Max Pezzali – Tour 2015

Venti date in palasport per uno degli artisti più esemplari del pop italiano, con una produzione ispirata dal disco del 2015 “Astronave Max”.

di Douglas Cole

Max PezzaliDopo l’enorme successo del disco e il tour Max 20 del 2013, Max Pezzali si è messo a lavorare sul quarto disco di inediti da solista (il diciottesimo disco della carriera), intitolato Astronave Max. Il disco è stato pubblicato a giugno di quest’anno, debuttando al secondo posto in classifica e già certificato disco d’oro prima della fine dell’estate, perciò… una tournée è il logico ed immancabile seguito.

Sempre prodotto da Live Nation, questo tour prende spunto dall’esperienza vincente di Max 20: audio e luci sono forniti da Mister X, il lighting design è di Mamo Pozzoli, i contributi video sono di Stefano Polli e la fonia è gestita da Alex Trecarichi al FoH e da Matteo Dolla al palco, con Mattia Zantedeschi a gestire l’impianto d&b audiotechnik J.
Il progetto della scenografia, questa volta, è stato affidato a Giò Forma, mentre il video, le riprese ed anche le automazioni sono di Event Management. A portare in giro il tour per Live Nation sono il direttore di produzione Alberto Muller e la tour manager Federica Bellini.
Noi abbiamo intercettato la tournée alla seconda data, al 105 Stadium di Rimini, dove abbiamo trovato una produzione – giudicando dal palco e dalle strutture – di dimensioni abbastanza diverse rispetto al tour precedente. Il palco è più tradizionale, con una punta “thrust” centrale che serve come una piccola passerella. La disposizione dei musicisti sul palco è sempre inusuale, con la batteria molto avanti e completamente a stage left; in fondo c’è un LEDwall importante, ma piuttosto tradizionale. A dominare la scenografia sono le tre lettere M-A-X, sagomate e costruite con un’estrusione tridimensionale. La zona centrale del palco è demarcata da bianco, in modo che sembra rispecchiare la “A” davanti alla quale è posta, e segue la punta al centro downstage.
Guardando più attentamente e da più vicino, ci si rende conto non solo che le “sagome” delle lettere scenografiche sono, anch’esse, dotate di pannelli di matrici LED, ma anche la zona demarcata del palco non è un disegno scenografico, ma segna la piattaforma di lancio per l’Astronave Max!
Mentre l’astronave raffigurata sulla copertina del disco somiglia stranamente ad una motocicletta, quella della tournée sembra ispirata agli incrociatori dell’Impero Galattico... solo con pannelli a LED tutto intorno il capo di banda e PARLED al posto delle torrette inferiori dei cannoni ionici.
Come al solito, però, lasciamo le descrizioni dettagliate agli addetti ai lavori che danno vita allo spettacolo.

Alex Trecarichi – fonico FoH

“Praticamente – spiega Alex – la situazione è simile al tour del 2013. La band è identica: Sergio Carnevale alla batteria; al basso Luca Serpenti; alla chitarra, synth e cose miste Davide Ferrario; Giorgio Mastrocola altre chitarre acustiche ed elettriche; tastiera Ernesto Grezzi e DJ Zak con gli scratch e le sequenze. Abbiamo aggiunto dei brani, tolti altri, ma è praticamente il tour di due anni fa.
“Uso sempre una console Midas Pro9, però non sono ripartito dalle scene vecchie, ho fatto tutto da zero. L’unica novità è l’uso di un MD4 del TC System 6000 sul master, una compressione multibanda leggerissima che, però, controlla un po’ di più il mix”.

Così, come l’altra volta, il palco è quasi muto?
Non ci sono amplificatori sul palco, perché Ferrario usa un Kemper, Mastrocolla usa un Fender Twin Reverb, ma posto sotto il palco. Preferisco avere il palco più muto possibile. Ci sono giusto due wedge che servono come backup per l’IEM di Max. Io non sono molto da plexiglass davanti alla batteria: non mi piace vederlo, in particolare con la batteria qui davanti. Sempre come l’ultima volta, abbiamo la batteria su un lato del palco e piuttosto vicino ad uno dei side. Perciò tutti i microfoni sono in close-miking – il microfono della cassa è, addirittura, dentro con un perno che scende dall’attacco dei tom in modo tale da non avere rientri da nessuna parte.
Ci sono un MD441 Sennheiser e un C414 AKG sulla chitarra sotto il palco, oltre al KSM9 di Max e basta... finiti i microfoni!

