Vasco LiveKOM.014 a San Siro

LiveKom 2014 ha prodotto tre sold-out all’Olimpico e quattro a San Siro. Nuova produzione, nuova band, nuovo sound, nuovo look per l’artista. Uno show all’insegna dell’energia, dalla musica al palco.

vasco20A volte mi chiedo come sarebbe stato il concerto del primo LiveKom nel 2011, poi interrotto per i noti motivi di salute di Vasco, quando la produzione aveva osato erigere quell’enorme palco simpaticamente detto dagli stessi produttori “Toblerone”, se l’artista avesse avuto la forma di oggi.
Infatti la cosa che davvero sorprende, ovviamente in positivo, è la rinnovata condizione fisica di Vasco, in grado di tenere il palco non solo con energia, ma anche con grande concentrazione ed intensità. È l’elemento più importante che ha fatto definire ad alcuni questo concerto “il miglior Vasco di sempre”. In qualche modo siamo d’accordo: se non di sempre, degli ultimi dieci anni probabilmente sì.
“Cambiamenti” è già un titolo paradigmatico, e non certo casuale. A partire dalla svolta nella forma dell’artista, già apprezzata lo scorso anno, fino ai profondi rinnovamenti musicali della band, con gli inserimenti del nuovo chitarrista Vince Pastano e del nuovo batterista Will Hunt, ed un sound che potremmo definire “metal oriented”, quanto mai energico e carico. Insomma un passo verso il rock più duro, lì dove l’età avrebbe potuto indurre su una strada più pop e cantautorale.
Il concerto è veramente molto bello e intenso, e soprattutto si nota la volontà della produzione e dell’artista di voler creare qualcosa di emotivamente coinvolgente, con il conseguente stanziamento di un lauto budget.
Le aziende e le persone sono quasi le stesse di sempre, d’altra parte parliamo della fascia altissima del mercato, quindi nulla lascerebbe intendere la necessita di “cambiamenti”, almeno in questo campo.
Il palco riprende l’idea della scatola nera, che noi avevamo già apprezzato lo scorso tour, in grado di valorizzare l’artista e non disperderne eccessivamente la presenza in ambienti così vasti come gli stadi. Il concept è quello della V del logo, sviluppato questa volta in profondità, un progetto, questo di Giò Forma, anche piuttosto furbo, poiché, nonostante la scatola del palco vero e proprio misuri 25 metri, il boccascena totale raggiunge i 75 metri grazie alle ali con le passerelle, con la parte centrale di sola scenografia serigrafata e la parte esterna con due grandi video-led dedicati esclusivamente all’i‑mag, ovviamente irrinunciabili in situazioni di questo tipo.
Il compito di vestire la struttura costruita da Italstage e farla pulsare di luce ed energia è toccato come sempre al lighting designer Giovanni Pinna, il quale non si è certo fatto mancare molte cose, utilizzando, secondo i dati forniti dalla produzione, 780 corpi illuminanti: non male. Fra gli special da segnalare tre Parasol, primi in Europa e forniti dal service Botw (ex-Limelite) con il loro effetto “astronave aliena” sul palco, a cui si sono aggiunti dei getti di fiamme colorate della Parente e dei getti di CO2 sempre di grande suggestione.
Bisogna dire che Pinna sfrutta benissimo il materiale, creando uno spettacolo con una propria dinamica, che si va rivelando pian piano, fino ad arrivare al momento più intenso, con “Sballi ravvicinati del terzo tipo” quando diviene proprio un altro show, seguito da “C’è chi dice no” e “Stupendo”, con scene di grandissimo impatto visivo.
Abbiamo anche apprezzato la netta separazione fra gli schermi dedicati all’i‑mag, quindi alle riprese live, posti ai lati del palco, e quelli a centro palco gestiti separatamente in maniera esclusivamente scenografica, scelta che ha evitato un colore pop e televisivo che male si sarebbe sposato con le intenzioni musicali.
E se lo spettacolo visual è stato grandioso, poco da invidiare ha avuto quello musicale, sotto gli occhi dei riflettori proprio per le scelte artistiche capitanate, ovviamente dopo il Komandante, dal produttore musicale Guido Elmi.
Che dire: a noi la nuova band è piaciuta moltissimo, una scelta piuttosto drastica ma coraggiosa e vincente. Will Hunt picchia come un assassino, per di più con tanto di suoni triggerati in puro stile metal, mentre il nuovo chitarrista che affianca Stef Burns ha sicuramente un sound ed una impostazione molto differenti da quelli del precedente Solieri. Durante il concerto ho scambiato due chiacchiere in regia con lo stesso Guido Elmi, che mi è parso quanto mai entusiasta del risultato raggiunto, consono evidentemente con la ricerca artistica.
In regia, da dove abbiamo assistito al terzo concerto di Milano, la diffusione era davvero ottima; sulle tribune non possiamo pronunciarci, anche se dalla partecipazione del pubblico si desume che i delay gestiti dal service Agorà facessero egregiamente il loro dovere.
L’impianto Clair del service svizzero Audio Rent, anche quest’anno in configurazione “U2”, cioè con i cluster interni dedicati esclusivamente alla voce, restituiva una bella botta, anche grazie al mix di Corsellini eccezionalmente definito per una venue complicata come San Siro.
Insomma un grandissimo concerto ed un grandissimo Vasco, ancora in grado di attirare un pubblico verticale: dai sedicenni ai sessantenni (cioè coetanei dell’artista!), tutti a caccia delle stesse emozioni, di quelle parole che arrivano dritte al cuore, di energia e di ironia.

