Zucchero – Black Cat Tour 2017

Tredici mesi di tournée su cinque continenti con una produzione bellissima e di alto livello… il Black Cat World Tour consolida il ruolo di Zucchero come uno dei più importanti ambasciatori musicali del Bel Paese. Abbiamo assistito alla prima delle cinque date consecutive all’Arena di Verona del recente tour internazionale, il 21 settembre scorso.

di Douglas Cole

La tournée mondiale del bluesman emiliano è partita a settembre del 2016 e si sarà conclusa solo pochi giorni prima della pubblicazione di questo numero di S&L. Vanta dei numeri che nulla hanno da invidiare ad alcuna produzione straniera: 138 date, 13 mesi, cinque continenti, due serate sold-out alla Royal Albert Hall, tre serate sold-out all’Olympia di Parigi, serate con posti esauriti anche al Beacon Theatre di NY, allo Stadthalle di Vienna, alla O2 di Berlino, alla O2 di Amburgo, al Sydney Opera House e 22 date (!) all’Arena di Verona, la metà delle quali sold-out. Per dare un po’ di prospettiva: la serie di 11 date inaugurali a Verona nel settembre del 2016 rappresentavano un terzo dell’incasso totale del botteghino dell’Arena di quell’anno, con oltre 115.000 biglietti staccati. Sarà l’eccezione che conferma la regola nemo propheta acceptus est in patria sua.

Prodotto da Motom, con la logistica della tournée seguita da Lemonandpepper, il Black Cat Tour è caratterizzato da una scenografia d’origine italiana, a firma di Giancarlo Sforza, illuminata dal noto LD britannico Vince Foster, che lavora con Zucchero da tanti anni. A curare l’audio in sala è Colin Norfield, fonico che ha lavorato dal vivo con Zucchero quasi costantemente negli ultimi dieci anni, mentre il fonico di palco è il nostro espatriato Maurizio Gennari. Principale fornitore tecnico dell’intera tournée l’italiana Agorà.

Noi abbiamo finalmente visto questo show alla ripresa di fine estate, nel mezzo della terza serie di held-over all’Arena di Verona – il diciottesimo dei ventidue concerti in questa venue – promossa da F&P Group.

Zucchero, con l’Assistente Personale Laura Vergani alla sua destra e Emiliano Bitti alla sua sinistra

Laura Vergani - Assistente personal dell’artista.

“Tra la scrittura e la registrazione del disco – ci racconta Laura – seguiti dalla preparazione del tour e dallo stesso tour di un anno e mezzo... non ci siamo mai fermati per quasi tre anni. Siamo partiti l’anno scorso da Verona con undici date, poi siamo andati in Europa per finire l’anno. Poi in America e Canada per 22 date in un mese, per ripartire con altre cinque date all’Arena e volare in Nuova Zelanda, Australia e Giappone. Abbiamo anche preso parte a diversi festival in Europa. Adesso siamo qui per queste ultime sei date a Verona e, dopo la 22esima data all’Arena, partiremo per il Sud America.

“Infine ci fermeremo per un po’ – aggiunge Laura – per fare un po’ di sosta e di ‘reset’... poi sicuramente arriveranno il prossimo disco e il prossimo tour.

Come mai nessuna tranche italiana?
Zucchero ha fatto la scelta ben precisa di stare un po’ stanziale. A parte l’allestimento e la data zero a Rimini, si è deciso di rimanere a Verona per un gran numero di date anziché fare un calendario itinerante per l’Italia. L’Arena è il contenitore migliore per lo show e Zucchero ha un’affinità particolare con questa venue. 22 repliche: un record per l’Arena di Verona.

Anche all’estero va una favola: Zucchero è ben noto a livello internazionale per il suo rock-blues. Abbiamo suonato in posti impensabili: Tahiti, Nuova Caledonia, Reunion Island, Tunisia, Libano... venue molto particolari.