Ci sono tante sequenze?
Ci sono dei brani, soprattutto quelli vecchi come Sei un Mito e uno di quelli nuovi, Come Bonnie e Clyde, che hanno una sonorità molto “dance”. Per fare quella roba lì le sequenze sono indispensabili. Su altri invece c’è un rinforzo acustico, ma non c’è molto in sequenza, solo quello che serve: dei cori, un pad... anche perché, essendo in sei sul palco, i musicisti possono coprire più o meno tutto.

Stai registrando?
Sto registrando in multitraccia e anche un mix L/R per archivio e, poi, non si sa. Chiaramente uso la registrazione anche per il virtual soundcheck. Quest’anno mi hanno dato il Trax di Waves, che è un po’ meno ingombrante del Klark-Teknik. Qui il banco esce in AES50 e il segnale viene convertito per la registrazione nel Network Bridge DN9650 (sempre K-T). Il bello di questo è che il banco lavora a 96 kHz, però il Network Bridge può fare un downsampling al 50% della frequenza di campionamento; quindi non ho progetti da 120 GB.
Il DN9650 mi fa una conversione in AES/EBU anche per usare il System 6000 in insert sul master. Poi, dal banco, un’altra uscita (post-System 6000) AES/EBU va all’impianto, così la conversione finale viene fatta proprio nel Lake per l’impianto.

Che outboard stai usando?
Uso un Lexicon PCM80 per il riverbero della batteria. Generalmente, in palazzetti come questi, il riverbero non lo uso, però sulla batteria ho dei riverberi molto corti per dare un po’ più di suono. Ho dei riverberi molto compressi nelle ballad, proprio per fare sentire quell’effetto. Poi ho un Eventide Eclipse che uso in tempo reale per gli effetti su due o tre pezzi dove c’è la voce distorta o filtrata.
Il TC Electronic D-Two è per i delay della voce di Max, e gli SPL Transient Designer per i tamburi. Poi c’è il System 6000 con due macchine dedicate ai riverberi che ho preparato, ma li sto tenendo spenti. Li userò nei palazzetti che sono un po’ più fermi, come Mantova o Firenze.
Uso MainStage sul Mac, su cui ho programmato i program change del banco. Quando viene cambiata la scena sulla console, essa manda i program change a MainStage in MIDI, che ridistribuisce in MIDI tutti i program change alle varie macchine outboard. Così se dobbiamo andare a fare una data da qualche parte e non c’è il Pro9, oppure se nella prossima tournée il Pro9 non ci sarà, gli effetti saranno sempre quelli.
MainStage viene usato anche per processare la voce di Max. Su questo c’è un plug-in CLA-2A Waves, un De-Esser SPL e un equalizzatore... si tratta di piccolissimi ritocchi, in realtà. Facendo in questo modo, ho una doppia compressione sulla voce di Max: una di tipo ottico con l’emulazione del LA-2A e poi un’emulazione del tipo a stato solido sul banco. Riesco a comprimere con due comportamenti diversi dei compressori, senza dover schiacciare troppo. Così rimane molto fermo. Questa è una tecnica molto più da mixing che da live, però funziona molto bene qui.
Chiaramente, con i tre microfoni di Max, questi tre canali vengono assegnati a un gruppo, che poi viene processato. Così, se cambia microfono, rimane tutta la stessa elaborazione.
Per il resto… l’impianto è il J di d&b audiotechnik, sempre gestito in modo eccezionale da Mattia Zantedeschi.

Matteo Dolla – Fonico di palco

“Innanzitutto – dice Matteo – al palco c’è Filippo Biondi, il mio assistente, che fisicamente installa la regia e si occupa di gestire le frequenze radio. Poi ci sono due backliner: Alessandro Filippi, che si occupa della batteria, del basso e della chitarra di Giorgio Mastrocola, e Gianmaria Offredi che, invece, si occupa di stage right: tastiere, la postazione di chitarra e synth di Ferrario, e la postazione DJ con le basi ed i computer.
“Il palco è al 99% muto, a parte un sub da 18” per integrare un po’ l’ascolto del batterista. Poi abbiamo un paio di monitor centrali come eventuale spare per l’ascolto di Max, se succedesse qualcosa al suo IEM.
“Max usa degli Ultimate Ears, insieme al sistema di trasmissione ew300 G3 Sennheiser, come tutti gli altri.
“Per il resto abbiamo quattro sistemi di IEM, mentre il batterista e il DJ hanno un ascolto in cuffia a filo. Il batterista ha anche l’esigenza di miscelare l’ascolto che faccio io, più il click separato.
“Il tastierista ha una situazione un po’ particolare, in quanto le sue tastiere entrano direttamente nella DI, mentre il link della DI entra in un suo mixerino; quindi lui si costruisce l’ascolto delle sue tastiere ed io rimando solo il mix dello show, meno le sue tastiere, più il click separato”.