Riccardo Genovese e Danilo Zuffi

Quali sono le novità rispetto allo scorso anno?
“È una produzione nuova – risponde Danilo – con progetto e palco nuovi. È rimasta l’idea della scatola nera, su richiesta di Vasco e Floriano Fini, e a noi di Live Nation è toccato il compito di curare tutta la produzione. Stiamo parlando di una struttura fatta per sospendere 62 tonnellate! Infatti siamo passati dai 620 corpi illuminanti dell’anno scorso ai 780 di oggi! Anche le V centrali incorporano degli schermi video, quindi capisci che abbiamo realizzato una struttura piuttosto robusta.
Il palco vero e proprio ha un boccascena di 25 metri, ma con le alette raggiunge 75 metri, con gli ultimi 12 prevalentemente dedicati al video, ma anche lì non mancano i pod delle luci. Insomma: io trovo che sia uno spettacolo molto bello, e te lo dice uno a cui ormai fa schifo quasi tutto!”.
La squadra dei professionisti è sempre la stessa: avete ormai un bel rapporto di fiducia!
“Assolutamente sì – risponde Riccardo – ma è una fiducia che arriva dalla grandissima professionalità delle persone e dal loro entusiasmo nel voler far bene questo lavoro, che è davvero impegnativo. A questi tecnici ormai non diamo nemmeno più gli orari: sappiamo che mettono nel lavoro tutto se stessi”.
“Solo così si raggiungono questi risultati, perché altrimenti un concerto così non si potrebbe fare – aggiunge Danilo –. Noi miriamo sempre alla qualità: ad esempio la qualità dell’audio che c’è con Vasco io, che lavoro con le principali produzioni straniere in tour mondiali, non l’ho ancora sentita; qui ad esempio abbiamo voluto 12 delay e non 9, come di norma, proprio per avere il massimo. Insomma non vogliamo mollare nemmeno con la qualità delle persone e soprattutto con lo spirito giusto, indispensabile.”
Mai come questa volta avete però avuto dei tempi stretti per le prove...
“Tempi stretti? – Risponde Danilo – i tempi sono sempre stretti. Se al posto di una settimana ne avessimo date tre sarebbero state poche lo stesso. Alla fine, nonostante cinque giorni di pioggia su otto giorni totali, siamo riusciti a fare tutto”.
Sarebbe possibile portare in tour una produzione del genere?
“La produzione, partendo dal palco finito, è andata su in un giorno e mezzo – risponde Danilo – quindi con il doppio palco si potrebbe anche fare”.
“Ma l’impegno è stato tremendo per tutti – aggiunge Riccardo – quindi in un eventuale tour bisognerebbe calcolare i tempi per il riposo del personale, perché uno sforzo così si può fare in via eccezionale, per un allestimento unico, non può essere la norma. Anche perché tutti gli elementi  sul  palco sono ad incastro, bisogna essere molto ordinati e attenti”.
“Oppure bisognerebbe investire di più in pre-produzione – prosegue Danilo – precablando tutto e facendo viaggiare le luci già nei truss, ma questo ovviamente non è conveniente nel caso di tour di poche date, come di solito sono quelli italiani”.
L’utilizzo di luci a LED ha portato dei miglioramenti per la produzione?
Decisamente sì – spiega Danilo –: pensa che con Vasco abbiamo utilizzato negli ultimi sette anni generatori 800k/900k bigruppo, ma prima con 400 corpi illuminanti, diventati 480, poi 582, fin ad arrivare ai 782 di adesso, sempre con lo stesso assorbimento. Quindi, soprattutto sui grandi numeri, la tecnologia LED ha aiutato ad avere palchi più spettacolari a parità di assorbimento, anche se poi ci sono alcuni proiettori convenzionali di cui non si può fare a meno”.
Anche le aziende fornitrici sono sempre quelle di fiducia...
“Sì, fin adesso non ci sarebbe motivo di cambiare niente – risponde Riccardo –; Italstage per le strutture, con il team di ungheresi addetti al montaggio che è assolutamente eccezionale: montano tutti i palchi più importanti del mondo, dagli U2 a Vasco, hanno una professionalità incredibile ed una disciplina quasi militare! La copertura del prato è di EPS, con Tosolini, socio di Aumenta: qui abbiamo 400 transenne antipanico, un numero da U2 e più dei Rolling Stones! Botw (Ex-Limelite) fornisce le luci, Audio Rent l’audio, Agorà i delay, il video è di Event Management che ha in carico anche le automazioni”.
Oltre a voi due chi sono gli uomini di Live Nation su questa produzione?
“Ovviamente il nostri capi sono sempre Roberto De Luca e Antonella Lodi – risponde Danilo – poi abbiamo Laura Palestri come accounting, che è anche molto vicina al team dell’artista; Giusy Ferrise cura la parte molto complessa della documentazione, ma è una pedina insostituibile per tante cose; come assistenti di produzione abbiamo Fabio Colasanti, ormai uomo Live Nation tutto l’anno, e Matteo Gaudimundo, una bella new entry nel nostro team. Gloria Tagliapietra è la tour manager che si occupa anche della band, e poi ovviamente c’è tutto il personale dell’ufficio che svolge un lavoro importantissimo. La cosa bella è che nonostante il livello di concentrazione sia molto alto, siamo tutti tranquilli: l’unica stressata è la Palestri, ma è stressata solo a causa dei pass, in effetti una cosa che farebbe stressare anche il Dalai Lama”.