Come solito, la produzione è opera vostra, di Motom?
Sì, la produzione è tutta fatta in casa. Abbiamo l’agenzia italiana F&P, ma la gestione della produzione e del tour è a nostro carico. L’agente per il tour mondiale è l’inglese Phil Banfield.
Abbiamo alcuni collaboratori da anni, infatti cerchiamo di avere sempre la stessa squadra.
Il palco e la scenografia sono stati ideati in casa di Zucchero, disegnati da Giancarlo Sforza insieme all’artista. In queste fasi ci sediamo davanti al camino con tutta la squadra, in modo molto intimo e familiare. Le luci sono di Vince Foster, che lavora con Zucchero da tantissimi anni, ed anche i contributi video sono studiati insieme all’artista.
Emiliano Bitti è il supervisore tecnico del tour: è un dipendente di Agorà, ma per quanto riguarda Zucchero è il nostro riferimento tecnico – lo chiamiamo “Mission Impossible”. Ovviamente, abbiamo anche Lemonandpepper che segue la produzione a livello logistico e quotidiano.
Siamo un entourage misto, anche perché è un tour mondiale: Zucchero vuole dei professionisti di prima scelta di livello internazionale, per cui sono con noi professionisti rinomati come Colin Norfield o Vince Foster, dal curriculum impressionante.

Colin Norfield

Colin Norfield – Fonico FoH

Come sempre, è un gran piacere parlare con Colin Norfield, noto per il suo lavoro con i Pink Floyd, con David Gilmour e con il tedesco Herbert Grönemeyer.

“All’inizio di questa tournée – ci racconta Colin – stavo finendo con David Gilmour gli ultimi cinque concerti alla Royal Albert Hall, quindi mi sono fatto sostituire; poi ho seguito tutto il lungo tour.
“Rispetto all’ultima volta che ci siamo visti, durante il Sesión Cubana Tour, qui non ci sono i percussionisti ma ci sono sempre due batteristi. Abbiamo un pedal steel, e anche la violinista suona un pedal steel. Poi basso, fiati... ma non ci sono coristi, infatti cantano Zucchero, Polo, Kat, Doug e James, il sassofonista.
“Come seconda batterista abbiamo Queen Cora: quando ci sono due batteristi – l’ho imparato con i Pink Floyd – è sempre meglio togliere del tutto uno dei rullanti. Non si possono avere flam ad ogni battuta. Devo un po’ giocare a fare Dio: qualcuno deve prendere una decisione e, alla fine, loro non la sentono. Con questa band funziona bene in questo modo, perché Queen Cora suona sempre delle cose gustose sul charleston e usa molto tom grandi e gong drum – roba che veramente abbellisce le canzoni – mentre Adriano è quello che batte il tempo del brano. È quasi come avere un batterista e un percussionista. Con l’avanzare della tournée mi piace sempre di più, perché mi sembra che lei sia costantemente cresciuta in questo ruolo… in alcuni brani si alza fisicamente per andare a suonare le congas… funziona bene e lascia più spazio nell’arrangiamento.
“Abbiamo circa 96 canali – continua Colin – uno in più o uno in meno. Anche Maurizio, come me in FoH, usa una DiGiCo SD7 sul palco ed è lui a controllare il guadagno. Preferirei farlo io, ma per diversi motivi è meglio così. Anche Maurizio è un fonico FoH, e mi fido.
“Tecnicamente non c’è moltissimo da dire qui – dice Colin – uso la SD7, ma per me con la console digitale c’è un punto di svolta, oltrepassato il quale diventa un computer e usarla in quella maniera non mi attira. Mi piace usare la SD7 come un banco di mixaggio: il mio metodo con la console è di cercare di utilizzarla quanto possibile come un banco analogico, quindi con poche automazioni, sfruttando invece molto le possibilità di routing... insomma una sorta di XL4 con una patchbay programmabile! L’aspetto artistico del mixaggio è fantastico con una console digitale: si possono fare delle mandate pre su un brano e post su un altro, ... è tutto completamente libero in termini di indirizzamento dei segnali; posso fare quello che mi pare con i segnali semplicemente toccando lo schermo. Si possono fare cose creative che prima non si potevano rischiare dal vivo. La parte creativa del mixaggio è quella che mi piace di più: con Gilmour faccio queste cose più che con Zucchero, ma anche qui mi lascio prendere parecchio...
“Tutte le elaborazioni vengono fatte all’interno della console, tutto DiGiCo. Non uso né outboard classico, né un server Waves esterno. Non sono contrario all’outboard, in altre produzioni uso dei processori classici che conosco bene – TC M6000, SPX990, TC D-Two – ma qui siamo partiti dall’inizio sapendo che ci sarebbero state diverse configurazioni – produzione intera, festival, internazionali con mezze produzioni – e ho voluto mantenere la semplicità necessaria per lavorare più facilmente.