La console?
Il banco è un Midas Pro2: è un po’ piccolo e non ci stiamo dentro con tutti i canali, anche perché ci sono, tra l’altro, tanti canali di sequenze, due tracce di click e tutti i trigger della batteria. Così ho dovuto tralasciare qualche canale, come il SubKick della batteria ed il condensatore sull’amplificatore della chitarra... funziona lo stesso.

State usando delle particolari automazioni?
Per le tastiere, drum machine, pedaliere ecc, i musicisti fanno tutto alla vecchia. L’unica sincronia digitale che gira sul palco è il MIDI Time Code che, dal computer delle sequenze, fornisce la sincronizzazione agli arpeggiatori di Ferrario.

Che tipo di ascolto richiede Max?
Pezzali ha un mix completo, addirittura discografico, con riverberi sulla batteria, sulla voce… Il pubblico glielo do solo tra un pezzo e l’altro. Normalmente, per ogni brano c’è uno strumento armonico portante che deve uscire più degli altri, ma per il resto il suo mix è molto bilanciato.

Luca Brozzi – responsabile video per Event Management

“Il sistema per questa tournée – spiega Luca – prevede un grosso fondale LED, 18 m per 5 m, dove vanno una gran parte dei contributi, più del live. È composto da 240 moduli MC7 di passo 7 mm, lo stesso usato con Tiziano Ferro. Inizialmente doveva essere il LEDCompass8, ma questo era già sui dolly e questo ci permetteva di fare il montaggio e lo smontaggio piuttosto velocemente.
“All’interno delle lettere M-A-X, davanti lo schermo, ci sono delle strisce di LED F37 da 37 mm. In alcuni brani mandiamo lo stesso segnale, con quella risoluzione, delle immagini che ci sono dietro per non avere oggetti ingombranti, in modo che nella parte frontale si riesce comunque a vedere la totalità delle immagini. Ci sono anche altri contributi grafici che vengono mandati solo su questi.
“Abbiamo anche degli ElidyChromlech, a terra sul fondo del palco, che vengono pilotati dal video anziché dalle luci. Questi vengono integrati, più che altro, come special in due momenti nel DJ set.
“Un’altra parte importante della scenografia – continua Luca – è l’astronave, per la quale curiamo anche le movimentazioni. Ha lati da 9,6 metri, con intorno dei LED, anch’essi a passo 37 mm, e dei proiettori. C’è anche la CO2 per dare l’effetto del decollo. Questa struttura fa dei movimenti inclinandosi fino a 40°. I motori, controllati dal sistema Kinesys, con l’operatore vicino al palco, sono montati alla rovescia, cioè sono attaccati e tirano dal basso.
“Ci sono anche due videoproiettori per il live sugli schermi laterali, effettuato con due camere presiediate con operatore, due camere montate ed una camera fissa sulla batteria.
“Ci sono tanti brani in scaletta e tanti sincronizzati in SMPTE. In realtà, siamo tutti sincronizzati, tra i media server, le luci e il gobbo.
“Io sono il responsabile in tour; oltre a me ci sono un operatore Catalyst, due cameraman, l’operatore Kinesys e due tecnici LED”.

Mamo Pozzoli – lighting designer

“Io avevo lavorato anche sul precedente tour, molto fortunato – racconta Mamo – e questo rappresenta un seguito, anche se, in questo caso, l’artista è uscito con un disco nuovo... perciò, nuovi contenuti e nuovo concept. Purtroppo, lavorando in parallelo con il tour di Cremonini, ho dovuto scegliere fra rinunciare del tutto a questo lavoro, perché non sarei riuscito a gestire due lavori di queste dimensioni contemporaneamente, oppure occuparmi ‘solo’ del lighting e non del set. Ho fatto la proposta a Live Nation di affidare il progetto dello stage ad un altro professionista, ed è stato scelto Giò Forma. È abbastanza atipico per me lavorare in questo modo, ma è stata, comunque, un’esperienza interessante, perché lavorare in team, a volte, pone dei limiti e, a volte, apre nuovi scenari”.