Andrea Corsellini, sound engineer

I “Cambiamenti” sono soprattutto artistici, con l’innesto di due musicisti molto diversi dai precedenti; il batterista ha anche cambiato la mia impostazione tecnica, perché, oltre ad avere una grandissima abilità, ha un sound misto, generato dalla ripresa degli strumenti mixata a dei suoni campionati e triggerati. Infatti ho tutto il set di batteria microfonato, ma anche un relativo suono triggerato da associare, quindi il suono finale è un mix, diciamo al 50%, fra il suono microfonico e quello triggerato. Con queste tipologie di impianto, di tali dimensioni e potenza, non si può usare il solo suono campionato, si sente troppo l’elettronica del campione. Per ogni campione ho dovuto trovare l’esatto offset, perché ovviamente i due suoni, microfonico e campionato, devono essere perfettamente in fase, così ho inizialmente ritardato il suono diretto, ma alla fine, facendo il giro dai bus con i suoni diretti e lasciando fuori dai bus quelli triggerati, devo ritardare i triggerati di 950 microsecondi, e così risultano perfettamente allineati. Ovviamente tutto un lavoro di fino fatto durante le prove musicali.
I suoni di batteria campionati sono una cosa particolare nel live: se si decide di portare dietro solo la coda del campione e non l’attacco, allora non c’è problema, ma se si vogliono usare anche gli attacchi, allora occorre lavorare molto per averli perfettamente in fase. Will su ogni pezzo della batteria ha un trigger Yamaha collegato ad una V-Drum in cui ha dei suoni suoi, con ben 7-8 set differenti che cambia secondo la canzone, più o meno veloce, e di ognuno bisogna trovare la quadra. Per di più, alla prima, il V-Drum ha avuto un problema e il volume di alcuni canali è finito inaspettatamente a ‑12dB! Quindi soprattutto l’introduzione non è venuta come doveva, perché ho dovuto lavorarci molto, anche perché il guasto era intermittente, e dopo che io avevo riguadagnato... tornava a livello normale! Poi abbiamo cambiato la macchina e non è più capitato, infatti adesso è tutto perfettamente a posto.
L’altro chitarrista invece ha un set-up semplice, ma su alcuni pezzi suona una sette corde col SI al basso, con ha suoni molto potenti e grossi.
Quest’anno come console ho scelto la DiGiCo SD7, più che altro per seguire Daddy che ha scelto questa console per il palco, però non siamo legati a nessun marchio, e magari cambieremo ancora in futuro... chissà...
Come outboard ho solo i Transient Designer sui microfoni della batteria, per il resto è tutto interno, col SoundGrid della Waves; insomma do una bella spremuta alla console, tanto che i processori indicano un lavoro al 70% delle risorse totali. Con queste macchine bisogna un po’ adattarsi alla loro filosofia, io sono per semplificare, non per creare problemi; alla fine il risultato è sempre valido. Di esterno ho voluto però il clock, aspetto molto importante, con una macchina Antelope, così come è fondamentale lavorare a 96 kHz: sono cose che possono fare la differenza.
L’emissione del cantante è a posto, ma purtroppo quest’anno il PA è un po’ più basso e più indietro, cosa che crea qualche problema in più: il feedback tende a partire sempre, è piuttosto stressante, ma è una legge della fisica, in queste condizioni non si può evitare; il limite è il peso del PA, perché una parte deve gravare sul tetto e quindi è più basso dello scorso anno.