Hai fatto qualche cambiamento nel trattamento della voce di Zucchero?
È il massimo della semplicità: Beta58, preamplificatore DiGiCo, conversione, un po’ di compressione del banco, EQ del canale e… basta. C’è chi ha delle catene molto più interessanti da raccontare, ma io sono noioso da questo punto di vista. Non mi piace aggiungere troppe complicazioni; non c’è bisogno di comprimere qualcosa che dovrebbe suonare forte: se la canzone è grande, dovrebbe essere grande, se è un brano pianissimo, bisogna mixare in modo appropriato. Una parte della musica è la dinamica. L’apice della mia giornata è il mixaggio di un concerto di due ore: godo proprio della parte creativa del mix.
Comunque c’è chi riesce gestire una voce usando un rack intero di roba solo per quella, e c’è chi porta un rack intero di processori solo per la voce e lo usa solo per scavarsi un buco dal quale non riesce più uscire. Io evito questo, completamente.

Immagino che ci sia un bel volume sul palco, con tutti gli amplificatori, i wedge, i sidefill… devi combattere contro questo
Solo nelle venue più piccole… ma sul palco sono molto bravi; se chiedo loro di tenere tutto più basso lo fanno senza problemi.

L’ultima volta che ci siamo visti, con Zucchero c’era ancora V-DOSC: K1 è un altro mondo?
Io trovo il K1 più musicale del V-DOSC, veramente. Ormai è da un po’ che lo uso, visto che lo usavo già prima con un altro artista. Mi piacciono anche questi nuovi sub, KS28. Sono stato uno dei beta tester, con David Gilmour: David Brooks, di L-Acoustics, all’epoca mi ha fatto firmare un accordo di non divulgazione. Anche se David mi diceva che suonavano il doppio confronto agli SB28, me ne hanno dati comunque 24… e sono fantastici.
Ho i K1SB appesi dietro i K1 e poi ho i KS28 a terra. Entrambi lavorano dalla mia mandata per i sub ma, visto che non suonano esattamente allo stesso modo, sono equalizzati diversamente, per non avere dei colori troppo diversi.
Abbiamo iniziato questo tour l’anno scorso con gli SB28 per i primi 11 concerti all’Arena, poi li abbiamo sostituiti con questi quando è cominciato il tour vero e proprio. I KS28 sono molto più veloci e precisi nella risposta, cosa importante, perché abbiamo molto sub-bass con questa band, a cominciare dai due grossi gong drum che la batterista usa in quasi tutte le canzoni.

Visto che la tournée doveva coprire diverse configurazioni di band, di venue e di produzione, quali scelte hai fatto per poter gestire le situazioni in festival o mezza produzione?
Ho i sub su una linea separata. Questo rende la vita molto più facile. Ci sono pochissime cose che mando ai sub, comunque, così posso controllare quello e non dovermi preoccupare di equalizzare o mettere passa-alto su tutto. Oltre ad essere una scelta che facilita il lavoro con diversi PA, è anche una scelta creativa. Ribadisco: con la SD7 posso usare anche la via dei sub in modo artistico, potendo scegliere, scena per scena, se mandare a questi una tastiera, il basso o l’organo.
Dopo aver fatto la tranche con la band ridotta, siamo rientrati con la piena produzione qui ieri e abbiamo fatto lo show. Ho dovuto aggiustare di nuovo tutto per la band più grande. Quando abbiamo fatto la tranche con la mezza produzione e la band ridotta, ho richiesto che portassimo dietro tutto il possibile del palco, delle regie, dei cablaggi, perché altrimenti tutto sarebbe tornato in Agorà per un mese d’estate e sarebbe stato smantellato e mandato su altre produzioni. Inoltre, tornando qui solo un paio d’ore prima del soundcheck, non ce l’avremmo mai fatta a tirar fuori uno spettacolo.

