili tra le serie commerciali, ricorrendo alla serie/parallelo di resistenze con valori standard. Due resistenze da 100 ohm, una su ciascun ramo, completano il circuito.
In questo modo avremo la possibilità di analizzare il comportamento del preamplificatore microfonico in condizioni di lavoro più realistiche, cioè pilotato da una sorgente con impedenza di 200 Ω, pari a quella tipica di un microfono.
A questo punto cominciamo a vedere le differenze tra un ingresso bilanciato elettronicamente ed un ingresso bilanciato con trasformatore.
Un ingresso bilanciato elettronicamente presenta un’impedenza di ingresso praticamente costante su tutta la banda audio e molto oltre, per cui non ci saranno irregolarità nella curva di risposta. È importante notare che anche inserendo l’attenuazione (pad) in ingresso, disponibile sulla maggior parte dei preamplificatori, la curva di risposta non varierà significativamente (a parte ovviamente il livello) in quanto il pad è un attenuatore puramente resistivo su un carico puramente resistivo.
Tutt’altra cosa con un ingresso a trasformatore.
L’impedenza di ingresso di un trasformatore, anche dei migliori, non è costante con la frequenza, specialmente al di fuori della banda audio.
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Figura 4 |
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Figura 5 |
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Figura 6 |
In figura 4 è riportato (in modo stilizzato ed enfatizzato per motivi di visibilità) un andamento tipico della curva di impedenza di un trasformatore. Nel grafico si possono notare due picchi di impedenza, uno intorno all’estremo superiore della banda audio ed un secondo a frequenza molto più alta. Considerando puramente resistiva, e quindi costante al variare della frequenza, l’impedenza di uscita del generatore (100 Ω + 100 Ω), il collegamento corrisponderà ad un partitore formato da un elemento costante con la frequenza e da uno variabile con la frequenza. La risposta in frequenza reale sarà quindi simile a quella riportata nella figura 5. In figura 6 è invece riportata la risposta in frequenza ricavata nel caso di pilotaggio con impedenza non corretta. Come spesso accade, questa curva appare molto più lineare di quella della figura 5, e può trarre in inganno in quanto non rappresenta le condizioni reali di funzionamento. Le cose, tra l’altro, cambiano quando si inserisce il pad di ingresso (normalmente 20 dB, sempre presente quando si usa un trasformatore). L’ingresso microfonico con il pad inserito presenta al generatore un carico quasi puramente resistivo; in questa configurazione, le variazioni dell’impedenza del trasformatore con la frequenza avranno un’influenza quasi nulla sull’impedenza di ingresso complessiva. In questo caso, però, il trasformatore sarà pilotato da una sorgente con impedenza diversa dai 200 Ω previsti, la qual cosa induce di fatto ulteriori variazioni nella curva di risposta. Questo spiega come in molti preamplificatori il suono cambia inserendo il pad di ingresso.
È possibile ricavare in modo molto semplice e rapido diversi dati interessanti dalla misura, o forse è più corretto chiamarlo “test qualitativo”, realizzata collegando un generatore di onda quadra in ingresso al preamplificatore.
I test di questo tipo, eseguiti con un segnale ad onda quadra in ingresso, non possono fornire dati numerici (distorsione in percentuale, linearità in dB, ecc), ma con un minimo sforzo interpretativo possono fornire con immediatezza tanti parametri spesso non ricavabili con strumenti tradizionali, anche se di estrema importanza.
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figura 7: Onda quadra a 100 Hz. Pilotaggio corretto con generatore a 200 Ω. | figura 8: Onda quadra a 100 Hz. Pilotaggio non corretto con generatore a 0 Ω. |
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figura 9 Onda quadra a 10 kHz. Pilotaggio corretto con generatore a 200 ohm. | figura 10 Onda quadra a 10 kHz. Pilotaggio non corretto con generatore a 0 ohm. |
Nelle figure (foto) da 7 a 10, ottenute fotografando lo schermo di un oscilloscopio classico, è possibile vedere l’andamento del segnale d’uscita ricavato pilotando il preamplificatore con un segnale ad onda quadra, per mezzo di un generatore accoppiato correttamente (figura 7 e figura 9) oppure accoppiato non correttamente (cioè senza curarsi dell’adattamento di impedenza, figura 8 e figura 10).
Nella figura 7 è riportato il segnale d’uscita di un preamplificatore al cui ingresso è stato posto un segnale ad onda quadra con frequenza 100 Hz, accoppiando correttamente il generatore. La parte costante dell’onda quadra tende a decadere verso lo zero, e questo è un sintomo della limitazione nella risposta in bassa frequenza. La figura 8 riporta lo stesso test, eseguito però collegando direttamente il generatore all’ingresso del preamplificatore, senza alcun adattamento di impedenza, in maniera quindi non corretta. La deformazione è più marcata nella figura 7, purtroppo, ma la figura 8 rappresenta la risposta ad una condizione di lavoro meno realistica.
In figura 9 è invece riportata la risposta ad un’onda quadra a 10 kHz di un preamplificatore con generatore accoppiato correttamente: in questo caso, l’allungamento/arrotondamento dei fronti di salita e di discesa è correlato all’attenuazione in alta frequenza. Nella figura 10 è riportata la risposta allo stesso segnale, ma con il generatore accoppiato non correttamente, senza adattamento di impedenza. Anche in questo caso, la risposta di figura 10 sembra notevolmente migliore ma è ottenuta in condizioni che non corrispondono al funzionamento reale del dispositivo.
Pur senza ricavare dei veri e propri valori numerici, tramite questo test è possibile, ad esempio, confrontare dispositivi diversi tra loro e anche, con un po’ di esperienza, valutare alcuni aspetti della risposta dei dispositivi sotto test ad un segnale reale.
Un altro test che occorre fare riguarda l’effettivo bilanciamento alle frequenze più alte. Questa misura non riguarda la qualità del suono ma più specificatamente la cancellazione dei disturbi ad alta frequenza, in particolare quando il livello del segnale microfonico è basso. Anche in questo caso la misura è utile solo nel caso di ingresso con trasformatore. Un ingresso elettronico, essendo quasi puramente resistivo, garantisce il bilanciamento anche a frequenze molto alte. Al contrario un trasformatore, a causa dell’accoppiamento capacitivo tra spire adiacenti di ciascun avvolgimento, tra avvolgimenti diversi e tra spire/massa/schermo, non può garantire un bilanciamento del tutto corretto in alta frequenza. Fanno eccezione alcuni trasformatori costruiti in modo completamente simmetrico, ma questi, anche a causa del loro ingombro, raramente sono utilizzati come ingresso microfonico, più spesso come trasformatori di uscita di linea ad alto livello.
Questo test può essere fatto in due modalità: diretta ed indiretta.
Misura diretta (figura 11): si misura con due millivoltmetri il livello del segnale sui due rami della linea bilanciata, rispetto a massa. In questo caso un millivoltmetro a doppio indice si rivelerà molto utile. Aumentando la frequenza del generatore, se l’impedenza di ingresso del preamplificatore diventa asimmetrica si otterranno letture differenti.
Misura indiretta (figura 12): si misura con un millivoltmetro l’uscita dell’amplificatore. Quando l’ingresso è simmetrico la lettura sarà pari a zero. Aumentando la frequenza del generatore, se l’ingresso dell’amplificatore non è simmetrico si leggerà un segnale diverso da zero, correlato all’asimmetria dell’ingresso.
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figura 11 | figura 12 |
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