In regia con me ho Klaus Hausherr, che lavora per Live Nation, ma è una persona di riferimento per Audio Rent, azienda con cui ha lavorato molto, mentre il PA Engineer è Sven Valdheim, con cui mi trovo molto bene.
La catena di Vasco è questa: il microfono Shure KSM9 entra nello splitter DiGiCo, a 96 kHz: in insert pre ho un de-esser, compressore multibanda  e eq Waves C4, mentre nell’insert post ho un equalizzatore per fare la regolazione fine. L’equalizzazione del banco la uso invece per togliere l’effetto prossimità. Una delle difficoltà è che al primo pezzo ho 60.000 persone che urlano, con Vasco che canta all’ottava bassa; risultato? Sto del tutto fermo, perché non si capisce niente e si potrebbero anche fare dei danni al balance: il picco del pubblico arriva a 125 dB, quindi è inutile fare variazioni, che invece comincio a fare dopo il primo brano.
Sono molto soddisfatto anche del lavoro fatto insieme a Guido Elmi e della buona intesa lavorando a questo nuovo sound.

Federico “Deddy” Servadei, monitor engineer

Cambiamenti anche per me! Infatti ho compiuto un passaggio per me epocale, passando dalla mia amata Midas analogica ad una console digitale. Una variazione che già il direttore di palco, Diego Spagnoli, mi aveva preannunciato con largo anticipo. Mi hanno anche lasciato decidere quale console digitale preferissi, così sono andato dagli importatori, ho fatto tutte le prove, ed alla fine ho scelto la DiGICo SD7, di cui mi ritengo piuttosto soddisfatto.
Ovviamente mi si è aperto tutto un mondo di possibilità, anche se, da persona retrograda quale sono, ci sono alcuni aspetti che ancora mi spiazzano. Ovviamente all’inizio la pensavo in maniera analogica, a partire dai cablaggi... alla fine ho configurato la macchina come volevo io.
Ho tolto anche le outboard, lasciando solo due effetti esterni M2000.
Certo in cuffia il sound è perfetto, di una precisione incredibile, con tutte le minime sfumature sui panpot ed un’estrema pulizia. La grossa differenza l’ho sentita però subito in allestimento, appena ho acceso i sidefill: tutto ciò che avevo avuto per 20 anni non c’era più! La sensazione è quella di un suono impacchettato, più piccolo... però non saprei... magari sono io che non so ancora usare il banco al meglio.
Il monitoraggio prevede un uso combinato di IEM e side, con l’aggiunta di “back side” a metà palco ed una linea frontale di monitor, oltre ovviamente ai monitor di Vasco. Tastieristi e batterista usano anche un sistema audio Aviom con cui creano il loro ascolto preferito mixando i gruppi che io mando loro.
Pensavo di esagerare con la richiesta quando ho voluto un SD Rack da 56 canali in ingresso e 56 in uscita, ma alla fine li uso praticamente tutti!
Come IEM abbiamo gli Shure PSM1000 e ne sono soddisfattissimo! A livello di suono sono pazzeschi, sembra di essere seduti sul sub! Poi abbiamo i nuovi monitor Clair, i CM22, con doppio 12” e tromba da 2”: hanno una potenza sovrumana: non ci si sta davanti!
I backliner sono gli stessi dello scorso anno: Michele Brienza, Nicola Trapassi, Kappanera e Davide Alebardi.