“Lavoro con Zucchero da dieci anni – conclude Colin – ho saltato un paio di tour perché ero occupato con altre cose, ma l’artista continua a chiamarmi e di questo sono felice; mi trovo sempre benissimo con i ragazzi di Agorà: io e Antonio Paoluzi facciamo squadra da un po’, ed è importante il nostro rapporto, perché ormai mi conosce e sa come lavoro. Ci divertiamo insieme”.

Antonio Paoluzi, PA Engineer Antonio Paoluzi – PA engineer

“Abbiamo un PA costituito, per ciascun lato, da 14 K1 e quattro K2 downfill, laterali fatti da 12 K2, distanziati radialmente intorno ad un array di sei K1SB – una configurazione che adesso uso spesso perché crea una bella ’ciambella’ di copertura. Questa offre un’ottima distribuzione delle basse in una venue come l’Arena che ha delle gradinate alte e vicine.
“A questo sistema sospeso ho aggiunto 24 sub KS28 in otto file da tre ognuna, non cardioidi ma ad arco elettronico. Non cardioide perché, effettivamente, il suono è più bello così. Al palco non dà fastidio e a Zucchero piace un po’ di punch, e se piace a lui siamo tutti contenti. Il KS28 scende molto più in basso ma contemporaneamente è anche più veloce e più fermo. SB28 era già un gran sub, ma questo è proprio un passo avanti, oltre ad offrire un po’ di SPL in più.
“Il tutto è completato da quattro mucchietti di frontfill dV-DOSC, e tutto l’impianto, non solo i KS28, è amplificato usando i nuovi LA12X.
“Uso il Galileo solo come matrice – spiega Antonio – e faccio tutta l’equalizzazione su LA-Net, ultimamente mi piace lavorare così. Poiché sto usando il Galileo, che ha solo le uscite analogiche, il trasporto qui è tutto in analogico. In genere mi trovo più spesso a usare il Lake con trasporto su Dante oppure un sistema Optocore con AES/EBU… c’è un po’ di differenza, ma non mi dispero.
“Non c’è molto da dire veramente – conclude Antonio – a parte il fatto che Colin Norfield, uno tra i più grandi fonici del mondo, usa una SD7 senza alcun outboard”.

gennari zecchiniMaurizio Gennari - Fonico di palco

“Abbiamo fatto le prove per la configurazione di full-production a luglio dell’anno scorso, poi siamo partiti subito con le prime undici date qui, e a seguire un giro in Europa nelle grandi venue. Ci siamo fermati per natale. A marzo di quest’anno siamo ripartiti con una tranche lunga di teatri e casinò nordamericani. Altre cinque o sei date qui all’Arena, poi Australia e Giappone, ed i festival in Europa; adesso di nuovo qui. È stato lungo – e non è ancora finito – e bello.
“Zucchero – continua Maurizio – è l’unico artista per cui faccio il palco, lo seguo dal 2001 e mi dà grandissima soddisfazione. Lavorare sul palco tiene molto in punta di piedi, perché si deve prestare molta attenzione a finalizzare e a reagire velocemente, occorre essere attenti per soddisfare le esigenze di tutti e tredici gli artisti sul palco, perché ognuno deve avere il mix che desidera; e poi il fonico di palco deve essere anche un po’... psicoanalista!
“Da quando ci sono gli IEM – aggiunge – ognuno vuole veramente sentire esattamente quello che desidera, e per il fonico è come mixare diverse sale contemporaneamente, mentre lavorare con wedge e sidefill implica che tutti debbano accettare qualche compromesso, e il fonico deve conoscere tanti trucchi e metodi molto specifici”.