Questo, comunque, ti può dare diversi stimoli e delle nuove idee?
Sì, assolutamente; questo è uno dei vantaggi. Tra gli svantaggi, invece, c’è il fatto che bisogna continuamente fare degli sforzi di interpretazione per non snaturare il lavoro che è stato fatto da altri. Parliamo di Giò Forma, cioè probabilmente del numero uno in Italia nel campo della progettazione.
Una volta individuata la fascia di mercato dentro cui collocarsi, Santucci ha prodotto questo bel progetto che, devo dire onestamente, non è nel mio stile, ma questo è stato per me uno stimolo: confrontarmi con un tipo di set molto caratterizzante – una vera scenografia da illuminare e da valorizzare. Perciò, con le luci, ho cercato di dare il giusto contorno al set che domina tutto lo show.

Lo spettacolo visivo è anche abbastanza videocentrico?
Il video in questo spettacolo è inserito dentro un contesto scenico fisicamente strutturato, perché non si può ignorare questa scritta in 3D che va a sagomare il LEDWall. A mio parere, i momenti visivamente migliori sono quelli in cui il video posteriore e il video anteriore lavorano insieme e generano degli effetti prospettici molto interessanti.
Il progetto dei contributi video è stato molto complicato; Stefano Polli e la sua squadra hanno avuto molto da fare per prendere in considerazione la costante presenza delle lettere M-A-X e le diverse risoluzioni dei LED. Perciò, il mio lavoro di solito molto pignolo sui cromatismi è dovuto passare un po’ in secondo piano, per evitare di aggiungere ulteriori complicazioni. Quindi molto dello spettacolo è programmato sul bianco, per dare il giusto contorno a questa parte importante della scenografia, e molte scene di luce cercano solo di ampliare visivamente la scena, che è altrimenti molto focalizzata al centro. Le luci fanno le luci: illuminano l’artista, il pubblico e la scenografia.

Marco Farneti – Operatore luci

“Per quanto riguarda le luci – dice Marco – veramente è un impianto molto standard, senza particolari stranezze.
“Per le prove, a Morbegno, abbiamo avuto otto giorni. Abbiamo fatto tutto l’allestimento ed io e Mamo abbiamo fatto le notti per la programmazione, ovviamente condizionata e rapportata alla ricca scenografia”

Quali sono i proiettori principali in uso qui?
I proiettori sono dei Viper, dei MAC 2000, le strobo sono delle SGM X-5, con due Atomic dietro il DJ. Poi ci sono i MAC Aura e le barre a LED SGM. Infine ci sono dei PARLED dentro l’astronave. Il controllo è tutto tramite una grandMA2 Light, con uno spare.
È una cosa piuttosto agile da allestire e disallestire: ci sono delle truss molto vicine, che all’inizio del montaggio sono un po’ ingolfate, ma per il resto è abbastanza semplice.

Lo show

Tutti gli elementi canonici di uno spettacolo di Pezzali vengono esaltati in questa produzione, nonostante le dimensioni ridotte rispetto a quelle del riuscitissimo “Max 20”. Tutti i fan saranno indubbiamente soddisfatti e sfidiamo chiunque a cerare di dormire dopo questo concerto senza un loop infinito del ritornello di Sei un Mito che si ripete in testa.
Sempre più rispetto per il lavoro di Alex Trecarichi, che riesce a mantenere un suono quasi discografico dal vivo, con quella giusta enfasi sulle frequenze molto basse per mantenere l’energia “dance” e la voce perfettamente davanti ed intelligibile. Sicuramente questo è anche grazie alla capacità di Zantedeschi e dei ragazzi di Mister X, dato che una parte dell’anello superiore del 105 è rimasta riflettente quella sera... una situazione che può essere un grattacapo non indifferente per l’audio in quella venue.
A livello visivo allo show non manca niente: il decollo dell’astronave che apre lo show è molto carino, ed è molto ben realizzata la successiva integrazione di questa trovata nella scena generale. Notevole il lavoro per contributi video, con l’obiettivo di cercare di variare le scene quanto più possibile, ma una volta rivelata la grande scritta MAX, essa veramente domina la scena e deve fare parte di ogni visual da quel momento in poi, per non diventare semplicemente un’ostruzione al video wall.
Come ha detto Mamo, le luci, più che altro, fanno il loro lavoro. Certamente ci sono scene molto azzeccate tra luci e video, ma non ci è sembrato di vedere quei momenti memorabili di luci che colpiscono e rimangono impressi per i quali Pozzoli è così rinomato. Però qui stiamo cercando il pelo nell’uovo... perché lo show è certamente molto bello e il pubblico di Max – la cui opinione è quella che veramente conta – è senza dubbi andato via molto contento.

Max Pezzali

 

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