Klaus Hausherr, assistente in FoH

La configurazione del PA è la stessa dello scorso anno, con i due cluster interni dedicati esclusivamente alla voce e quelli più esterni alla band; riusciamo così ad avere una buona headroom. Io, oltre a dare una mano ad Andrea, curo anche le registrazioni multitraccia su ProTools, a 96 kHz, con un nuovo sistema Digidesign che monta 4 slot di HD SD da un tera ciascuno. Tutto è via MADI: dal DigiRack il sistema prende i canali e tramite ProTools possiamo anche indirizzare tutto di nuovo alla console per il virtual soundcheck. Usiamo anche un Soundfield a quattro capsule per la ripresa ambientale, e aggiungendo i microfoni d’ambiente di Daddy possiamo alla fine fare un bel mix con l’atmosfera dello stadio. Registriamo circa una sessantina di canali, anche perché Andrea è molto pratico e pragmatico. Per la prima volta lavoriamo da Vasco con una DiGiCo SD7, console che conosciamo comunque molto bene e tutto sta filando liscio.

Giovanni Pinna, lighting designer

Il concept è simile a quello dello scorso anno, riprende cioè le V del logo del tour, ma sviluppato da Giò Forma più in orizzontale che in verticale. Ovviamente c’è una fuga prospettica che dà molta profondità al palco, mentre i pezzi speciali sono i tre Parasol Star 600 che ho fortemente voluto, movimentati poi verticalmente con nove motori Kinesys forniti e gestiti da Event Management. A produrli è un’azienda americana che ho conosciuto in Azerbaijan durante l’Eurovision Contest; costruisce americane automatizzate con rotazione circolare, a cui è possibile appendere quello che si desidera. Hanno diverse funzioni: ruotano su se stesse nelle due direzioni e a diverse velocità, hanno delle rampe di accelerazione e decelerazione e sono indicizzate, cioè si fermano esattamente nel posto deciso, inoltre hanno diverse modalità di movimento. Vengono dotate anche di bellissimi carrelloni dentro i quali si stivano per il trasporto con molta agilità. Questi tre prodotti sono ad oggi gli unici presenti in Europa, comprati dal service Botw. Entro il limite di peso di 270 kg è possibile scegliere cosa appendere: io ho scelto di mettere cinque Sharpy, quattro wash led e dodici barre laser che sono molto d’impatto.
Li uso solo tre volte in tutto lo show, per non abusarne e non scadere nella bieca discoteca, ma certamente sono un effetto importante.
Ho avuto anche il supporto di Martin Professional, che mi ha offerto dei prodotti nuovi della linea Rush, in particolare questo pannello strobo a LED: me ne ha dati ben 100 in prova, così li ho messi dappertutto. È un bell’oggetto, molto freddo ma d’impatto. Non mancano comunque 24 Jarag: sono due cose totalmente diverse che però possono convivere.
Un altro special, come motorizzato, è il K20 A.Leda di Clay Paky. L’azienda mi ha aiutato molto, perché non è un proiettore tradizionale, può essere impiegato in tanti modi, tanto che ho dovuto fare due giorni di training con Marco Zucchinali in azienda, perché è un proiettore che non riesci nemmeno ad accendere se prima non lo conosci, è molto complesso: adesso lavora a 35 canali DMX al posto dei 132 canali della modalità estesa, ma abbiamo abbinato alcuni parametri sullo stesso canale, in modo da semplificare la programmazione. Lo stesso Zucchinali è venuto a Roma  e mi ha aiutato tantissimo in programmazione; ne abbiamo 38 sul palco e 15 fuori.
Poi tanti Robe Robin 100 LED, usati prevalentemente sul pubblico su cui fanno un bel lavoro, a cui si aggiungono i 700 wash di Martin, usati per la band ma anche fuori del palco, 12 wash (12.500 Clay Paky) usati su pubblico e scenografia, proiettori molto efficaci grazie allo zoom particolarmente efficiente; ho anche tanti Sharpy esterni, nei pod, e 36 fanno il profilo del tetto, poi 60 strobo SGM che sono una bella novità, perché vanno molto bene e fanno risparmiare assorbimento elettrico: SGM ha fatto su mia indicazione anche una modifica al software, sostituendo il 4° parametro di macro classico con una serie di effetti con le celle, possibilità a cui non volevo rinunciare.
Ovviamente quando Vasco è sulla passerella uso i seguipersona: quattro frontali e quattro seggiolini sul tetto.
A completare il parco luci abbiamo i fuochi colorati di Parente sulle alette, e 17 punti con i getti di CO2.
Abbiamo avuto tempistiche davvero molto strette: otto giorni per fare tutto, mai così pochi, tre notti e mezzo per fare lo spettacolo, quindi ho dovuto ottimizzare tutto. Questa volta, infatti, ho dato in gestione i video scenografici ad un mio collaboratore, Marco Piva, sempre con console GrandMA Full con un’altra di spare. I video i‑mag sui grandi schermi laterali sono invece gestisti direttamente dalla regia live di Swann e non passano da noi, prendiamo solo il segnale dei primi piani di Vasco ad uso scenografico. Che dire? Con tempi più lunghi si sarebbe potuto ottimizzare qualche aspetto, ma credo che già così sia una bella botta!