Usate tutta questa produzione anche all’estero?
Nelle venue più grandi ed i festival, sì. Magari non l’intera scenografia, ma la configurazione standard di 13 elementi di band. La band è composta in modo simile a quella di Chocabeck, ma con alcuni musicisti diversi.
Ci sono tre fiati, due pedal steel, tra cui Doug Pettibone che suona anche chitarra elettrica e chitarra acustica. Anche Andrea Whitt suona pedal steel, violino e viola. Ci sono i due batteristi: Adriano Molinari, che è un elemento fisso mentre, rispetto all’altro tour, abbiamo “Queen Cora” Coleman-Dunham alla seconda batteria – una batterista che ha suonato con Prince e anche, ultimamente, con Beyoncé.
Alla chitarra e alla voce c’è sempre Kat Dyson, insieme a Polo Jones al basso e come direttore musicale. Poi c’è sempre Mario Schilirò, il nostro eroe alla chitarra… poi c’è il nostro special guest: Brian Auger, all’Hammond. È una persona squisita, con un’esperienza infinita e una musicalità incredibile. Alle tastiere c’è Nicola Peruch.

Usate un ascolto misto sul palco?
Per gli ascolti i musicisti hanno un sistema Roland che io ho impostato inizialmente ma che ognuno può regolare autonomamente. Tutti i sistemi IEM sono Shure PSM1000. Nicola è l’unico che è “a filo”, ma anche lui ha un left/right. Questo mi dà l’opportunità di concentrarmi specificamente su Zucchero. Per lui è come un mix di sala. Si lavora costantemente: vuole riverbero, delay, tutto. Vuole un mix totale. Vista l’attenzione che Zucchero richiede, questo sarebbe, in effetti, un progetto per due fonici di palco. Però il sistema di personal mix aiuta molto. Abbiamo fatto delle prove musicali e di produzione abbastanza intense, e siamo riusciti a programmare delle snapshot specifiche per ogni canzone. Filippo Zecchini mi dà una mano e riesce sempre almeno a buttare un occhio alla band mentre io seguo Zucchero.
Zucchero usa l’IEM sempre con un solo orecchio. Tiene un monitor a terra sempre dalla parte senza auricolare, mentre i side, che sono anch’essi specifici per lui, fanno un po’ da L/R. Ho integrato negli ultimi tour anche due sub L-Acoustics dietro di lui per non usare i side-fill in modo completamente convenzionale. Innanzitutto, per avere la pressione sonora che richiede Zucchero al centro, ho dovuto assemblare, come sempre, due stack importanti come sidefill. Qui ho dei sub dietro di lui, nei quali posso mandare le casse delle batterie, ecc, e le KARA molto strette puntate esattamente dove lavora lui. Fortunatamente Zucchero si muove solo avanti e dietro, e non lateralmente. Questo è il compromesso che abbiamo fatto per far sì che i sidefill interferiscano il meno possibile con la sala.
Questi due sub non solo non danno fastidio agli altri ascolti, ma sono effettivamente un aiuto, anche perché nella mandata ci sono praticamente solo grancasse e parti che effettivamente aiutano a dare il feel giusto, nonché l’aria che si muove per tutti i musicisti.
Per il suo monitor a terra, invece, stiamo usando questo wedge d&b M2, che mi piace molto.

“Non possiamo dimenticare la squadra di palco – aggiunge Maurizio –. I backliner sono italiani e inglesi: Phil Howey che gestisce le sequenze, Alan “Tonto” Jhowry che segue le chitarre e il basso da questo lato, Joseph segue Doug e Andrea Whitt; Fabio “Hakkah” Oliva si occupa delle batterie mentre Karma Auger, il figlio di Bryan, segue Bryan e aiuta con le batterie; tra l’altro, lui è un noto batterista”.

desantisDaniele De Santis – Operatore luci

“Il disegno luci è di Vince Foster – ci dice Daniele – mentre quasi l’intero tour è stato seguito dall’operatore Matt Jensen. Io, effettivamente, sto sostituendo Matt solo per queste ultime date. Grazie all’ottimo lavoro di Vince, il 90% dello show è completamente in timecode, programmato tutto in anticipo tra Matt e Vince. Questo mi rende la vita molto più facile.