Teodoro Mancari, operatore Kinesys per Event Management

Le movimentazioni sono effettuate con un sistema Kinesys che prevede nove motori, tre per ogni Parasol, usati su tre canzoni in posizioni diverse e con movimenti differenti. Il sistema è molto affidabile, si possono impostare molti parametri con la massima precisione e ottimo tempismo, anche se noi non riceviamo il clock e preferiamo fare tutto a mano.
La sicurezza è assoluta: sul palco il sistema è seguito da una mia persona che ha il compito di controllare visivamente il tutto, ma c’è anche un rigger pronto a salire in quota in caso di necessità; inoltre io ho anche dei controlli di sicurezza qui in regia che operano a più livelli. Ci sono anche delle celle di carico che seguiamo in tempo reale per essere sicuri che tutto sia sotto controllo e non si verifichino carichi atipici. Personalmente ho fatto il corso Kinesys a Londra, ma soprattutto in magazzino è possibile allenarsi e fare pratica per conoscere a fondo il sistema.

Marco Piva, assistente lighting

Io affianco Giovanni nella programmazione del video per lo show che viene mandato sui video centrali, mentre quelli laterali sono gestiti dalla regia video live. Sul palco abbiamo uno schermo di passo 25 mm per la parte bassa e tutti i profili delle pedane, mentre all’interno delle V è installato un passo 37 mm che copre anche la pedana interna. Tutto è controllato da GranMA e Catalyst, con qualche intervento live, ma più da effetto che altro, con solo il primo piano di Vasco.
Anche le pedane sono mappate, ma tutto è gestito a mano, senza Time Code.
Abbiamo due macchine Catalyst, la principale e una di spare, che operano perfettamente allineate in caso di necessità; la rete adotta il protocollo ArtNet, anche per remotare i server in caso di interventi al volo, cosa davvero comoda.

A proposito dei Parasol acquistati dal service e vero special scenografico, veniamo a sapere una bella storiella. In piena prova generale... si inchiodano! Arriva allora un baldo tecnico dalla Germania, con una valigia piena di camicie e con un tester cinese da 12 euro. Domanda se qualcuno ha un cacciavite da prestargli e chiede ai tecnici del service di smontare i Parasol. Risultato: nessuno. Cioè nessun risultato! I Parasol più inchiodati di prima. Fortunatamente, a questo punto, scatta il genio italico: intervengono Maurizio Cerolini, professionista che si occupa di robotica, e Daniele Giuliani, tecnico del service. Il problema viene individuato in una cattiva progettazione della macchina: si sostituisce una scheda elettronica e viene ottimizzata qualche altra diavoleria. Risultato: Parasol mai più fermi dal primo all’ultimo spettacolo.
È stato modificato proprio il progetto della casa madre canadese, tanto che questa, da quello che sappiamo, pagherà per le modifiche, adottate subito, fra l’altro, su tutte le macchine in giro per il mondo! Viene quasi in mente una di quelle storielle che cominciano: c’erano un ingegnere canadese, uno tedesco e uno italiano...

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