“Per quanto riguarda il parco luci – ci dice Daniele – abbiamo al 90% Claypaky: K-20 B•Eye, Mythos, Sharpy Wash 330 che servono per illuminare la scena. In più abbiamo aggiunto degli SGM Q7 che servono per illuminare i due schermi laterali.
“C’è uno schermo centrale che viene oscurato da un fondale dorato solo per il walk-on. Lo schermo è al centro di un grande cuore, elemento fondamentale per lo show visivo. Intorno a questo schermo c’è una corona di K20, usata soprattutto per l’effettistica, con effetti pixelati.
“Come frontali usiamo 16 Mythos – continua Daniele – dedicati all’illuminazione della band. In più ci sono due seguipersona a seggiolino, sempre sulla truss frontale, dedicati a Zucchero, qui all’Arena coadiuvati da altri due segui al FoH dedicati agli assoli e ai momenti in cui Zucchero viene avanti sulla passerella.
È un impianto grande – dice Daniele – ma studiato per essere snello e per viaggiare moltissimo, infatti ha fatto più di 130 concerti in un anno. Siamo stati in Europa per un mese e mezzo con questa produzione che si monta tranquillamente in giornata. È tutto su BAT Truss, quindi la produzione viaggia con i proiettori già montati e cablati all’interno. Si arriva al mattino, si assembla il tutto e si manda su.

Per il controllo?
Tutto è controllato tramite un Hog4, con un Full Boar come spare. Tutto viaggia in HogNet, ben 16 universi. Usiamo quattro DP8000 – due main e due backup: per commutare sul backup c’è semplicemente un rock switch, perciò, se ci fosse un problema, serve solo il tempo fisico per il dimmerista di girare una manovella: da un secondo a cinque secondi. La console di backup è in mirroring completo della Hog4 principale, così se qualcosa succede qui, mi devo solo girare di 90° e l’altra console sta già lavorando. Con l’ultima release di software, il backup in full-tracking è migliorato ulteriormente.
Il sistema video è gestito sempre dallo stesso timecode, ma i contributi non vengono mandati da qui... c’è una regia video a parte, anche perché ci sono delle riprese per il video live.

“Oltre all’impianto che controllo io – aggiunge Daniele – ci sono delle luci extra intorno a tutta l’Arena per illuminare il pubblico e l’architettura dell’Arena stessa. A curare questo aspetto, controllato da un altro Hog4, è stato Francesco De Cave. Ci sono dei Robin 1200LEDWash, degli Sharpy e, dietro, ci sono i nuovi Brick DTS, che servono per illuminare i gradoni dietro al palco”.

Lo show

Un concerto di Zucchero – e ne abbiamo sentiti tanti – è sempre un piacere, come una produzione di Zucchero è sempre una macchina da guerra. La configurazione della band per questa tournée è particolare, con le forti influenze country di Doug Pettibone ed Andrea Whitt combinate all’Hammond del mitico Bryan Auger... una combinazione assolutamente vincente! Concordiamo con l’artista che l’Arena è sicuramente il migliore contesto per il concerto – una scelta confermata dai risultati veramente impressionanti – anche se, magari, qualche concerto nel resto della Penisola avrebbe dato l’opportunità ad un maggior numero di spettatori di vedere questa bellissima produzione.

Nell’ambiente dell’Arena è raro che il suono non sia ottimo e, considerando la combinazione Norfield/Paoluzi/K1/Agorà, non ci ha sorpreso che il suono fosse praticamente perfetto.

Per quanto riguarda la scenografia, possiamo solo fare i complimenti a Sforza e Foster, per non dimenticare il lavoro di Francesco De Cave con le luci intorno alla struttura, coordinate perfettamente allo show sul palco.

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